“O, mia patria, sì bella e perduta! O, membranza, sì cara e fatal!” Ad intonare i celebri versi del Va, Pensiero di Giuseppe Verdi sono stati simbolicamente l’orchestra sinfonica e il coro del Teatro dell’Opera di Odessa, in Ucraina, lo scorso fine settimana.
I musicisti hanno sfidato le temperature gelide della città sulle rive del Mar Nero in un concerto all’aria aperta dal titolo “Free the Sky” (“liberate i cieli”), con l’obiettivo di “sostenere l’appello ai Paesi occidentali e agli altri Paesi del mondo a chiudere i cieli sopra l’Ucraina da aerei, missili e bombe nemiche che quotidianamente distruggono vite umane”. Istituire una no-fly zone, insomma.
Il concerto, diretto dal direttore Igor Chernetsky, oltre al pezzo verdiano ha incluso brani quali l’inno nazionale ucraino e la canzone popolare Reve Ta Stohne Dnip Shypokij (“Il grande fiume Dnepr ruggisce e geme”). Il complesso avrebbe dovuto esibirsi in due produzioni d’opera verdiana a marzo, ma lo scoppio della guerra ha di fatto sospeso le attività, e diversi sono andati al fronte a combattere.
La città ucraina Odessa è da giorni obiettivo dell’esercito di Mosca per il suo posizionamento strategico sul Mar Nero: dalla “capitale economica” dell’Ucraina passa infatti il 70% delle esportazioni di Kyiv, e perderla infliggerebbe un duro colpo al Governo ucraino. Gli abitanti del posto sono consapevoli che nei prossimi giorni i russi potrebbero intensificare gli attacchi e invadere, e hanno perciò preparato cavalli di frisia e barricate per resistere fino all’ultimo cm.
La loro speranza è quella di evitare di ritrovarsi, come quegli ebrei imprigionati in Babilonia del Nabucco verdiano, a rimpiangere la patria perduta.