C’è stato un periodo che oggi sembra remoto in cui Brooklyn era considerato il place to be per le band indipendenti americane che cercavano di dare un seguito all’impronta storicamente innovativa e contaminata della musica indipendente a stelle e strisce. Senza barriere di genere dalle avanguardie noise, passando per l’elettronica fino alla destrutturazione psichedelica dei filoni folk e lo-fi di centinaia di progetti ormai defunti, l’approccio artsy risultava immediatamente Brooklyn. Archiviata da un pezzo, come avviene ineluttabilmente in contesti dinamici come New York, quell’epopea che gravitava attorno al microcosmo di Williamsburg ma che si riverberava negli States e oltreoceano, il sound di Brooklyn non c’è più. Eppure, più di un decennio dopo, quando si ascolta qualcosa che rievoca i fasti di quella anarchia espressiva sempre posata e controllata, immediatamente si torna con la mente a quella Golden Age della musica indipendente nordamericana.
I Model/Actriz sono arrivati solo ora al primo LP, Dogsbody, su True Panther. La label fondata nel 2004 sulla costa opposta, a San Francisco, da Dean Bein ma come spesso accadeva, trasferitasi presto nel cuore della scena, a New York nel corso degli anni ha fatto uscire tra meteore e progetti che hanno spiccato il volo Morning Benders, Real Estate, Tanlines, Tamaryn, Trash Talk, Ty Segall, Unknown Mortal Orchestra, Delorean, King Krule e Girls, e più di recente ha pubblicato Slowthai, Kelsey Lu, Abra, Celeste e Oklou. Oggi, come altre realtà discografiche indipendenti, rispecchia la frammentazione (o eterogeneità) non solo geografica, ma anche sonora, delle scene musicali, ma ha scommesso su un progetto che cerca di attualizzare quel sound che dalla no-wave e dal post punk dei Pere Ubu arriva agli spigoli dance-punk di inizio secolo.
I Model/Actriz sono in quattro: Cole Haden alla voce, Jack Wetmore alle chitarre, Ruben Radlauer alla batteria e Aaron Shapiro al basso. Sono originari di Boston dove a metà dello scorso decennio si conoscono durante uno show del frontman iniziando subito a lavorare insieme e a esibirsi, a partire dal 2016, accolti da New York.
Haden è affascinato dalla cultura russa e dal musical Cats, mentre la proposta musicale si orienta sulla lunga tradizione post-punk d’avanguardia che dai Throbbing Gristle alla no-wave arriva fino al dance-punk degli anni Zero, con un approccio molto viscerale e sessuale che si riflette nelle loro coinvolgenti performance dal vivo in decine di venue underground di Brooklyn.
La gestazione dell’album di debutto è lunga, non solo per la parentesi pandemica che ha segnato come loro band che si sono fatte strada sui palchi. Due tracce del 2020 “Suntan” e “Damocles” con i loro riff taglienti e quei beat ossessivi fanno parlare di loro anche fuori da New York e ne accrescono l’hype.
L’album, co-prodotto da Seth Manchester (già al lavoro con The Body, Lingua Ignota, Battles) è stato scritto in diverse location dell’East Coast molto diverse tra di loro: la casa in campagna del nonno di Haden in Pennsylvania, la casa dei genitori di Shapiro in Vermont, il Pfizer Building del Broadway Triangle e il basement di The Hole, galleria d’arte del Tribeca.
“Mosquito”, “Crossing Guard”, “Pure Mode” sono i ritratti incandescenti di quel sound che prova a riportare Brooklyn al centro di ciò che resta della scena indipendente internazionale.