Sono appena tornato dall’Italia “nuova”. Nelle piazze e per le strade ho visto l’entusiasmo e l’ammirazione per il presidente Napolitano e per la sua scelta di Mario Monti. E’ iniziata un’Italia davvero nuova. Primo spettacolo che ho voluto vedere qui a Manhattan è “La strada” di Fellini, per godermi di nuovo la sua poesia. Con magnifici attori (Luis Carlos de la Lombana, Nanda Abella, I. Ruiz, W. Estevez, A.M. Bolet). Al teatro TBG (312 West 36th Street, 3rd Floor, tel. 212868-4444). Consigliato.
Cerco poi altri nomi italiani, per rivivere la gioia di essere italiano. Il noto compositore Michael Johhn La Chiusa ha scelto la magnifica Mary Testa come protagonista del suo “Queen of the Mist”. Sono corso nel nuovo teatrino Gym Hudson Church (243 Thompson Street, tel. 866811-4111). Non sono stato deluso. Melodica musica e chiare liriche di La Chiusa fanno da sfondo ad una storia di incredibile coraggio femminile. Anna Edson Taylor (Mary Testa) è un’insegnante di musica nata nel 1838. E’ vitalissima, energica, pronta ad insegnare e aiutare le giovani generazioni. Ma c’è crisi e non trova studenti. La vediamo sfrattata dal suo appartamento e dal suo studio perché non può pagar l’affitto. Non si scoraggia e va, temporaneamente, a vivere con la sorella Jane (Theresa McCarthy). Non va d’accordo con il cognato e deve riprendere la sua verde valigia. E’ una ribelle che aliena un po’ tutti. Una vera donna, una femminista.
Va in Canada, alle cascate del Niagara. Ha un piano folle, incredibile. Molti han tentato un tuffo in quel gorgo. Son tutti morti. Lei vuol tentare usando intelligenza e costruendo un barile speciale entro cui tuffarsi. Lo chiama “Queen of the Mist”. Cerca un impresario che sappia pubblicizzare la sua impresa. Russell (il convincente Andrew Samonsky) è un ubriacone che chiede cinque dollari da mandare a sua moglie. E’ difficile convincerlo ma ha bisogno di soldi e pensa di guadagnar molto con questa folle impresa. Anche se Anna muore ha un contrtatto per vendere cartoline e programmi. Un bel coro di spettatori giornalisti canta, con la nota chiarezza delle liriche di La Chiusa, canzoni che aiutano lo sviluppo della vicenda in scena (T. Sessions, J. Murney, S. Bahorek, D.C. Anderson). Fra le migliori “Glorious Devil-The Waters”, “Do the Pan”, “Quintessential Hero”, “Bookins”, “Postcards”. Russell fa buona pubblicità e promette di essere il primo ad abbracciarla all’arrivo della botte, se è ancora viva. Va invece ad ubriacarsi perché non ha fiducia nella riuscita dell’impresa e non assiste al trionfo di Anna. C’è ora da guadagnare con conferenze e sponsorizzazioni. Anna, in ospedale dove ha solo un problema con gli occhi, lo licenzia. Grave errore di una ribelle intransigente. Russell ruba il barile e va in giro con una biondina che finge di essere Anna. La nostra eroina è di nuovo povera. Cerca un nuovo agente pubblicitario. D.C. Anderson non aiuta molto. Anna ha un in-contro con un uomo che è un ribelle e lei lo ammira. Si tratta di Leon (Tally Sessions), l’uomo che sparò al presidente William McKinley. La forte, potente Anna ha ora le lacrime agli occhi e si riduce a vendere cartoline. Tragica storia di una vera eroina. Ottima compagnia, ben diretta da Jack Cummings III. Due ore di teatro importante. Spettacolo da vedere.
Andiamo poi a vedere un dramma tipicamente americano. Droghe e alcool, naturalmente. “Horsedreams” dell’attrice-autrice Dael Orlandersmith al teatro Rattlestick (224 Waverly Place). Dael è una robusta, potente attrice afro-americana. Nel suo dramma ha il ruolo di Mira, la solita badan- te in una famiglia bianca che odia. Per i primi quaranta minuti è in un angolo, immobile, che assiste alla distruzione di una coppia di ricchi bianchi. La bella Desiree (Roxanna Hope) ha un iniziale, lungo monologo in cui descrive il suo desiderio di trovare un uomo che la desideri e la sposi. Danza poi freneticamente. Sensualmente, ed attira il desiderio di Loman (Michael Laurence). La sposa. Cocaina e liquori ogni ora. Desiree passa dalla cocaina all’eroina.
Muore dopo aver dato al marito un bel bambino. Luka (Matthew Schechter) cresce bene ed è intelligente. Capisce tutto. Intuisce anche la difficile vita della badante che si prende cura di lui.
Mira, che ha descritto con ferocia la vita dei ricchi, viziati che hanno soldi e possono assumere tanti servi afro-americani, non risparmia il suo mondo e quello delle minoranze ispaniche. Descrizioni orribili di una vita di povertà e droghe all’incrocio tra Lexington Avenue e la 105th Street. E’ un indirizzo che citano più volte perché è lì che Desiree andava a comprare la droga.
Ebbe anche una lite col venditore, insultandolo. E’ stata forse quell’ultima dose, venduta come vendetta, ad ucciderla. Luka ha ora sette anni e capisce come suo padre si stia distruggendo con droga e liquori. Cerca di convincerlo a desistere e dedicarsi a lui. Niente da fare. Sua unica amica, più o meno, è Mira. Un giorno il padre non torna a casa. Luka va da solo all’indirizzo ormai noto. Compra droghe. Le vendono anche ai bambini. Torna a casa e trova il padre ubriaco. Gli chiede di insegnargli come usare quella bustina. Siamo ora ad un nuovo ciclo. Come il padre e la madre anche il giovane Luka finirà forse drogato in questa corsa verso l’autodistruzione. In che mondo viviamo? La brava autrice descrive a tinte fosche e negative i due modi che conosce.
Buon testo. Un dramma che potrebbe scoraggiare i deboli. Ora che l’Italia permetterà più cultura nel mondo del teatro, cinque miei colleghi italiani hanno promesso di portare i loro drammi a New York.