Le prime due edizioni della Mostra del cinema di Venezia targate Alberto Barbera sono state senza dubbio tra le migliori degli ultimi tempi, in particolare quella dello scorso anno che, con meno film in cartellone, meno nomi roboanti e finte provocazioni, ha riservato al pubblico tante sorprese e soprattutto tanta qualità, dal concorso fino alle sezioni "minori", Orizzonti su tutte.
Quest'anno la presentazione del programma ha stimolato diverse voci incomprensibilmente deluse e preoccupate. Il direttore, invece, ostenta sicurezza e noi, visto il risultato eccellente dell'edizione passata, in grado di staccare di diverse lunghezze le ultime kermesse del regno di Marco Müller, siamo pronti a dargli fiducia. Poco ci importa se Paul Thomas Anderson, David Fincher e Chris Nolan hanno scelto di snobbare la laguna e qualsiasi altra vetrina festivaliera (i primi due, pare, saranno in anteprima mondiale al New York Film Festival, poche settimane dopo Venezia e pochi giorni prima dell'uscita). Una "mostra del cinema", per come la intendiamo noi, non è una sfilata di lustrini e un'estenuante parata di scintillanti anteprime hollywoodiane, bensì il luogo della scoperta e soprattutto un termometro dello stato e delle tendenze varie del cinema mondiale. E ci sembra che il team di Barbera abbia riportato la dieci giorni veneziana a questa dimensione.
Dando un'occhiata più da vicino al programma di quest'anno, partiamo dal concorso e partiamo doverosamente dagli States. Premettiamo che comunque sul red carpet transiteranno nomi di primo livello, da Naomi Watts ad Al Pacino, da Viggo Mortensen a Ethan Hawke. Ad aprire le danze della mostra sarà Alejandro Gonzales Iňárritu, con Birdman, che riporta nel cinema che conta Micheal Keaton, nelle vesti fortemente autobiografiche di un attore che un tempo ha interpretato un supereroe "alato" ma ne è rimasto intrappolato e ora tenta il rilancio, tra mille problemi e ripensamenti. Nei giorni successivi vedremo Andrew Niccol (quello di Gattaca, per intenderci) con Good Kill, che parla di guerra e di droni, David Gordon Green — autore, lo scorso anno, dell'ottimo Joe — con Manglehorn, starring Al Pacino, Abel Ferrara con il suo "controverso a prescindere" film su Pasolini, e il grande Joshua Oppenheimer, documentarista in grado, nella scorsa stagione, di concepire un capolavoro come The Act of Killing e che presenta il suo nuovo The Look of Silence.
Gli altri paesi del mondo sembrano rappresentati altrettanto bene: Loin des hommes di David Oelhoffen, ambientato durante la guerra d'Algeria e con Viggo Mortensen a guidare il cast e Le dernier coup de marteau, di Alix Delaporte, rappresentano il contingente francese in concorso, che comprende anche Shinya Tsukamoto con Nobi, il ritorno di un maestro come Konchalovski con The Postman's White Nights e un big assoluto come Roy Andersson, con A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence.
Attenzione agli outsider. Lo scorso anno il film più bello della sezione principale era il greco Miss Violence, poi Leone d'argento, del quasi esordiente Alexandros Avranas. Quest'anno, si mormora, le sorprese potrebbero arrivare da The Cut, di Fatih Akin, che è un regista turco giovane ma esperto, che nel palmares ha già un Orso d'oro a Berlino per La sposa turca, e non gira un lungometraggio da cinque anni.
Due parole sui tre italiani in concorso. Anime nere, terzo lungometraggio di Francesco Munzi, deve fronteggiare aspettative altine, dopo l'ottimo Saimir e il discreto Il resto della notte. Martone, invece, porta in laguna nientemeno che un biopic su Leopardi, Il giovane favoloso. Chiude il terzetto Saverio Costanzo, con Hungry Hearts, con Alba Rohrwacher. Tre scelte coraggiose e di grande interesse, su cui è impossibile azzardare previsioni.
Fuori concorso, oltre a Salvatores con il suo film collage Italy in a day e Davide Ferrario con La zuppa del demonio, segnaliamo un altro coraggioso adattamento firmato dall'eclettico James Franco,The Sound and the Fury di Faulkner, e poi Peter Bogdanovich, Joe Dante, Barry Levinson, Im Kwon-taek, Amos Gitai, Ann Hui e Ulrich Seidl. Dulcis in fundo, il secondo capitolo di Nymphomaniac di Lars Von Trier, senza censure.
La sezione delle Giornate degli Autori, diretta da Giorgio Gosetti vede 11 film fare a gara per un premio assegnato da una giuria composta da 28 ragazzi. Si preannuncia come la più blasonata e ricca delle sezioni per così dire collaterali, data la presenza di Laurent Cantet con Retour a Ithaque, Alejandro De La Iglesia con il documentario su Lionel Messi e, fuori concorso, ancora Kim Ki-duk con (ancora!) il film scandalo One on One. Due italiani in questa sezione, Ivano De Matteo, con I nostri ragazzi, e Felice Farina con Patria, e un solo americano, Before I Disappear di Shawn Christensen.
Difficile, al solito, fare previsioni sulla Settimana della critica, mentre promette bene, come lo scorso anno, Orizzonti. Su tutti, il folle Quentin Dupieux (Mr. Oizo, per alcuni musicofili) con il misterioso Reality, ma anche Michel Houellebecq in veste di attore in Near Death Experience di Gustave Kervern e The President di Mohsen Makhmalbaf.
Lungo i sentieri di questa piccola mappa, dal 27 agosto al 6 settembre, vi guideremo nella corposa selezione veneziana, qui sulle pagine de La VOCE di New York e su Twitter, per farvi respirare un po' dell'atmosfera di uno dei più importanti festival cinematografici internazionali.