Film potente, straziante che dovrebbe vincere il Leone d’oro, che dovrebbero vedere tutti a cominciare dai nostri governanti seduti nelle loro comode poltrone di cinico potere. Agnieszka Holland, con Green Border ha fatto un capolavoro: ci ha sbattuto in faccia quello che non vogliamo vedere, la crisi dei migranti al confine bielorusso, quei migranti usati da Putin e Lukashenko per provocare l’Unione Europea, fatti arrivare in massa in Bielorussia nel 2021 con facili visti di ingresso e voli, con la promessa che passare il confine con la Polonia sarebbe stato facile e da lì il resto dell’Europa sarebbe stato un passo. Poi sbattuti da una parte all’altra del confine, di quel filo spinato di memoria nazista, trattati come bestie da macello, vittime ignare di una guerra che si combatte fra le poltrone dei palazzi dorati delle capitali del mondo.
A 30 anni dal potentissimo Europa, Europa sull’olocausto, Agnieszka Holland ha creato un nuovo affresco del dolore, senza sbavature, senza retorica, solo la realtà della cronaca, in bianco e nero. Ma il suo non è un documentario, è un film con attori che parlano le lingue dei migranti che raccontano, e la protagonista, Julia,una psicologa che diventa una attivista dopo aver assistito alla morte di un bambino siriano nella palude della foresta di confine, è interpretata da Maya Ostaszewska, attrice che è andata a sfidare le guardie polacche al confine per portare aiuto ai migranti in trappola nella zona definita non accessibile al confine.

Diviso in cinque capitoli (La famiglia, La guardia, Gli attivisti, Julia ed Epilogo) il film inizia con una famiglia che arriva in aereo a Kiev dalla Siria, sicura di poter facilmente raggiungere la Svezia dove già si trovano dei familiari e prosegue con la loro terribile e disumana odissea in balia delle guardie bielorusse e polacche. Come è possibile che gli uomini possano arrivare a tali crudeltà? “Se avete letto il grande Dostoyevski sapete che la natura umana è complessa, i miei film riguardano proprio la guerra intima dell’essere umano – spiega la regista in conferenza stampa – In tutto il mondo tutti hanno la possibilità di essere buoni o cattivi, di prendere posizioni o far finta di non vedere.”
Il film, fortissima denuncia politica, ha immediatamente scatenato una polemica in Polonia. Iniziata dalla critica del ministro della giustizia Zbigniew Ziobro, che ha paragonato l’opera alla propaganda nazista. “Nel terzo Reich i tedeschi hanno prodotto film di propaganda che mostravano i Polacchi come assassini e malfattori. Oggi lo fa Agnieszka Holland” ha scritto su X, la piattaforma che prima era Twitter.

Anche la regista ricorda il nazismo, ma in tutt’altra chiave: “Avevamo l’impressione che il pericolo dei nazionalisti, dei totalitarismi fosse evaporato dal radar europeo dopo l’orrore dell’Olocausto, percepito allora come punto più basso oltre il quale la ferocia umana non poteva andare. E invece oggi dobbiamo gestire un futuro che può essere simile a quello che abbiamo sperimentato in quel passato. L’Europa dei sogni è anche il continente dei più terribili crimini contro umanità. Ecco perché esistono ancora due possibili direzioni verso cui il nostro continente può dirigersi. Le crisi e le sfide che viviamo ora rimetteranno in discussione il paradigma su cui si è formata l’Europa stessa. L’Europa ha paura – ha proseguito – le società hanno paura dei cambiamenti della loro confort zone, i dittatori come Putin lo hanno capito molto bene e giocano su questo a loro vantaggio.”
Ma la migrazione di massa, come il cambiamento climatico sono crisi che bisogna affrontare con intelligenza, tentare di fermarle è inutile. “I mezzi che usano, i muri, il filo spinato, i respingimenti, non sono efficienti e loro lo sanno, non sono stupidi, come dovrebbero sapere che con la catastrofe climatica il problema aumenterà. L’Unione Europea è nata sull’onda del risveglio delle coscienze dopo la seconda guerra mondiale è il continente della libertà della democrazia – sottolinea, non può tradire i suoi principi.
“Politici, militari, migranti, rifugiati, attivisti e tutti quanti sono coinvolti in questa tragedia sono rappresentati nel film – continua Holland – Abbiamo scelto un approccio epico con diversi punti di vista perché dovevamo catturare la Storia in tutte le sue possibili complessità”. E ancora: “Adesso che le serie tv stanno perdendo spazio, il cinema lo deve occupare e occuparsi dei problemi attuali del pianeta, la crisi climatica, i migranti se non lo fa perde la sua forza morale.”
La forza morale che in Green Border è un necessario pugno nello stomaco.