Tàr di Todd Field è il secondo film del concorso principale della 79° edizione della Mostra del cinema di Venezia. La carriera di Field è piuttosto insolita: dopo aver esordito all’inizio del secolo con due ottimi lungometraggi come In the Bedroom (2001) e Little Children (2006), il regista e attore americano è sparito dalla circolazione, perdendosi tra numerosi progetti mai decollati o produzioni cancellate a poche settimane dall’inizio.
Fatto sta che ora lo ritroviamo, a 16 anni di distanza, nella sezione più importante del festival di Venezia, con un film cucito addosso a Cate Blanchett, dal primo all’ultimo dei 154 minuti di durata. L’attrice statunitense offre una prova mostruosa nei panni di una direttrice d’orchestra di fama internazionale, di Lydia Tàr, pluripremiata conduttrice della Filarmonica di Berlino e in procinto di dirigere la prestigiosa Quinta di Mahler, in occasione di un importante registrazione.
Il film, in oltre due ore e mezza, racconta il momento in cui la carriera e la vita privata della donna si sgretolano improvvisamente, quando il complesso e fragile reticolo di incroci e incastri che le tengono insieme si sfalda. Abituata a muoversi in un ambiente misogino e crudele, Lydia è una donna che sa celare le proprie emozioni, controllare fino all’eccesso ogni aspetto della sua vita, giocare sul limite con aspettative le altrui, fino al confine della manipolazione. Quando in questo sistema complesso si introduce una variabile non controllabile, il castello crolla pezzo dopo pezzo.
Field si incolla a Cate Blanchett, la segue con dedizione e scrupolo, cerca di non dilapidarne nessuna sfumatura e nessuna espressione e struttura, anche stilisticamente, il film rispecchiando lo stato d’animo della sua protagonista. Controllato e sorvegliato all’inizio, il racconto si spacca progressivamente, facendosi progressivamente sempre più sincopato e disomogeneo e accompagnando in questo modo efficacemente, nell’arco delle (eccessive) due ore e mezza il crollo dell’ambiziosa direttrice d’orchestra, un personaggio che, come da previsioni, candida prepotentemente Blanchett al premio per la migliore interpretazione femminile.