“Il pensiero che Cate Blanchett potesse rifiutare il ruolo mi terrorizzava. La sua presenza era già così radicata nella mia visione dell’intero film,” ha rivelato Alfonso Cuarón durante la conferenza stampa di presentazione di Disclaimer, la serie limitata di sette episodi presentata fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Il regista, cinque volte premio Oscar, si presenta al Lido con un thriller psicologico ispirato al best-seller di Renée Knight. Blanchett interpreta Catherine Ravenscroft, un’acclamata giornalista televisiva che ha costruito la sua carriera svelando le trasgressioni altrui. Tuttavia, la sua vita viene sconvolta quando riceve un misterioso romanzo che sembra rivelare i suoi segreti più oscuri. Improvvisamente, Catherine si ritrova al centro di una storia che mette a nudo il suo passato, costringendola a confrontarsi con ombre che credeva di aver sepolto. Mentre cerca disperatamente di scoprire l’identità dello scrittore, Il professore in pensione Stephen Brigstocke (Kevin Kline), la sua vita privata inizia a sgretolarsi, minacciando di distruggere il suo rapporto con il marito Robert (interpretato da Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee).

“Non ho voluto realizzare solo un thriller,” ha detto Cuarón , “ma una riflessione sulla natura della verità e su come questa possa essere manipolata dalle nostre percezioni e dai nostri traumi irrisolti. Viviamo in un mondo in cui le persone nascondono parti di sé per paura del giudizio o del dolore che queste potrebbero portare alla luce.”
La serie, che ha richiesto quasi un anno di lavorazione, ha segnato il debutto di Cuarón nel mondo della televisione. Un’esperienza che il regista messicano, con la sua solita ironia, ha definito come una “sfida sottovalutata”. Cuarón ha raccontato di aver inizialmente pensato che dirigere una serie fosse semplicemente un film più lungo, solo per scoprire che si trattava di girare sette film consecutivi senza un attimo di tregua. “Se avessi saputo quanto sarebbe stato impegnativo, forse avrei valutato le cose in modo diverso… ma forse era proprio quello il bello,” ha scherzato il regista.

Blanchett ha regalato un momento di leggerezza. Alla domanda su cosa avrebbe indossato per la première, ha risposto con un sorriso malizioso: “Sarò nuda”, scatenando un’ondata di risate tra i presenti. Tornando al suo personaggio, ha decritto Catherine Ravenscroft come una donna complessa, che ha seppellito traumi profondi e dolorosi. “Penso che tutti noi abbiamo cose che vogliamo nascondere,” ha detto. “Non necessariamente perché siamo stati disonesti, ma perché stiamo ancora cercando di fare i conti con il nostro lato oscuro”. L’attrice, reduce da Borderlands di Eli Roth, ha inoltre riflettuto su come il film affronti il tema dei ricordi repressi e del potere del giudizio, sia da parte della società che da parte di noi stessi. “Il giudizio è potente e a volte possiamo essere i nostri critici più severi”.
La narrazione in seconda persona è qui usata come una sorta di metodo catartico, ripercorrendo il conflitto interiore dei protagonisti. “Ho sempre provato una sorta di fascinazione per ciò che accade quando entri nella testa di qualcun altro,” ha confidato il regista. “È una strategia che permette agli spettatori di immergersi profondamente nei personaggi e nella trama. Ed è quello che io stesso ho vissuto quando una volta leggendo un libro in seconda persona, mi sono sentito per la prima volta davvero protagonista del racconto”.
Una sceneggiatura che offre vergogna e colpa. “C’è una linea sottile che separa questi due ” ha sottolineato Blanchett. Emozione ambigue che, a suo avviso, non solo attraversano la trama della serie, ma risuonano profondamente anche nel contesto della società contemporanea. “La colpa e la vergogna non sono sinonimi. Mentre la colpa spesso rimane sterile, la vergogna, quando accompagnata dal rimpianto e dalle lezioni apprese, può trasformarsi in una forza incredibilmente potente”.