È importane tenere sempre presente che in molti paesi, ma soprattutto in USA, l’abuso di psicofarmaci consentito dietro prescrizione medica è la causa di un massacro sociale di vite umane che colpisce in modo particolare le fasce più economicamente deboli del midwest dell’USA. A ricordarcelo è la regista Laura Poitras con il suo pungente documentario ‘All The Beauty and The Bloodshed’ in Concorso qui a Venezia ’78.
La regista trova ispirazione, nell’affrontare questa tematica, dall’esperienza personale di Nan Goldin, fotografa di fama internazionale che è riuscita a trasformare le sue sofferenze in opere d’arte.
All’interno del documentario è descritta la tenace battaglia che la Goldin, con l’ associazione P.A.I.N. ( Prescription Addiction Intervention Now), ha intrapreso per anni per denunciare la responsabilità penale della ricchissima e potentissima famiglia Sackler, proprietari della industria farmaceutica Purde Pharma produttrice dell’ossicodone a cui si addebitano le 400.000 morti per overdose, fra cui molti bambini.
Una battaglia fra ‘Davide e Golia’ con cui P.A.I.N. è riuscita a danneggiare l’immagine sociale della famiglia Sackler fino a spodestarla di riconoscimenti internazionali attribuitigli dalle gallerie d’arte più famose nel mondo, beneficiare di lauti finanziamenti da parte dei Sackler. Così il Tate a Londra, il Metropolitan Museum in NY, il Louvre a Parigi (solo per citare i più importanti ), hanno rimosso il nome Sackler dalle loro istituzioni e rifiutato le loro donazioni che garantivano tra l’altro un’esenzione tasse alla stessa industria farmaceutica.
Aver procurato alla Sackler un decadimento della reputazione non ha però impedito alla famosa e potente famiglia di potersi proteggere in altri ambiti del sistema giudico. Infatti l’industria farmaceutica è riuscita ad ottenere, dalla Corte , lo stato di bancarotta ed evitare in tal modo di soddisfare i dovuti risarcimenti per le tante sofferenze causate.
“Grazie alla protezione dei migliori avvocati, i Sackler, si sono garantiti immunità. Questo a riprova che esistono in questo paese due sistemi di giustizia: uno per i milionari e l’ altra per il resto della società” ha commentato la Goldin.
Ma la regista non si sofferma solo sulle battaglie sociopolitiche della Goldin. Nel suo documentario va alla ricerca dell’essenza dell’animo di Nan. Attraverso il percorso biografico dell’artista, con un puzzle di fotografie del passato, ricuce i momenti più salienti della vita di Nar. Punti nodali: il rapporto problematico con la famiglia di origine e la sofferenza della sorella Barbara, rinchiusa in istituti psichiatrici senza una chiara diagnosi psichiatrica. Una situazione di deprivazione affettiva che indurrà Barbara, la tanto amata sorella, al suicidio. Questi elementi costituiscono un ‘fil rouge’ della esperienza artistica di Nan Goldin, una denuncia dell’ingiusto, un forte grido per non mollare mai sotto il pungo della forza e della prepotenza, un’arte che serve anche a ricoprire l’abisso lasciato dalla morte di Barbara
Dall’incontro di una donna forte e battagliera, Nan Goldin, con un’altra donna desiderosa di portare aiuto e sostegno, Laura Poitras, non può che generarsi un prodotto di utilità sociale; entrambi comunicano al loro pubblico, sebbene con strumenti diversi, con lo scopo di fornire informazioni utili ai deboli della società per la difesa dei propri diritti. E mentre la Goldin lo esprime attraverso le sue penetranti fotografie, la Poitra lo racconta nei film e nei documentari. Proposito già evidente, del resto, nel lavoro della regista My Country, My Country (2006, candidato all’Oscar), sulla occupazione statunitense in Iraq. Film che comportò per la Poitras l’iscrizione in una lista di sorveglianza riservata ai terroristi. Intento ripetuto con Citizenfour ( 2014, premio Pulitzer). Con All the Beauty and The Bloodshead la regista, oltre a dar voce ai più deboli, allarga la cassa di risonanza per la denuncia sociale di un capitalismo sfrenato e incapace di produrre pietà e solidarietà, di cui i Sanckler hanno cittadinanza.