In programma in questi giorni a DOC-NYC, il documentario Missing People, si apre nel 1978 con l'omicidio a Rego Park del quattordicenne Jeff Batan, evento che segna l'inizio di un'odissea per la sorella, Martina che, 32 anni dopo, soffre ancora di insonnia come conseguenza di quella vicenda. Di notte vaga per le strade o armeggia svogliatamente con un set di costruzioni lego, cercando di dare un senso a un insensato atto di violenza. Di giorno lavora come direttrice della galleria Ronald Feldman Fine Arts Gallery di New York. Ma la sua vera ossessione sono la vita e l'arte di Roy Ferdinando, un artista di New Orleans morto nel 2004, la cui opera raffigura la vita degli afro-americani nella New Orleans pre-Katrina.
In questo documentario giallo si crea un collegamento tra questi due mondi apparentemente estranei quando Martina si mette in viaggio da New York verso New Orleans per incontrare le sorelle di Roy e per vedere i luoghi che hanno ispirato la sua arte. A poco a poco Martina crea un legame con queste donne che in un primo momento si dimostrano sospettose riguardo le sue vere motivazioni. Quando iniziano a condividere storie su loro fratello, si forma e si sviluppa un fragile rapporto, mentre emerge un quadro più completo di Roy. Allo stesso tempo, cominciano ad affiorare le emozioni contrastanti di Martina che alla fine assumerà un investigatore privato per riaprire il caso di Jeff. Ne viene fuori una combinazione di sedute di analisi su schermo, viaggi e l'intreccio di due storie, due morti premature e due città.
New York alla fine degli anni '70 era un luogo pericoloso. E il regista David Shapiro cattura quell'oscura realtà con riprese di lotti abbandonati e pieni di erbacce, luoghi tipicamente americani e ormai da tempo spariti come la Winther's Luncheonette ed esterni splendidamente incorniciati da edifici fatiscenti. La New Orleans degli anni '90 appare invece attraverso le opere di Roy Ferdinando. Colorati, violenti e pornografici, i suoi lavori offrono uno sguardo dall'interno su criminalità, droga e povertà dilagante.
Ma è il montaggio di questo film a dare vita e senso alla storia. I lunghi, silenziosi primi piani sui volti di Martina e delle sorelle sembrano bruciare nelle loro anime e rivelare anni di rabbia repressa, dolore e comprensione. E man mano che emergono nuovi ed inquietanti elementi della storia, questi vengono abilmente integrati nel racconto.
Mi piace anche la dualità del titolo, Missing People. Il fratello di Martina mancava e manca dalla sua vita come Roy manca dalle vite delle sorelle; e sia a Martina che alle sorelle di Roy mancano i fratelli… Mancanza sia attiva che passiva.
Non è un film facile da guardare. Non c'è bellezza, non c'è un "lieto fine" e i personaggi non sono sempre attraenti. Ma ci sono una grinta e un realismo che colpiscono e che mi hanno tenuta in uno stato di agitazione emotiva. Piuttosto che uno studio su morte e depressione, la pellicola diventa un'affermazione di vita.
David Shapiro, che ha scritto, prodotto e diretto il film, si definisce un orgoglioso nativo newyorchese.
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