Si racconta che durante le riprese dell’episodio Pizze a credito del film L’oro di Napoli di Vittorio De Sica, Sophia Loren, allora una giovane promessa del cinema italiano, dovette affrontare una scena destinata a segnare la sua carriera. Mentre, con gesti sensuali, impastava una pizza in un vicolo affollato e vociante, la sua bellezza e il suo carisma non solo catturarono l’attenzione della troupe, ma anche quella dei passanti, che si fermavano incantati a osservare.
Scelto come evento di Preapertura della 81ª Mostra d’arte Cinematografica di Venezia, in occasione dei cinquant’anni dalla scomparsa del regista e a settant’anni dall’uscita del film, L’oro di Napoli verrà presentato in anteprima mondiale martedì 27 agosto alle 20:30 nella Sala Darsena del Lido. Il film, restaurato in 4K grazie a un’iniziativa della Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, sotto la supervisione artistica di Andrea De Sica, nipote del regista, sarà proiettato nella sua nuova versione, curata da Cinecittà.
L’Oro di Napoli, tratto dall’omonima raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, racconta attraverso sei episodi la complessità di una città e della sua gente. Il Guappo, interpretato da Totò, ci porta nei vicoli stretti e affollati della città, dove il potere si esercita non solo con la forza, ma anche con la parola. Il protagonista è un uomo che incarna il prepotente di quartiere, un personaggio che non può essere facilmente etichettato come buono o cattivo, ma che rappresenta quella figura di autorità ambigua che domina la vita di tutti i giorni.

Ne Il funeralino, episodio tagliato dalla versione uscita nelle sale italiane per rendere il film adatto a un pubblico più ampio, una piccola processione funebre per un bambino diventa un commovente ritratto di una comunità che trova il modo di restare unita, dimostrando che la solidarietà è il vero oro di Napoli.
I giocatori trasforma una semplice partita a carte tra lo stesso De Sica e un bambino in una metafora della vita, con le sue regole e imprevisti. Silvana Mangano in Teresa incarna invece il coraggio silenzioso di chi non smette di sperare, nonostante le avversità. Il film si conclude con Il professore, dove Eduardo De Filippo, con ironia ci guida in una riflessione sulla comunità e sull’autorità. Come dimenticare la famosa scena del “pernacchio”? Non è solo un gesto di ribellione, è un simbolo dell’indipendenza di spirito del popolo napoletano, che sa come rispondere all’autorità senza perdere il sorriso e la voce.

Presentato in concorso a Cannes nel 1955, L’oro di Napoli vide Silvana Mangano e Paolo Stoppa vincere i Nastri d’Argento per le loro interpretazioni. Tuttavia, non mancarono le critiche. Una delle principali riguardava la rappresentazione della società napoletana, che alcuni osservatori dell’epoca considerarono eccessivamente indulgente verso le dinamiche di potere e le convenzioni sociali. Con Il guappo si parlò di un tentativo di trovare una giustificazione velata di un sistema di potere parallelo e illegale, caratteristico di certe realtà italiane dell’epoca. Tuttavia, altri difesero la scelta di De Sica e degli sceneggiatori, sostenendo che il film non cercava di glorificare il guappo, ma piuttosto di rappresentare in modo autentico una figura profondamente radicata nella società napoletana.
Anche Teresa divise il pubblico tra chi apprezzava il coraggio del film e chi lo trovava troppo leggero nel trattare argomenti spinosi come la prostituzione. Lo stesso episodio Pizze a credito con Sophia Loren suscitò reazioni contrastanti. Da un lato, la figura della Loren fu celebrata come emblema di bellezza e carisma; dall’altro, la rappresentazione del tradimento coniugale e della sensualità della protagonista fu vista da alcuni come eccessivamente stereotipata e poco rispettosa delle reali condizioni delle donne napoletane.

Anche all’estero non mancarono critiche, in particolare da parte di chi riteneva che il film potesse perpetuare stereotipi sulla società napoletana. Negli Stati Uniti, tuttavia, la comunità italo-americana reagì positivamente al film, dove molti riconoscevano nelle storie narrate elementi delle proprie esperienze e tradizioni familiari. Martin Scorsese ha più volte ricordato che L’oro di Napoli era molto amato nel suo quartiere newyorkese durante la sua infanzia. Nel suo documentario My Voyage to Italy, ha descritto il film come una delle opere che hanno maggiormente influenzato la sua visione del cinema.
Nella nuova versione restaurata che sarà presentata alla Mostra di Venezia sono stati ricostruiti numerosi fotogrammi danneggiati, e un preciso color grading è stato applicato per ripristinare i contrasti originali del film. Anche la colonna sonora è stata restaurata, eliminando i difetti e ricreando un perfetto equilibrio tra suoni ambientali e dialoghi, consentendo di rivivere l’opera con la stessa intensità emotiva della versione originale.