In concorso nella sezione Orizzonti alla 81ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Familia di Francesco Costabile, affonda nelle profondità di un incubo familiare. Ispirato all’autobiografia Non sarà sempre così, il film narra la drammatica vicenda di Luigi Celeste, che nel 2008 uccise il padre violento per difendere la madre e il fratello.

Francesco Costabile ha scelto di intitolare l’opera Familia, omettendo volutamente la “G”, per evocare il significato originario e inquietante del termine latino. “La famiglia dovrebbe rappresentare il luogo della condivisione, dell’inclusione, dell’amore, dell’emozione. In realtà il termine latino ci rimanda a qualcosa di molto più inquietante, perché in qualche modo richiama il potere oppressivo e il contratto di dominio che il pater familias esercitava su moglie e figli”.

Il protagonista, Luigi, interpretato da Francesco Gheghi, già noto per ruoli in Mio fratello rincorre i dinosauri e Padrenostro, vive con la madre, Barbara Ronchi, e il fratello Alessandro in una periferia romana desolata e alienante. Il ritorno improvviso del padre Franco, Francesco di Leva, figura violenta e manipolatrice, riapre ferite mai sanate, minando il fragile equilibrio della famiglia. Luigi, ancora segnato dai traumi dell’infanzia, cerca disperatamente un senso di appartenenza, trovandolo però in un gruppo di estrema destra che gli offre un’identità, un canale per sfogare la sua rabbia repressa. Come osserva il regista, Luigi, da vittima, si trasforma in carnefice, intrappolato in una spirale di odio e autodistruzione che lo allontana sempre di più dalla redenzione tanto agognata.
In Familia la violenza, onnipresente e implacabile, diventa quasi una presenza tangibile, un’ombra oscura da cui i protagonisti lottano invano per sfuggire, in una battaglia disperata per la loro stessa sopravvivenza emotiva e mentale. Un momento chiave di questa tensione si manifesta attorno alla tavola, che, anziché essere un luogo di unione e convivialità, si trasforma in un campo di battaglia psicologica, dove i ruoli di potere sono messi in discussione. Il padre, che incarna il patriarcato violento e autoritario, pretende rispetto e sottomissione, dalle figure femminili e dai figli.

Costabile, vincitore di un Globo d’Oro come miglior esordio alla regia con Una femmina, ha parlato della sfida etica e artistica che comporta trattare un materiale così incandescente e doloroso. “Rielaborare la cronaca nera e trasformarla in un film richiede un equilibrio delicato tra verità emotiva e rappresentazione cinematografica, evitando sia il sensazionalismo che la semplificazione”.

Il vero protagonista del film, tuttavia, non è solo Luigi, ma l’ambiente stesso in cui si svolge la storia. La periferia romana, descritta come un luogo di cemento e desolazione ai margini della città, diventa una metafora della prigione emotiva in cui sono intrappolati i personaggi. Le geometrie rigide degli edifici, le strade deserte e le quinte opprimenti della periferia rispecchiano perfettamente lo stato d’animo dei personaggi, costretti a confrontarsi con i propri demoni interiori in uno spazio che non permette via di scampo.
La violenza istituzionale e sociale emerge come un tema centrale nel film. La famiglia Celeste, lasciata a se stessa, diventa il simbolo di molte altre famiglie vittime di violenza domestica, spesso trascurate dalle istituzioni fino a quando non è troppo tardi. “La vicenda di Luigi è tragicamente attuale,” ha dichiarato il regista, “soprattutto in un’epoca in cui la cronaca nera tende a semplificare e spettacolarizzare eventi drammatici, senza mai addentrarsi nella complessità delle vicende personali.”

Il pubblico esce dalla sala con una domanda pressante: come affrontare la spirale di violenza che avvolge i protagonisti? Licia sceglie il silenzio, Luigi si perde nel seguire le orme dell’aggressore, mentre Alessandro tenta di resistere con tutte le sue forze. Il film, che molti avrebbero voluto vedere in concorso per il Leone d’Oro, esplora queste diverse risposte, mostrando come il silenzio, l’imitazione e la resistenza diventino i riflessi della lotta contro l’oppressione e la brutalità.