Lo scorso fine settimana si è svolta una grande festa delle arti a Governor Island, l’isoletta di fronte a Battery Park, una volta fortezza, poi base militare, ora enorme parco che apre a fine maggio e chiude a settembre. La festa in questione si chiama “Figment” ed è stata pensata come un grande incubatore di arte varie, un paese dei balocchi culturale che per due giorni occupa quasi interamente l’isola con ogni più o meno folle idea artistica.
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Quest’anno, camminando fra i vialetti dell’isola, in mezzo a tanti suoni, si sentiva anche quello della lingua italiana. Quest’anno, infatti, la Kairos Italy Theater, la compagnia italiana teatrale a New York, ha presentato all’interno di Figment “Voci nel deserto”, un progetto teatrale tutto italiano, che sta avendo nel nostro paese un grande successo.
«Noi di KIT – dice Laura Caparrotti, direttrice artistica della compagnia – siamo sempre molto attenti a tutto quello che accade in Italia, teatralmente parlando, visto che la nostra missione principale è portare il meglio dell’Italia teatrale negli Stati Uniti. Quando abbiamo incontrato “Voci nel deserto” è stato facile pensare di proporlo a New York. “Voci” è un progetto importante in Italia, si sta facendo conoscere ovunque, riscuotendo grande successo ad ogni sua uscita. Insomma, era chiaro che per noi fosse quasi un dovere presentare l’iniziativa al pubblico newyorkese. Figment era la situazione ideale. Con un gruppo di giovani attori, tutti bravissimi, abbiamo fatto due giornate di letture, di voci, che abbiamo condiviso con il pubblico passante, in tutte le lingue possibili dal francese, all’inglese, all’italiano fino al latino e al greco antico. Ci siamo divertiti noi, abbiamo divertito e la gente ha voluto condividere con noi le loro voci. Insomma, un’esperienza esaltante e da ripetere».
Il progetto “Voci nel deserto” è una forma di teatro civile costruito sulla ‘raccolta differenziata di frammenti di memoria che ripropone testi del passato come insospettabili spunti di riflessione su temi di grande attualità. Decontestualizzati, acquisiscono una voce e, nell’edizione italiana, vengono messi in relazione attraverso la musica live o gestita da un DJ: ne scaturisce una narrazione del presente che non può non sorprendere nel momento in cui viene ristabilito l’ordine temporale e ricollocata ogni frase nel proprio scenario d’origine. La forza delle parole e le suggestioni emotive della performance aprono nuovi canali d’ascolto, aiutando a decifrare un presente che evidentemente affonda le radici negli errori del passato e si protende verso un futuro sempre troppo prevedibile.
Nata nel 2009, l’idea di teatro civile “Voci nel deserto” è un progetto collettivo basato sul concetto di libertà di pensiero; sta sviluppando un pubblico affezionato e partecipativo in continuo aumento e alimenta un network spontaneo attivo su tutto il territorio italiano. Per quantificare, in tre anni ha totalizzato circa 15.000 spettatori a Roma, coinvolto 140 artisti e altre 5 città italiane (Bergamo, Bologna, Rimini, Ravenna, Catania), arrivando anche a Parigi e – a breve – a New York.
“Voci nel deserto” in Italia è un appuntamento fisso con la memoria, un rave teatrale aperto a tutto, gratuito, alimentato dall’impegno e dalla generosità di attori e pubblico. Vediamo che diventerà “Voci” a New York. Il primo passo è stato di certo positivo.