In una mattina di bellissimo sole, come la Puglia sa regalare, Abel Ferrara, il 70enne regista americano trapiantato da 20 anni in Italia, prende il caffè. “Allora Fest” è iniziato ieri, grande folla alla Villa Comunale per l’inaugurazione con le star arrivate finora a Ostuni, nonostante le controversie, e il regista americano fra loro, venuto nella città bianca per parlare del suo nuovo film su Padre Pio, di cui mostrerà una clip e che sarà presentato a settembre al Festival di Venezia.
“È un film bellissimo – ci dice – ci sono film belli, film ok, ne ho fatti tanti, quasi 40, il risultato è sempre diverso, ma per questo tutti quelli che lo hanno visto hanno detto: Wow!”. Parla, l’italiano imparato in questi anni di vita romana, ma male, ci spiega, “perché quando lavoro parlo sempre comunque inglese”, un italiano alla ricerca delle parole giuste. Spostiamo la conversazione in inglese è diventa travolgente.
“La storia che racconto è ambientata nel 1920, non è una biografia, ma un viaggio parallelo tra due mondi, quello di Pio chiuso in convento, in lotta contro le tentazioni di spirito e carne e quello dei movimenti operai e contadini, impegnati contro i latifondisti negli anni che precedono il fascismo.

Sai, mio nonno, Abel come me, è nato a Sarno, più o meno quando è nato Padre Pio, e io sento questa storia molto vicina perché succedevano queste lotte, i soldati erano tornati in queste terre trasformati dalla prima guerra mondiale, i ragazzi che potevano ed avevano studiato all’università di Bologna, erano tornati anche loro cambiati e avevano cominciato a parlare ai contadini di comunismo, di ideali di eguaglianza economica e sociale.
C’è stato un massacro nel 1920 a San Giovanni Rotondo, non so perché non si ricordi di più, le elezioni erano state vinte dai socialisti contro una coalizione di fascisti e altri chiamata Fascio d’Ordine, i vincitori avevano organizzato un corteo di festa e volevano esporre la bandiera rossa sul balcone del Municipio. Una folla di oppositori era lì ad aspettarli, carabinieri e soldati pronti a intervenire, ne seguirono disordini, sono morte 14 persone.
C’era grande povertà in quella zona in quegli anni, mio nonno come migliaia di altri, è emigrato negli Stati Uniti. Io sono nato nel Bronx, ma era come stare a Napoli, perché era pieno di immigrati che parlavano napoletano. E proprio a Napoli ho scoperto Padre Pio dopo essermi trasferito in Italia.” Nei panni di Pio, Ferrara ha scelto il 36enne americano Shia LaBeouf, accanto a lui gli italiani Marco Leonardi, Luca Lionello e Brando Pacitto.

“Shia LaBeouf ha creduto nel progetto, ha cominciato a conoscere Pio mentre scopriva la sua stessa cristianità. Con questo film ha fatto un tuffo nel buio, si è buttato. È andato a vivere per mesi in un monastero, ha condiviso il suo tempo con i fratelli. È stata una scoperta potentissima.
Questo film è basato sugli scritti di Padre Pio, le sue lettere sono pura poesia. Come Pasolini, c’è un parallelo fra loro, non so cosa pensassero l’uno dell’altro, ma entrambi si sono dedicati al prossimo, entrambi hanno scritto cose bellissime, entrambi avevano una forte connessione con la terra, con la ricerca di una vita semplice.”
Il regista nel 2014 aveva girato un film su Paolini interpretato da William Dafoe che ha ripresentato in questi giorni nel centenario della nascita dello scrittore. Ora sta lavorando ad un documentario su Patti Smith, le riprese a New York fra le due residenze dell’artista. Vorrebbe andare in Ucraina per girare un documentario. “Ci andrò e vediamo che succede” dice e mi saluta. Un grande sorriso lo illumina, da lontano arrivano la moglie e la bambina, bellissima, è tempo per loro.