A sinistra Lauren Logiudice
Circa due anni fa scrissi di lei come di un’attrice italoamericana di grande talento che appena agli inizi stupiva tutti con uno spettacolo teatrale fuori dalle righe al Dixon Place Theater nel Lower East Side di New York, “Queen’s girl”. Questo esilarante “one-women show” scritto da lei, Lauren Lo Giudice, mostrava la sua irrefrenabile vita in giro per il mondo, a partire dal quartiere italiano in cui è cresciuta, Howard Beach, attraverso gli “anni del rugby” al college, alla scoperta delle drag queens a San Francisco fino alla scintillante fashion week di Bombay, in India. Questa eclettica artista ormai, a detta dei magazine internazionali, è diventata una stella del panorama teatrale e cinematografico americano. Mi trovo a intervistarla via skype a causa dei suoi innumerevoli impegni ma riscopro la Lauren di sempre, cordiale e disponibile nonostante sia sotto pressione per via dei suoi progetti di cui mi parla in modo entusiasta durante tutta l’intervista. Lauren con un film in uscita “When Harry tries to Marry” (2011) un mix di modernità e tradizione in una trama che si snoda a metà tra la cultura dei matrimoni combinati indiani e l’attualità dell’America di oggi, sta già organizzando il tour del suo prossimo solo show, “Garbo Talks” ispirato alla grande Greta Garbo.
Lauren, la tua prima esperienza nel cinema con “When Harry tries to Marry”, ha avuto grande successo, ma com’è stato lavorare tra l’America e l’India?
E’ stato a dir poco straordinario: primo perché ho avuto la fortuna di interpretare un ruolo cruciale, quello di Angela, una giovane donna americana che tenta di ricongiungersi col suo ragazzo di origine indiana in un contrasto tra antiche e nuove tendenze culturali, secondo perché ho lavorato con un cast e una produzione davvero di alto livello. Io e gli altri attori ci siamo impegnati sin dall’inizio molto duramente. In principio eravamo in pochi a credere nel progetto del film, ci incontravamo occasionalmente a NY per discutere e fare delle letture in modo tale da far venire fuori i personaggi, poi i produttori hanno deciso di realizzare un cast tutto nuovo e di girare metà del lavoro in India e metà a New York. In India è stato tutto davvero suggestivo, noi attori vivevamo per la maggior parte della giornata in un posto che chiamavamo “The Valley” in enormi tende da campeggio e giravamo le scene tra la spiaggia e la casa di un Maraja, in mezzo a splendidi scenari.
Questa non è stata la tua prima volta in India: anche in passato, infatti, ricordo che ti trovavi lì per studio e lavoro ed hai anche preso parte ad alcune fashion week a Bombay. Ora che sei cresciuta professionalmente, come ti sei confrontata nel film con un personaggio come quello di Angela e con una realtà come quella dei matrimoni combinati?
Beh, quella dei matrimoni combinati è davvero una questione complicata, bisogna decisamente esserci dentro per giudicare. Il matrimonio è infatti differente per ogni persona. Nel caso di quelli combinati, io dall’esterno posso dire che ci sono persone felici e altre per cui davvero non ha funzionato. Per me l’India rimane un Paese molto fascinoso con tutte le sue tradizioni. Tornarci da attrice è stato davvero eccitante: è proprio negli anni in cui mi trovavo a Bombay, infatti, e lavoravo da modella, che presi la decisione di intraprendere la carriera da attrice, quindi girare un film laggiù è stato davvero un sogno che diventa realtà, ho provato a me stessa che posso farcela. E da lì in poi la mia carriera ha preso il volo.
Qual è la differenza nel recitare in teatro e per un film?
Credo che il teatro sia una palestra in cui impari il mestiere e il cinema, invece, è dove mostri che cosa hai imparato. In teatro ovviamente le tempistiche sono diverse, si susseguono prove su prove, mentre nel cinema non hai la possibilità di farlo perché costerebbe troppo alla produzione e avviene tutto in modo molto veloce. Quindi diciamo che mentre giri un film vai sul set già preparato, con tutto già in testa. Ad ogni modo io amo entrambi e ho letteralmente bisogno di tutte e due le cose nella mia vita, ma il cinema adesso costituisce la mia direzione.
