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June 19, 2011
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June 19, 2011
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BROOKLYN FILM FESTIVAL/Sandra Milo nonna rock

Martina FedericobyMartina Federico
Time: 7 mins read

Sandra Milo in una scena di "W Zappatore"

Quello che oggi si chiama Brooklyn Film Festival nasce nel 1999 con il nome di Williamsbourg Brooklyn Film Festival (che poi è diventato ancora International Brooklyn Film Festival) per iniziativa di un gruppo di ragazzi, di cui uno, ora, ne è l’executive director. È un italiano e si chiama Marco Ursino. Quando è arrivato negli Stati Uniti faceva il film-maker, proprio per questo era il più predisposto ad accorgersi di quanta fatica facesse un film nel momento della sua distribuzione. Da qui l’idea del festival, perché questo è sempre un buon modo per dare visibilità ai film.

Ma l’attuale Brooklyn Film Festival vuole essere qualcosa di più di una vetrina. A questo primo obiettivo aggiunge quello di promuovere i giovani registi indipendenti; il desiderio di rendere Brooklyn un punto di rilevanza per quel che riguarda il cinema; lo scopo di far avvicinare gli abitanti del quartiere al cinema e alle arti.
Quello di Brooklyn è un festival internazionale e di competizione. L’edizione 2011 che si è appena conclusa e che ha visto, nei suoi dieci giorni di programmazione (3–12 giugno) più di cento premières, prevedeva, tra gli altri, premi relativi alle sezioni: miglior documentario, miglior film d’animazione, miglior film sperimentale.
Due premi importanti sono finiti nella mani di due giovani italiani. Anzi, tre. Perché il premio “miglior cortometraggio” è stato vinto da una coppia, Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, per il loro lavoro dal nome “Rita”. A vincere il premio “miglior film” invece è stato “W Zappatore” di Massimiliano Verdesca, regista leccese che in passato ha frequentato la NYFA (New York Film Academy).
“W Zappatore” è una divertente commedia (dai toni vagamente alla Ciprì e Maresco) che racconta la storia di Marcello Zappatore, un ragazzo di trentatré anni, chitarrista in un gruppo metal satanista, che improvvisamente vede sconvolgere la sua vita da un segno divino: le stimmate sul proprio corpo. In mezzo a tutti gli attori non professionisti che recitano nel film, spicca Sandra Milo nei panni di una nonna molto “rock”.
Gentile signora Milo, “W Zappatore” ha vinto il premio per miglior film al Brooklyn Film Festival. Ci racconta la sua esperienza sul set?
«E’ stata un’esperienza fantastica. Mi sono sentita a mio agio da subito, già dai giorni del casting a Roma. Poi sul set, tutto è stato facile. Lavorare con Massimiliano e tutto il team ha reso il tutto molto speciale. Così come le location scelte per il film. Lecce e il Salento sono zone bellissime, ricche di una luce particolare che trovi solo lì».
Com’è stato lavorare in un film diretto da un esordiente?
«Lavorare con Massimiliano è stato facilissimo. Non è una persona che spende tante parole, ma ti trasmette tutto quasi senza parlare. Bisogna stargli vicino, spiritualmente. Questo è bellissimo… Quando un attore incontra un autore così – dico autore perché non è solo un regista – è meraviglioso. Senti che c’è arte, che partecipi a un’operazione straordinaria».
Com’è stato interpretare l’insolito ruolo di Nonna Sandra, una nonna metallara?
«Il ruolo della nonna è stato bellissimo e divertente da interpretare, anche se non sapevo cosa avrei dovuto fare per essere una rockettara. Ballare e cantare in inglese è stata una sofferenza pazzesca. Certo, alla fine ne è valsa la pena. I premi ottenuti sono un bel riconoscimento».
“Rita” racconta invece la storia di una bambina cieca che riesce a realizzare il suo desiderio più grande grazie all’aiuto di uno sconosciuto.
Piazza e Grassadonia, come è nata l’idea di “Rita”.
«Per noi “Rita” è stata soprattutto l’occasione per riflettere su come raccontare la cecità, come raccontare una storia da questo punto di vista “impossibile”, quello appunto di un personaggio non vedente».
Prima di diventare registi avete scritto sceneggiature e vi siete occupati dell’acquisizione dall’estero per alcune case di produzione come Filmauro e Fandango. Quando e come è avvenuto il passaggio alla regia? 
«Da molto tempo sentivamo il bisogno di raccontare una storia ambientata a Palermo, la città da cui entrambi proveniamo. Quando abbiamo cominciato a farlo, con la sceneggiatura del lungometraggio, abbiamo capito che non volevamo separarcene, che per raccontare quella storia e quel mondo dovevamo rischiare, rimetterci in discussione e lavorare anche dietro la macchina da presa».
Come siete venuti a conoscenza del Brooklyn Film Festival?
«Da un professore di cinema della Columbia University incontrato ad Aspen, in Colorado, dove “Rita” ha partecipato all’Aspen ShortsFest. Ci parlò del festival di Brooklyn in modo molto positivo, consigliandoci di spedire l’application».
Rita è stato selezionato anche ai festival di Cannes e di Rotterdam. Come è stata invece l’esperienza al Brooklyn Film Festival?
«Proiettare il tuo film a New York è sempre molto emozionante. E sicuramente il festival gode anche della vitalità del contesto in cui è inserito. Non eravamo mai stati a Brooklyn e siamo rimasti colpiti molto positivamente. Le proiezioni del festival erano affollate di giovani, tutti molto interessati, è la situazione ideale in cui proiettare un corto».
 
 
 
 
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