Come parte del programma di Open Roads "Il riscatto", tradotto in inglese con il titolo "The Rescue" di Giovanna Taviani, racconta il cambiamento di vita dell'ex-criminale napoletano ed ex- detenuto Salvatore Striano, anche interprete di Bruto nel recente film Cesare deve morire dei fratelli Taviani. Giovanna figlia e nipote d'arte, con un padre ed uno zio grandi registi, racconta la storia di Salvatore, di come cioè è riuscito a riscattarsi attraverso l'arte e la recitazione. Striano ha un volto che buca lo schermo, e per questo motivo è stato selezionato anche dal regista di Gomorra, Matteo Garrone per il cast del film.
Adesso l'ex detenuto è ospite ai festivals ed eventi legati al mondo del cinema proprio come una star. "La colpa rimane" come dice giustamente Giovanna Taviani quando intervistata da La VOCE di New York, "ma non per questo una persona non può cambiare vita".
Il cortometraggio della regista, riporta la "redenzione" di Striano in un luogo molto caro alla famiglia Taviani, San Miniato in Toscana, città natale di Vittorio e Paolo e dove la regista ha deciso di ambientare la storia di Salvatore, legandola a quella dei partigiani di tanti anni fa. Nel corto si susseguono immagini della Seconda guerra mondiale, riprese dal capolavoro dei Taviani, La notte delle stelle cadenti. Nel film Striano compara la vicenda dei partigiani italiani che combatterono i nazisti per la loro libertà ed i loro ideali, ai suoi crimini come dice lui stesso- inutili. Come afferma Striano in una scena de Il Riscatto, per la camorra, si uccide per niente. La liberazione per Striano è avvenuta attraverso il contatto con la letteratura, leggendo Shakespeare, recitando la parte di Bruto nel film dei Taviani. Nel cortometraggio di Giovanna, si percepisce questo "non tornare indietro" che alcuni detenuti provano, nel momento in cui vengono a contatto con l'arte, con il bello. La regista ci ha spiegato come ha vuto l'idea del cortometraggio: "Il progetto è nato da un incontro con Salvatore Striano, la prima volta l'ho conosciuto a Berlino per la consegna dell'orso d'oro per Cesare Deve morire. Lui fu acclamato da una standing ovation, tutti lo applaudivano. Io non lo conoscevo ancora, ma mi avevano già parlato di questo grandissimo talento. Quando vidi questo uomo basso, piccolo in questa sala stupenda della Berlinale, che stava in piedi commosso. Mi è scattato il click. Quando è uscito, l'ho visto che piangeva, allora mi sono presentata e ho chiesto ma perche piangi? Lui mi ha risposto, sai cosa mi è successo? Mi ha fermato una donna immigrata italiana a Berlino che dopo aver visto il film ha detto, sono italiana e sono felice di vedere che persone come te hanno successo."
Salvatore Striano
Per un ex camorrista quindi, un cambiamento radicale. "Non bisogna mitizzare ovviamente, la colpa rimane, i crimini anche" ci ha detto poi Giovanna.
"Mentre camminavo per le strade di San Miniato con Salvatore, c'era la gente del posto che lo fermava e gli diceva "o bruto tu non sai che anni fa c'era gente che viveva il carcere in maniera molto diversa da come lo vivete adesso" ci racconta Giovanna. Quando le chiediamo quanta finzione e quanta realtà sono presenti nel Riscatto, ci risponde "è esattamente il percorso inverso di Cesare deve morire, che è un film di finzione ma è anche ibridato da elementi documentaristici. Perchè gli attori sono realmente dei detenuti, perchè l'uccisione di Cesare avviene nell'ora d'aria e così via. Tutto avviene non in un teatro di posa, ma nel carcere di Rebibbia, quindi, è un miscuglio. Viceversa il mio è un documentario che si apre molto alla finzione".
Innanzitutto c'è un attore professionista, c'è una messa in scena nella immagine di Salvatore da solo nella cella, quasi teatrale. Si potrebbe definire Mocumentary quasi, cioè finto documentario. Dove l'attore recita sì, ma racconta soprattutto la verità. Parla di se stesso, delle sue esperienze". Il film di Giovanna nonostante racconti quindi un fenomeno importante, come quello del riscatto dei detenuti nelle carceri, non ha ricevuto nessun finanziamento da parte dello Stato, "sono arrabbiata, visto che abbiamo intenzione di portarlo nelle scuole e nelle carceri italiane e nessuno ci ha dato riscontro, a parte l'associazione Libera di Don Ciotti". Quando le chiediamo il suo rapporto con Salvatore sul set ci confida, "anche in questo c'è stato un riscatto. Lui è partito come un vero uomo del sud che non si fa dominare da una regista. Per cui all'inizio è stato complicato perchè come sai, il regista è il capo di tutto sul set. Quindi l'inizio era un po’ di diffidenza. Ma alla fine mi ha ringraziato -nonostante fuori dai ciak facesse battute sulle donne – dicendomi che avevamo ormai iniziato un sodalizio. Cioè che come donna sono riuscita a tirare fuori una parte di lui, che non sarebbe mai riuscito ad esprimere. Una battaglia finita bene."
Essere Donna una Fiamma del mio Cuore invece, è il prossimo progetto della regista: "Mi chiedo cosa significhi essere donna oggi, avere un lavoro creativo come il mio ad esempio, essere registi è un lavoro da maschi. E' un viaggio che faccio attraverso cinque generazioni di registe in europa, fino anche in America e chiedo loro come hanno fatto a conciliare le due fiamme, quella dell'arte e quella del cuore, cioè di avere una famiglia, dei figli. Io non ci sono riuscita fino ad oggi perchè per fare un lavoro totalizzante come questo, purtroppo si deve rinunciare ad altre cose".
Il Riscatto sarà proiettato nelle scuole e carceri italiane nei prossimi mesi.
"L'Associazione Libera di Don Ciotti porterà il film nei paesi confiscati alla mafia, faremo proiezioni in piazza dal Nord e Sud d'Italia nei paesi più diseredati. Portare la cultura nei paesi e città disadattati è fondamentale. Perchè l'arte abitua al bello, all'armonia, al senso degli altri. Se non si ha il senso del bello, viceversa non si ha neanche quello del brutto, quindi, il degrado ambientale ad esempio non lo si combatte. Se vivi in mezzo alla spazzatura e non sai che esiste un altro orizzonte, non puoi cambiare le cose. Porteremo il documentario anche nelle scuole, supportati da Palumbo editore".
Un progetto importante dunque quello portato avanti da Giovanna Taviani, alla quale, al termine della intervista chiediamo: il cinema quindi, aiuta il problema della carceri quasi più dello stato?
Lei sorride e dice: “Si, ma questo lo avete detto voi”.