Torniamo invece ai solo show, sono stati per te un trampolino di lancio. A parte Queen’s girl lo spettacolo che ti ha resa famosa, parliamo di “Garbo Talks” la tua prossima uscita teatrale.
Nonostante sia molto legata a Queen’s girl, devo dire che quest’ultimo lavoro “Garbo Talks” è il solo show che sento più vicino alla mia persona. Mentre in Queen’s girl infatti parlavo di più della mia famiglia, delle mie origini italiane etc. in “Garbo Talks” affronto il mio rapporto con la grande attrice Greta Garbo. Dalla prima volta in cui la vidi sullo schermo, mi sono sentita legata a lei e al suo personaggio e ho iniziato a investigare sulla sua vita privata, scoprendo varie similitudini con alcune fasi del mio percorso professionale. Mi affascina tutto di lei, quello che era, ciò che costituiva come donna e artista di grande talento. Così anche se ero convinta di non fare più solo show, perché sono letteralmente estenuanti, alla fine la passione ha vinto e ho deciso di reimbarcarmi in questa nuova avventura. Il tour dello spettacolo è ancora da definire ma probabilmente inizierò da New York per poi esibirmi in altre città degli Stati Uniti. Spero anche di riuscire a tradurlo tutto in italiano per portarlo così finalmente a Roma!
Hai già lavorato in Italia in passato, come giudichi questa esperienza?
L’industria cinematografica e la recitazione in Italia funzionano davvero in modo diverso che in America. Lì ho avuto l’occasione di lavorare di più come modella e sono sempre rimasta colpita dalla grande capacità che avete voi italiani di godervi la vita anche sul lavoro, questo di certo ci rende molto diversi! Un giorno ad esempio ero in ritardo sul set di 10 minuti e non facevo altro che chiamare i miei capi per avvertirli, preoccupatissima delle conseguenze, quando sono arrivata invece tutti erano lì a dirmi “Lorena! Non ti preoccupare! Non c’è problema beviti un caffè! Sei così americana!”.
Abbiamo parlato di matrimoni combinati, Paesi e culture diverse. Ricollegandoci alla tua esperienza italiana, sei venuta in contatto con la comunità gay? Pensi ci sia ancora molta discriminazione nei loro confronti in Italia?
Ho molti amici gay italiani, persone fantastiche, che però purtroppo non hanno molte opportunità. Qui in America le coppie invece possono sposarsi, avere dei figli, mentre in Italia questa ancora non è neanche una possibilità. E’ davvero triste. Non puoi prendere neanche in considerazione l’ipotesi di sposarti e mettere su famiglia, non che io voglia farlo adesso, ma almeno desidero essere libera di poterlo fare, quando e con chi voglio. Penso che in Italia sarà molto difficile uno sviluppo in questo senso e comprendo perfettamente la rabbia di alcuni omosessuali, perché a volte c’è un clima discriminatorio nei loro confronti e non è giusto.
Tu hai origini italiane, quindi conosci la nostra cultura. Pensi che soprattutto la generazione passata abbia ancora delle difficoltà nell’accettare le coppie gay?
Sicuramente non è stato e non è tuttora facile l’accettazione, ma sinceramente, mio nonno è italiano e guarda in tv Will&Grace – una serie in cui il protagonista è gay – e ride tutto il tempo. Quindi anche se penso che molte persone ancora abbiano atteggiamenti discriminatori e che ci siano posti, anche in America, dove ancora molti gay non sono out per paura, molto è cambiato e sta cambiando positivamente per tutti.
Secondo te si possono inviare messaggi di non discriminazione attraverso i media, con film, serie televisive, pubblicità che diffondano un’immagine positiva del mondo gay?
Si certo, penso che si possa diffondere un’immagine positiva e informazioni, sulle donne e sulla loro sessualità, i media sono un potente strumento per il cambiamento sociale.
Un’ultima domanda, quali sono i tuoi progetti imminenti e quando pensi di tornare in Italia?
Al momento lavoro a livello internazionale, sto valutando vari progetti, tra cui quello di un film in Italia, anche se adesso la priorità è “Garbo Talks”, quindi mi dedicherò per prima a quello, poi magari tornerò in India per un po’, vedremo.