Gli inviati de La Voce di New York hanno passato le giornate del festival seppelliti fra la Sala Grande, la Darsena e le altre, correndo fra conferenze stampa e incontri con artisti nel perimetro incandescente fra l’Excelsior e il cubo rosso della Sala Giardino, mangiando panini secchi costosissimi e facendo file infinite per uno striminzito caffè. Alla vigilia della chiusura del Festival hanno stilato la lista dei preferiti ed una pagella anche per gli altri in concorso.
Intanto oggi Io Capitano di Matteo Garrone ha vinto il Leoncino d’Oro, premio istituito da Agiscuola e promosso da Agis, Anec e David di Donatello – Accademia del cinema italiano. Motivazione: “Un’odissea moderna che scuote nel profondo le coscienze. Una magistrale trasposizione in immagini di eventi di cui troppo spesso non abbiamo consapevolezza. Per il coraggio di una regia che sa perseguire idee ambiziose nonostante le immense difficoltà, per la verità nell’interpretazione, per la potenza di un racconto a metà tra sogno e realtà, in grado di trasmettere un messaggio universale di resistenza e solidarietà”.
Zielona granica di Agnieszka Holland ha vinto invece la Segnalazione Cinema for Unicef, assegnato pure dai giovani giurati arrivati da tutta Italia. Motivazione: “Un’opera che riesce ad analizzare con crudo realismo le conseguenze della guerra e delle crisi geopolitiche.Un film corale che pone sotto una luce inedita la paura e l’incertezza di sopravvivere di un’umanità in fuga. Per aver presentato, attraverso una regia dinamica e onesta, l’incomunicabilità, l’impotenza e la frustrazione davanti ai meccanismi del potere che strappano il futuro ai bambini”.
A entrambi i film va anche il Green Drop Award con la motivazione:”I due film trattano entrambi il tema dei processi migratori e ne delineano gli aspetti umani e politici, in relazione a contesti geoambientali molto differenti ma essi stessi complementari. Due vere Odissee contemporanee, narrate con efficacia drammatica e grande resa poetica, che rappresentano bene un momento storico dove le migrazioni umane sono un fenomeno umanitario ed ecologico, tragico segno della profonda crisi di identità e di valori della società contemporanea”.
Ecco i vincitori per gli inviati de La Voce:
Silvia Bizio
Dogman
La tragica premessa del film di Besson, ispirata a un caso di vita reale in cui una coppia di genitori francesi avevano costretto il proprio bambino a vivere in una gabbia per anni, porta a un risultato di grande cinema e una performance da Oscar per il protagonista Caleb Landry Jones. Il film convince proprio per la recitazione, per la tragedia di vite spezzate dalla violenza e gli estremismi religiosi, la solidarietà trovata nelle comunità più insperate, l’amicizia e fedeltà assoluta del mondo animale, che ancora una volta ci ricorda la sua superiorità rispetto a una gran parte dell’umanità. Fotografia, montaggio, musica si uniscono alla sceneggiatura e alla recitazione e regia nella confezione di un film che verra’ ricordato fra i più importanti di Besson
Poor Things Una storia alla Frankenstein su una giovane donna con un nuovo cervello e nessun ricordo della sua vita precedente. L’adattamento al femminile del romanzo di Mary Shelley avrebbe potuto spaventare registi meno avvezzi al mestiere, ma Yorgos Lanthimos continua a dare prova di essere un regista particolarmente dotato e unico. Film geniale con performance perfette di Emma Stone, Willem Dafoe, Mark Ruffalo e tutti gli altri. Ottima sceneggiatura, scenografia, regia. Se Barbie è per alcuni un film femminista questo si può considerare un manifesto femminista, con un messaggio altamente intelligente e fialogo a volte ilare.
Luciana Capretti
Zielona Granica – The Green Border
Merita il leone d’oro. Il film di Agnieszka Holland è potente, rigoroso, necessario, magistralmente diretto, scritto e interpretato, tanto che a tratti ci si dimentica che sia un film e sembra un documentario per il realismo delle situazioni. Farlo vincere sarebbe un modo per farlo vedere e vederlo in questa società attenta ai propri privilegi e a preservarli, è un dovere morale.
Poor things
Il secondo posto va sicuramente al film immaginifico di Yorgos Lanthimos, regista mago capace di inventare scene dettagli situazioni fuori da questo mondo di superba creatività. Il film è poi una parabola della liberalizzazione della donna, Eva che si libera della costola di Adamo, Barbie che si ribella a Frankenstein. Per non parlare dell’interpretazione di Emma Stone assolutamente da Oscar. Esilarante Mark Ruffalo nel ruolo del maschio che da spregiudicato seduttore diventa sedotto e abbandonato.
Dogman
Ispirato ad un terribile fatto di cronaca il film di Luc Besson è la storia terribile, ma insieme magnetica, di un uomo che ama ed è amato solo dai suoi cani. Besson l’ha scritta portando le premesse della cronaca alle estreme conclusioni della sua fantasia: la sceneggiatura intriga molto, ma l’interpretazione assolutamente straordinaria di Caleb Landry Jones lo rende un film imperdibile.
Simone Spoladori
Poor Things
Al settimo lungometraggio, il regista greco Yorgos Lanthimos trova l’equilibrio perfetto tra il suo formalismo radicale e l’ispirazione autentica: Poor Things è una sorta di versione punk di Barbie, il racconto della fuga fiabesca e gotica verso il mondo reale di una bambola creata da un malinconico scienziato “alla Frankenstein”. Femminista, intelligente, visivamente superbo. Semplicemente strepitosa Emma Stone.
.Hors-Saison
Stéphane Brizé abbandona il cinema militante della sua trilogia sul mondo del lavoro e confeziona una commedia amara e malinconica sui rimpianti e sui bivi della vita. Si ride di gusto, si piange parecchio e ci si rispecchia un po’ ovunque, in questo piccolo gioiello che conferma il grande talento di Brizé. Guillaume Canet è perfetto, Alba Rohrwacher regala la migliore interpretazione della sua carriera.
Kobieta Z
Due trasformazioni difficili e drammatiche, raccontate in parallelo con pudore e leggerezza di tocco: mentre la Polonia diventa uno stato capitalista, Andrzej accetta faticosamente di essere una donna transessuale, diventando Aniesa. Scritto e diretto benissimo da Małgorzata Szumowska e Michał Englert e interpretato magnificamente da Małgorzata Hajewska-Krzysztofik, ha diverse chances di entrare (meritatamente) nel palmares.
La Pagella di Simone Spoladori