Dal canale ufficiale di Roby Facchinetti su youtube si alza una melodia corale di forza, augurio e speranza. Rinascerò rinascerai, questo è il titolo del brano composto da Roby Facchinetti e scritto da Stefano D’Orazio e che è dedicato a Bergamo.
Una canzone ispirata dalla drammatica situazione in atto a Bergamo, ma che possa arrivare a supporto di tutti, si augurano gli autori: di chi ha sofferto, di chi è stato coinvolto da vicino, di chi ha paura.
Si tratta di un vero e proprio gesto d’amore di due uomini legati alla provincia maggiormente colpita dagli effetti devastanti della pandemia che sta facendo tremare il mondo. Bergamo, la città nella quale Roby Facchinetti è nato e vive, è anche la città che ha adottato Stefano D’Orazio. Il brano, un augurio per l’Italia messa in ginocchio dal Covid-19, ha già realizzato quasi due milioni di visualizzazioni dopo poche ore dalla sua pubblicazione. Quasi due milioni di persone sentono empatia verso chi oggi vive maggiormente il dramma di una perdita, nei confronti della quale ci si trova più disarmati di sempre: i contagiati muoiono soli. Struggente come la speranza nel coraggio. Speranzoso come l’ultimo verso dell’inferno dantesco, cui D’Orazio fa riferimento esplicito nel testo, su una musica che sembra ritmata al suono dei battiti di tutti i cuori d’Italia. L’arte al servizio del prossimo, è davvero il caso di dirlo: tutti i proventi dei downloads, dei diritti d’autore ed editoriali (Facchinetti/D’Orazio) saranno totalmente devoluti a favore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per l’acquisto di attrezzature mediche. Sarà, inoltre, possibile fare donazioni spontanee sul conto corrente dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – IBAN: IT75Z0569611100000008001X73 causale: Progetto Rinascerò, rinascerai SEGUITO DA NOME, COGNOME E CODICE FISCALE.

La Voce di New York ha raggiunto i due autori e ha voluto ascoltare le emozioni intervenute in questo processo creativo.
Come stai, Roby? Cosa stai vivendo?
“Non lo so neanch’io. Si ha l’impressione di vivere dentro un orribile e tragico incubo. Stare qui nella mia città acuisce la durezza delle sensazioni di paura, di terrore. Accade tutto a 20 centimetri da casa mia, ho perso parenti, amici, conoscenti. È una tragedia. Non avrei mai immaginato che avrei visto quei carri dell’esercito trasportare le salme di chi è rimasto vittima del COVID; non avrei mai immaginato di sentire che si muore da soli: senza l’ultimo saluto dei tuoi cari, senza tutte quelle sensazioni contrastanti ma che sono la vita stessa, dalla possibilità di poter comunque condividere un momento solenne come la fine, al dolore del distacco vero e proprio. La normalità oggi è salutare chi è contagiato, per l’ultima volta, attraverso i finestrini di una ambulanza e non rivederlo mai più. Stanno accadendo cose che sono al di là di ogni immaginazione, ogni giorno è un nuovo bollettino”.
In Italia fortunatamente non c’è indifferenza al dolore dell’altro, tu ti sei spinto oltre: hai composto una musica sull’onda di tutte queste emozioni così forti, l’hai trasferita a Stefano D’Orazio e lui l’ha arricchita con le sue parole, che sembrano essere le parole di tutti…
“Questo brano nasce sull’onda della mia grande commozione, alla vista di quei primi carri, ormai tristemente famosi. Io e la mia famiglia eravamo già barricati in casa da 20 giorni per difenderci dal contagio. Io, travolto dal dolore, dalla commozione e dalla rabbia per quello che stiamo vivendo, proprio nel momento del passaggio di quei mezzi, sono andato al pianoforte e in cinque minuti ho composto, direttamente dal mio cuore, questa musica. Ho chiamato quindi Stefano che ha scritto un testo straordinario e non poteva che essere così. Abbiamo dunque sperato il grande problema di realizzarlo, per la difficoltà negli spostamenti secondo il Decreto. Ho coinvolto tutti i miei “uomini”. Il brano lo ha arrangiato Danilo Ballo, con il mixaggio di Marco Barusso e le chitarre sono state suonate da Diego Arrigoni dei Modà. Ci siamo messi al lavoro per 24 ore al giorno, sfruttando tutte le tecnologie per il lavoro a distanza e abbiamo costruito non solo il brano ma anche il video”.
Di chi sono i volti che vediamo avvicendarsi nel video?

“Sono tutte persone bergamasche e che rappresentano Bergamo, che è la città che sta pagando di più. Sono medici, infermieri, personale sanitario dell’ospedale Giovanni XXIII° di Bergamo al quale verranno destinati totalmente tutti i proventi ricavati dal download del video stesso. Ci sono i miei familiari e ci sono testimonial dell’Atalanta: mister Gian Piero Gasperini, il bomber Josip Ilicic e il goleador Duvan Zapata. Ci siamo noi. Proprio questa mattina ho ricevuto un messaggio, uno dei tanti, da una persona che in questo momento si trova in ospedale, contagiato: “l’ascolto del brano, qui e ora, è per me la migliore medicina”. Ecco, leggere questo mi ha restituito la percezione che tutto ciò che io e Stefano abbiamo fatto lavorando anche la notte, valeva la pena anche solo per questo traguardo”.
“Chi è steso o dorme o muore” cantavi proprio tu, nel 1990 vincendo, Sanremo. Oggi esprimi il tuo grande dolore e chiedi partecipazione. Chiedi che non esistano “Uomini soli”. È stato facile raggiungere i tuoi storici follower e portarli ancora una volta dalla tua parte quali “sostenitori 0” del progetto Rinascerò rinascerai?

