All’81ma Mostra del Cinema di Venezia, la crescente inquietudine per l’avanzata delle destre in Europa attraversa le opere di registi provenienti da tutto il mondo. Questo clima di ansia collettiva si manifesta con forza nei temi scelti dai direttori, come nel film in concorso Jouer avec le feu (“Giocare col Fuoco”) di Delphine e Muriel Coulin, che esplora in profondità le tensioni politiche e sociali del nostro tempo.
La trama segue Pierre, interpretato dall’icona del cinema francese Vincent Lindon (che anche qui, come sempre, conferma la sua passione per il cinema politicamente impegnato), un cinquantenne che si trova a crescere da solo i suoi due figli, Louis e Fus. Mentre il giovane Louis si prepara a partire per l’università, Fus si allontana, attratto dalle ideologie dell’estrema destra.

Le registe hanno raccontato che l’idea del film nasce da due paure profonde: “La prima, molto personale, è la paura di non riconoscere più chi ci è vicino: tua sorella, tuo figlio. Che cosa succede se un giorno non riconosci più chi ami? La seconda paura è politica: la paura che la Francia, la nostra Repubblica, venga soppiantata da forze estremiste di destra”. Ed è proprio su questo doppio fronte, emotivo e politico, che il film si sviluppa.
In Jouer avec le feu il conflitto generazionale si trasforma in una lotta per i valori. Le registe spiegano che “sociologicamente, è vero che spesso i figli si oppongono ai padri. È un ciclo naturale. Ma noi volevamo andare oltre questo concetto semplificato. Volevamo mostrare come una congiuntura di eventi sociali, economici e familiari possa portare un giovane a scivolare verso la violenza”. Fus non è solo un ribelle, ma il prodotto di un contesto specifico, in cui l’attrazione per l’estremo diventa una forza magnetica che lo porta lontano da tutto quello che il padre gli ha insegnato.

Nel corso del film non ci viene svelato il motivo che spinge un giovane come Fus si radicalizzarsi. La politica viene vista come una forza inevitabile e ineluttabile, quasi una gravità che attira Fus verso l’autodistruzione. Il fuoco del titolo rappresenta solo il pericolo, ma anche l’attrazione per l’ignoto e il proibito. È una forza che può riscaldare, proteggere, ma anche distruggere. “Giocare con il fuoco è un concetto che ogni genitore capisce a fondo – hanno detto le registe. – È una delle prime paure che insegniamo ai nostri figli: non giocare con il fuoco. Ma c’è anche qualcosa di profondamente attraente nel fuoco, tanto per i bambini quanto per gli adulti”.
La lotta tra Pierre e suo figlio riproduce nel microcosmo di una famiglia dello stato attuale della Francia, dove la paura dell’estrema destra e l’instabilità politica sono reali e pressanti. “Nel nostro film, il rapporto tra padre e figli è molto stretto, soprattutto per l’assenza della madre, che crea un vuoto, una sorta di buco nero attorno al quale orbitano tutti i personaggi. Nonostante i conflitti ideologici, vediamo come l’amore familiare, in una forma o nell’altra, riesca a mantenere un legame”. Tuttavia, le registe non offrono una visione idealizzata: non sempre il perdono è possibile, e non tutte le ferite possono essere curate.