“Ho voluto restituire dignità ad un donna che il mondo ha imparato a odiare oltre 50 anni fa perché ritenuta responsabile della distruzione dei Beatles”. Il regista Kevin Macdonald firma a quattro mani con Sam Rice-Edward la ricostruzione degli anni newyorkesi di John Lennon e Yoko Ono nel documentario One To One: John & Yoko, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
La decisione di trasferirsi a New York della coppia più rivoluzionaria del mondo della musica e dell’arte negli anni ’60 e ’70, non era solo una fuga dalle pressioni e dalla crescente ostilità nei confronti di Yoko, spesso vittima di critiche impregnate di razzismo, ma un tentativo consapevole di influenzare il movimento controculturale dell’epoca. “New York diventa il campo di battaglia per le loro idee”, osserva il regista.
Macdonald, noto per Un giorno a settembre (1999), che rievoca l’attentato terroristico alle Olimpiadi di Monaco del 1972, racconta che l’idea del film è nata quando Sean Lennon, insieme a un team di esperti, è riuscito a recuperare l’audio del concerto di beneficenza One to One di Lennon del 1972, ultima esibizione del padre sul palco del Madison Square Garden di New York, con Yoko Ono al suo fianco. “L’audio era così scadente che il concerto era praticamente caduto nell’oblio, venendo pubblicato una sola volta su VHS nel 1986”.
La decisione di Sean Lennon di remixare le esibizioni del padre è un gesto d’amore filiale che mira a restituire al mondo un Lennon “migliorato” rispetto a quanto le tecnologie dell’epoca potevano permettere. Tuttavia, questa scelta solleva inevitabilmente interrogativi su quanto sia legittimo modificare l’eredità sonora di un artista per renderla più appetibile ai gusti contemporanei. Forse, come suggerisce il regista, non siamo di fronte a una semplice restaurazione, ma a una vera e propria riscrittura del passato.
La relazione tra Lennon e Yoko superava di gran lunga la semplice collaborazione artistica. Macdonald ha avuto accesso a un vero e proprio tesoro nascosto: un disco rigido pieno di filmati privati, interviste e registrazioni mai viste prima. Tra queste, uno dei ritrovamenti più sorprendenti è stato una scatola di nastri audio contenenti telefonate registrate da Yoko stessa. “Pare che per un certo periodo Yoko volesse documentare tutte le loro conversazioni telefoniche,” racconta il regista. Questo materiale offre un resoconto unico della loro vita quotidiana e del loro processo creativo.
Osservando le immagini del concerto, non si può fare a meno di chiedersi: stiamo vedendo un Lennon innovatore o un uomo in lotta per sfuggire all’ombra del proprio passato? Il film non nasconde le difficoltà che Lennon stava affrontando in quel periodo. A soli 31-32 anni, l’ex Beatle era ancora alla ricerca di sé stesso, tentando di superare il trauma dell’esperienza con i Fab Four e di scoprire chi fosse veramente.
La presenza di Yoko sul palco, d’altra parte, ci invita a riflettere su quanto fosse arduo per lei essere riconosciuta come qualcosa di più di una semplice “appendice” di John. Macdonald sottolinea che Yoko era in realtà una figura centrale nell’avanguardia culturale di New York. “La gente non la sopportava,” ricorda il regista, “ma lei era uno dei simboli viventi del fermento culturale degli anni ’60.”
Il loro impegno contro la guerra in Vietnam e la critica al governo Nixon sono ben documentati: una rock star miliardaria e un’artista d’avanguardia che cercano di rappresentare le istanze di una classe lavoratrice sempre più alienata.
One to One: John & Yoko rischia di rimanere intrappolato nella sua stessa ambizione di celebrare i suoi protagonisti. Sono davvero gli eroi culturali che abbiamo sempre immaginato? O il loro mito è stato costruito anche grazie alla nostra volontà di vederli come ciò che più ci conforta? Macdonald ci invita a esplorare queste domande, senza però offrirci risposte semplici. Forse è proprio in questa ambiguità che risiede il vero valore del film.