La prima opera di ogni autore è autobiografica. Contiene molti errori perché si ha la tendenza a metterci tutto, decine di avvenimenti. L’eccezione è la professoressa Margaret Edson. Ha scritto una sola commedia, quasi autobiografica. Perfetta. Si tratta di “Wit”, che ebbe successo anni fa ed è stata ripresa dall’abile regista Lynne Meadow (MTC – 261 West 47th Street). Siamo in un ospedale, dove la protagonista Vivian (Cynthia Nixon) sta morendo perché il suo cancro non le dà scampo. E’ una specialista della poesia di John Donne (sonetti nel XVII secolo). Lo cita ed attinge energia dalla bellezza dei suoi versi. Ha una forte personalità e non si arrende. Incoraggia gli altri; conferma la sua fede nella vita. Dramma potentissimo. Gran successo. Caldi applausi quando riappare il suo spirito, nudo, dopo la morte.
Lo scrittore sudafricano Athol Fugard ha la fortuna di due suoi drammi ripresi, riportati a galla dal passato. “The Road to Mecca” al teatro American Airlines (227 West 42nd Street) e “Blood Knot” (Signature Th., 480 West 42nd Street). Nel primo abbiamo una storia vera, narrata dall’autore. Conobbe una strana anziana ribelle che viveva in una casa isolata e creava sculture che impaurivano i vicini. Vediamo Miss Helen (la brava, commovente Rosemary Harris) che vien visitata dalla giovane Elsa (Carla Gugino, nella foto) che vorrebbe aiutarla con saggi consigli. Helen ascolta con pazienza, un po’ svanitella e confusa, ma sa quel che vuole. E’ irremovibile. Arriva il sacerdote Marius (Jim Dale). Ha preparato il contratto per prendere l’abitazione e metterla in una casa di cura, un posto dove sarà protetta. Un bel dialogo, un duello. Dopo tanti tentativi e dubbi, l’anziana scultrice prevale. Resta nella casa che non vuol vendere. Tre ottimi attori. In “Blood Knot” abbiamo due fratelli dalla stessa madre ma da padri differenti. Uno è bianco, uno è nero. Il bianco Morris (Scott Shepherd) ha avuto una vita più facile ed ha un minimo di sicurezza finanziaria. Lo vediamo in buona forma, pronto ad aiutare. Zachariah (Colman Domingo) è vestito di stracci e vive in una capanna poverissima. Morris aiuta suo fratello nello scrivere lettere ad una donna che non ha mai incontrato. Lettere d’amore. Quando la donna annuncia che sta per arrivare cominciano le paure e i dubbi. Zachariah non ha detto che è di razza scura. Decidono un piano che potrebbe risolvere il problema. Morris compra un vestito nuovo e si fingerà l’innamorato scrivente. Per fortuna la donna non arriva ma il vestito nuovo crea odio tra i due. Ribellione tra il bianco e il nero. Bravissimi. Al teatro Castillo (543 West 42nd Street) abbiamo una ripresa di “Sally and Tom” di Fred Newman (libretto e liriche) e musica di Annie Roboff. La brava, convincente regista Gabrielle L. Kurlander ha creato un’atmosfera nuova in uno stanzone dove il pubblico si siede in ordine sparso e gli attori circolano. E’ la nota storia del presidente Thomas Jefferson (Adam Kemmerer) che ebbe per amante la schiava Sally (Ava Jenkins). Una bella storia d’amore nonostante le differenze. Ostacolata, naturalmente, da Callender (Sean Patrick Gibbons) e James Madison (Jacqueline Salit). Ottima produzione, applauditissima. Nella funzionale scena di Michael V. Moore (porte che si aprono al momento giusto e minuscola sala d’attesa-ascensore) abbiamo “Psycho Therapy” di Frank Strausser (Cherry Lane Th., 38 Commerce Street). Nancy (Jan Leslie Harding) è una psicanalista molto occupata al telefono e con i clienti. E’ anche molto nervosa e deve mangiare dolci di tanto in tanto. La bella e brava Angelica Page ha il ruolo di Lily, donna contesa e confusa fra due uomini. Appare prima Dorian (Jeffrey Carlson). Liti e baci. Arriva poi philip (Laurence Dau). Nessuno sapeva dell’esistenza dell’altro. Stessa stanza, stesso sofà, comportamento più o meno corretto. Soluzione? Dipende sempre dalla donna. In questo caso dalla convincente Angelica.
Esperimenti interessanti che mostrano la dedizione degli attori. Per mesi Robert Auletta ha adattato con un gruppo di attori l’“Agamennone” di Eschilo. “Redux” è ora all’albergo Roger Smith (47th Street & Lexington Avenue). Una sala con una trentina di spettatori. Gli attori sono seduti tra di noi. Si rivelano quando hanno battute nel meraviglioso linguaggio di Eschilo. Kenneth Ryan li ha diretti con stile ed energia. Clitennestra è regale, meravigliosa nel ruolo di una moglie che deve giustificare il suo tradimento (Rebecca Nelson, una delle migliori attrici di New York). Impone, seduce, convince. Aiutata dagli ottimi K. Ryan, Jeremy Smith, Peter Rogan, Sarah Wharton e Anna Frankl-Duval. Spettacolo notevole. Suggerito.
Discussion about this post