Il documentario “Israel Palestine on Swedish TV 1958-1989” di Göran Hugo Olsson è un’opera d’arte di chi sa che il passato ha ancora molto da dire. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, questo film rivive la storia attraverso le lenti dei reporter svedesi che, per oltre tre decenni, hanno documentato il conflitto israelo-palestinese da una prospettiva tanto ravvicinata quanto inedita.
I preziosi archivi della televisione pubblica svedese (SVT) sono la fonte primaria del film. Tra il 1958 e il 1989, in Svezia, la televisione pubblica godeva di un monopolio, e SVT era l’unica voce che riportava la realtà di Israele e Palestina. I giornalisti svedesi, liberi dalle pressioni commerciali e politiche che spesso influenzano le narrazioni mediatiche, hanno potuto documentare non solo i grandi eventi, ma anche le vicende quotidiane che spesso restano nell’ombra.
I primi servizi televisivi svedesi sulla nascita dello Stato di Israele celebrano la nascita di una nuova nazione con toni di ammirazione e meraviglia. Il documentario del 1960 intitolato Israele – Terra delle meraviglie, diretto da Lars-Eric Kjellgren, è forse uno degli esempi più emblematici di questa narrativa.Il giovane Stato ebraico diventa un esempio straordinario di resilienza e ingegnosità umana, un rifugio sicuro dove un popolo perseguitato ha trasformato un deserto sterile in terreni fertili.
Il fondatore di Israele, David Ben-Gurion, presenta il sionismo come una forza liberatrice che ha permesso al popolo ebraico di riscattarsi dopo secoli di sofferenze. Il documentario esalta il miracolo dell’unione di un milione di immigrati, arrivati da decine di paesi diversi, che con fatica e dedizione hanno costruito una nazione prospera. Non c’è menzione della tragedia palestinese, dell’esilio forzato e delle migliaia di vite spezzate.
Il tono celebrativo dei primi servizi televisivi svedesi non si limita solo alla fondazione di Israele. La visita di stato in Israele del primo ministro svedese Tage Erlander e di Olof Palme nel 1963 sottolinea i legami sempre più stretti tra i due paesi. Migliaia di giovani svedesi partiranno poi per Israele per lavorare come volontari nei kibbutz, un segno dell’ammirazione e del supporto che la Svezia mostra verso Israele in quel periodo.
Con il passare del tempo, la narrativa svedese comincia a cambiare. Nel 1963, un dibattito politico svedese inizia a spostare l’attenzione sulla situazione dei rifugiati palestinesi, forzati a lasciare le loro case dopo la creazione dello Stato di Israele. Negli anni successivi, la rappresentazione del conflitto israelo-palestinese nei media svedesi diventa sempre più sfumata e complessa. Da un lato, i servizi continuano a mostrare Israele come un esempio di successo, evidenziando le differenze tra le comunità europee e arabe, con queste ultime spesso relegate alla povertà. Allo stesso tempo, crescono le testimonianze delle ingiustizie subite dai palestinesi, con interviste a leader come Yasser Arafat e a persone comuni che raccontano le loro esperienze di oppressione e resistenza.
Secondo Göran Hugo Olsson, che con The Black Power Mixtape 1967-1975 aveva affrontato un periodo tumultuoso della storia degli Stati Uniti, il recupero e l’analisi di queste narrazioni d’archivio sono cruciali per comprendere le radici del conflitto e riflettere su come esso continui a influenzare profondamente il presente. “Guardando indietro a queste immagini, è straziante notare quanto poco sia cambiato. Le stesse dinamiche di dolore e perdita che segnarono l’inizio del conflitto si riflettono ancora oggi, in un ciclo apparentemente senza fine di violenza e sofferenza”.