“Mi sono ritrovata a fare qualcosa che non faccio spesso, né nella vita né sul set: ho dovuto fare un passo indietro. Non ho dovuto combattere per ottenere qualcosa a tutti i costi. Mi sono lasciata andare, e questo è stato sorprendentemente liberatorio.” Così l’attrice Valeria Bruni Tedeschi descrive il percorso emotivo di Sandra, la protagonista di L’Attachement (The Ties That Bind Us), il quinto lungometraggio di Carine Tardieu presentato in concorso in Orizzonti all’81ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Nel panorama cinematografico contemporaneo, dove le rappresentazioni della famiglia spesso seguono schemi prevedibili, la regista francese di I giovani amanti (2022) dipinge un quadro di vita in cui le tradizionali strutture familiari vengono messe in discussione dalle scelte personali.

Il film ruota attorno a tre personaggi principali, le cui vite si intrecciano in modi inaspettati: Sandra, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, una bibliotecaria cinquantenne, single e femminista convinta; Alex, un giovane padre single alle prese con la difficile transizione a una nuova vita per sé e per suo figlio; e il piccolo Elliot, simbolo di innocenza e speranza, che cerca il suo posto in un contesto familiare in continua evoluzione.
All’alba, Sandra viene svegliata dal suono insistente del campanello: è la sua vicina, Cécile, in travaglio, che deve andare d’urgenza in ospedale. Sandra, seppur riluttante, accetta di prendersi temporaneamente cura del piccolo Elliot. Questo incontro, inizialmente visto come un peso dalla protagonista, si trasforma ben presto in un legame profondo in conseguenza ad un evento tragico.
Valeria Bruni Tedeschi, vista di recente nel film Te l’avevo detto diretto da Ginevra Elkann, ha condiviso con il pubblico come questo ruolo abbia rappresentato per lei un’avventura fuori dall’ordinario, rivelando sfumature di sé che ancora non conosceva. “Quando parlavo con questa persona,” ha detto riferendosi a Sandra, “sentivo una profonda vicinanza che è difficile da spiegare, ma è lì, palpabile. Mi sono ritrovata in una posizione nuova, che ha richiesto un piccolo spostamento rispetto a come sono solita essere, sia nei film che nella vita quotidiana”. La sua Sandra è una donna forte e indipendente, ma che scopre, attraverso il rapporto con Elliot, una parte di sé più morbida, più aperta.

L’Attachement è scandita in dodici capitoli, ognuno dei quali segue l’evoluzione della neonata sorellina di Elliot, creando una sorta di diario emotivo che cresce insieme ai protagonisti. Questa narrazione a frammenti riflette le loro vite spezzate, che si ricompongono lentamente, capitolo dopo capitolo, attraverso silenzi significativi, sguardi profondi e gesti semplici. Non c’è fretta nel racconto: Tardieu permette ai suoi personaggi di evolvere gradualmente, come se il film fosse una lunga e meditativa esplorazione dell’animo umano.
Bruni Tedeschi si interroga invece sulla differenza tra amore e “attaccamento”, anzi attachement in francese, parola che indica un legame d’animo e non di corpo. “In italiano,” ha detto, “quale parola potrebbe meglio esprimere questo concetto? Affetto? Bisogno? Non sono sicura. Tuttavia, ho l’impressione che l’attaccamento sia la consapevolezza che tutti facciamo parte di un unico grande corpo, che siamo tutti membri dell’umanità. Questa consapevolezza può manifestarsi come tenerezza o come uno sguardo gentile verso l’altro”.
Secondo la regista la famiglia non è una struttura fissa, ma un organismo vivente, capace di mutare, evolversi e adattarsi alle circostanze. “Non è solo l’amore che ci lega, ma anche la comprensione silenziosa e la compassione che si sviluppano nei momenti di difficoltà. È proprio in quelle circostanze che si scopre come l’attaccamento sia una forma di resa e accettazione profonda dell’altro”, ha concluso Tardieu.