Dopo una serie di delusioni, parzialmente compensate dal gioiello di Yorgos Lanthimos, Poor Things, finalmente il concorso di Venezia 80 ha riservato, nel weekend, i primi “colpi di fulmine”.
La prima iniezione di entusiasmo è arrivata da The Killer di David Fincher, un un crime movie perfettamente descritto da una frase del protagonista: ”l’esecuzione è tutto”. The Killer, infatti, è una sorta di esercizio di stile di gran classe, un meccanismo perfetto che, raccontando una storia stereotipata di omicidi e vendette, offre un potente saggio di regia. Il killer senza nome, con il volto di Michael Fassbender, scrupoloso e meticoloso, fallisce per la prima volta il suo obiettivo, perché il caso presenta sempre il conto. La procedura in questi casi è semplice: la società che gestisce i “lavori” deve sbarazzarsi dell’assassino, ma non sarà così semplice. Ci sono tutti i tópoi del crime movie, tutti al posto giusto, nessuna sorpresa. Ma la confezione è irresistibile e il gioco di accostamenti tra il mestiere del killer e quello del regista è piacevole e raffinato.

Fa centro anche La Bête di Bertrand Bonello, con un’eccezionale Lea Seydoux, un’inquietante ed emozionante sci-fi ambientato in un futuro dominato dall’intelligenza artificiale. In questo mondo che verrà, le emozioni sono state bandite e gli umani vengono sterilizzati dai loro sentimenti. La coppia di amanti protagonista del film si sottopone al trattamento, e noi con loro. Ci immergiamo nel loro inconscio, che “contiene” i ricordi della vita della coppia trasfigurati in diverse situazioni atemporali e oniriche. Bonello pesca da Lynch e sicuramente da Se mi lasci, ti cancello, ma riesce a declinare la materia in modo originale e personale, portando avanti la sua visione di cinema e regalando momenti di profonda emozione.

Un altro film convincente è Il male non esiste, di Ryūsuke Hamaguchi, regista giapponese noto al grande pubblico per il recente Drive my car. Si tratta di un film assai diverso dal precedente, molto più intimo e dal passo lento, incentrato sulla comunità di una località di montagna giapponese turbata dal progetto di una grande società di costruire un resort di lusso. Accompagnato dai ritmi lievi della natura, Il male non esiste avvolge con il suo sguardo profondo e pudico, fino a un finale sconvolgente e criptico, tra i più imperscrutabili del concorso di quest’anno.

Ultimo colpo di fulmine (per il momento) è arrivato dalla sezione fuori concorso, Hitman di Richard Linklater, una black comedy perfetta, scritta benissimo, recitata meglio e diretta con un senso del ritmo eccezionale dal regista di Boyhood. La vicenda è quella di un insegnante di filosofia, gattaro e pantofolaio, che nel tempo libero però aiuta la polizia a catturare i potenziali “clienti” di killer e sicari, coadiuvando il team di un poliziotto che si finge assassino mercenario e – microfono addosso – incastra i suoi interlocutori. Quando per un caso si troverà a sostituire il poliziotto e a interpretare il ruolo del finto assassino, la sua nuova identità gli piacerà a tal punto da fargli sfuggire la situazione di mano, complice una cliente di cui si innamora. Intelligente e divertente, Hitman è sicuramente uno dei film più riusciti dell’intera selezione, che conferma il talento narrativo e la profondità di sguardo di Linklater.

Veniamo alla grande delusione: Priscilla di Sofia Coppola, film che racconta la storia di Priscilla Beaulieu, moglie di Elvis dal 1969 al 1973 e madre di Lisa Marie Presley, recentemente scomparsa. La vicenda è tragica e importante e l’idea della contro-narrazione del re del rock, ritratto come manipolatore, viziato e fedifrago, è di sicuro interesse, ma il film si sfalda dopo pochi minuti, trasformandosi in un racconto superficiale nel quale è quasi impossibile avvertire il dramma in modo autentico. I tempi con cui il sogno di Priscilla, interpretata in modo non certo convincente da Cailee Spaeny (disastroso invece l’Elvis di Jacob Elordi) scivola nell’incubo sono frettolosi e sbrigativi, il film è piatto e prevedibile, ennesima prova incolore di un’autrice che fatica a ritrovare se stessa.