Per molti è di pessimo gusto, ma il reality show Squid Game: The Challenge su Netflix ha anche qualche problema legale. Un paio di partecipanti minacciano di fare causa alla piattaforma di streaming per i danni subiti durante le riprese; ipotermia e addirittura guai neurologici.
Il reality, prodotto in Inghilterra, è ovviamente ispirato all’omonima serie sudcoreana Squid Game diretta dal geniale Hwang Dong-Hyundai, la cui prima stagione su Netflix due anni fa ha avuto immenso successo.
Nella serie, centinaia di poveracci disperati prelevati dalla strada si prestavano dietro compenso a giochi crudeli per il divertimento di un gruppo di sadici ricconi – anche quando capivano che la sconfitta nelle prove costava la vita.
Nel reality, è chiaro, nessuno viene ammazzato; ma che si corresse qualche rischio i partecipanti, verrebbe da pensare, potevano immaginarselo. I due che minacciano causa contestano di essere stati lasciati accovacciati al gelo per ore durante le riprese della prima prova, Red Light/Green Light (che, come nella serie, è una sorta di “Un due tre stella”, solo che chi viene sorpreso a muoversi muore preso a fucilate da un bambolone robottizzato).
Quelle scene, spiega The Guardian, sono state girate ai Cardington Studios, ex base della Royal Air Force, in una giornata gelida. Netflix all’epoca aveva comunicato che tre dei 456 in gara avevano ricevuto cure mediche. Lo studio legale che segue la causa parla di un caso di Davide contro Golia, di persone tenute a lungo in posizioni scomode, di alcuni svenuti e di mani viola per il freddo. I suoi clienti “pensavano di partecipare a una cosa divertente, non si aspettavano di farsi male”. Forse non avevano visto la serie.
Il reality ha richiamato partecipanti da tutto il mondo e ha un premio finale di 4,64 milioni di dollari, il più alto mai promesso nella storia dei giochi tv.
Molti però contestano l’idea stessa di commissionare un reality sulla base di Squid Game. Il successo della serie si basa anche sulle sue premesse etiche: è orribile che persone ridotte alle disperazione siano spinte a giocarsi la vita in versioni letali di giochi infantili. Se la serie sudcoreana è stata vista in 142 milioni di case per un totale di 1,65 miliardi di ore solo nei primi 28 giorni nel 2021 è anche perché aveva un messaggio (a parte le straordinarie interpretazioni, gli effetti speciali, la tensione da thriller e le scene spettacolari). Il protagonista Seong Gi-hun (l’attore Lee Jung-jae) si confrontava al rischio di perdere anche l’anima oltre che la vita.
Lo spin-off in versione reality mantiene il set coloratissimo e molti dei crudeli giochi. Quello che resta però è una scatola vuota, che traduce la crudeltà – fittizia – dell’originale nella crudeltà – vera – dell’entertainement.
Squid Game era una critica alle disparità sociali, al mondo capitalista (ma anche a quello comunista della vicina Corea del Nord: in ogni caso i deboli soccombono); ma era anche un j’accuse al senso stesso degli spettacoli che stuzzicano il voyeurismo e incitano alla cattiveria reciproca – inclusi i reality che su questo principio funzionano, per divertire chi sta a casa sul divano.
Farne un reality insomma è un paradosso. O magari potrebbe essere un esperimento sociale.
La seconda stagione di Squid Game (la serie) è in preparazione e potrebbe uscire nel 2024 sebbene non ci sia ancora un data precisa. Della trama si sa solo che al centro dovrebbe esserci la vendetta – quella del protagonista contro l’efferatezza del sistema. I fan aspettano con ansia.