“Questo progetto sta raggiungendo la gente così come lo abbiamo pensato: nel modo più bello e più profondo, come un grido di speranza che possa tradursi in forza. Lo sconforto c’è, c’è il dolore, ma la speranza di uscirne il prima possibile e il cercare di concentrarci su quanto di bello la vita ha ancora da offrirci, può essere una via di fuga. La musica ha un enorme ruolo in tutto questo; noi oggi abbiamo a disposizione questo tempo, in questo periodo in cui siamo barricati in casa: sfruttiamolo al meglio. I miei sostenitori di sempre sono stati i primi a volerci essere, nel modo più bello, con una compattezza incredibile… sono certo che non si aspettassero qualcosa del genere”.
Stefano, conosciamo il tuo talento e la tua maestria nel raccontare. Qual è stata la tua prima reazione quando hai appreso la gravità della notizia?
“Il senso di “grave” si è insinuato giorno dopo giorno, le news che i telegiornali hanno cominciato a diffondere dall’inizio della pandemia hanno sortito credo, un effetto di allarme che poi giustamente si è tramutato in paura. Quando Roby mi ha telefonato qualche mattina fa con la voce rotta dal pianto per dirmi che aveva assistito al passaggio dei camion dell’esercito che trasportavano le bare dagli scantinati del cimitero a chissà dove, mi sono sentito coinvolto e devastato e ho subito cominciato a vestire di parole la melodia che Roby aveva buttato giù di impeto e che mi aveva fatto ascoltare. In poche ore è nata Rinascerò, che vuole essere sì una preghiera, ma anche una voglia di riscatto e di speranza che tutto questo riesca ad insegnarci qualcosa”.
Personalmente e anche in quanto drummer dei Pooh, non hai mai risparmiato la tua immagine a supporto di iniziative pro ambiente. Cosa vorresti che raggiungesse la pubblicazione di Rinascerò Rinascerai?

“Mi piacerebbe che il messaggio, sebbene nato per Bergamo e per i suoi “eroi” (tutti quei medici e infermieri che stanno dedicando le loro energie oltre il limite dell’umano nelle corsie della rianimazione dell’Ospedale Giovanni XXIII) diventasse in qualche modo universale. Ci dicono che in poche ore “Rinascerò” ha raggiunto un record importante di visualizzazioni e download anche fuori dai confini Italiani, confini che questo Virus ignora totalmente e sta facendo diventare tutto il mondo un unico paese ferito dagli stessi lutti e con le stesse angosce. La speranza racchiusa nella nostra canzone penso sia l’auspicio di tutti in ogni angolo del mondo: poter “tornare a riveder le stelle” quando tutto sarà finito, con la consapevolezza però che qualcosa nella nostra quotidianità dovrà di certo cambiare, riportando magari i sentimenti e l’uomo al centro della nostra esistenza e scavalcando gli egoismi, gli interessi e le bugie che ormai da troppo governano le nostre vite”.
Citi Dio nel testo. E anche questo possiamo definirlo un tema ricorrente. Tu sei romano. Che messaggio ti ha trasmesso la benedizione urbi et orbi che ha impartito il Papa, da solo, ieri, a Piazza San Pietro?
“Un grande insegnamento. Un ritorno all’umiltà. La solitudine del Papa sotto la pioggia in quella piazza deserta e quella preghiera accorata credo abbia scosso anche le coscienze più sterili, al di là dall’essere credenti o no. Quella invocazione, ancor prima che a Dio, mi è parsa diretta agli “uomini”. Gli stessi che anche di fronte a questa tragedia, si ostinano ad anteporre la “Borsa” alla “Vita”. Un’invocazione, quella del Santo Padre, più che mai “Urbi et Orbi”: vale per noi e per il resto del mondo e rende veramente universale questa la benedizione. Come mi è venuto da scrivere nella canzone “Torneremo a fidarci di Dio”. Questa è la mia speranza”.
Molta Italia in questo momento sta dimostrando di esserci. Un sistema intero cade, si ferma, respira e deve trovare la forza di rinascere. Assistiamo, dal guscio protetto delle nostre case, ad appelli, dimostrazioni di sostegno; i social network ci informano e malinformano senza soluzione di continuità, mentre la pandemia se ne va in giro per il mondo. Quanto è importante restare logici e ottimisti? Hai paura?
“Non so se la mia è paura o stordimento, tutto sta accadendo troppo in fretta per rimanere razionali. Io mi sento favorito dalla sorte, sono segregato in quel di Roma che alla fine è un’oasi fortunata rispetto alle città più colpite. Ad assistere ai “bollettini di guerra” che si susseguono sui notiziari e alle immagini che ci arrivano dagli ospedali del nord, c’è poco da essere ottimisti.
C’è di buono che lentamente, da quando i consigli si sono trasformati in ordinanze, stiamo capendo che l’unico modo per contenere i contagi e per non rendere la vita di chi combatte in prima linea ancora più difficile, pericolosa e faticosa, è rimanere in casa!
Il nuovo tempo che questa reclusione ci regala ci stimola nuovi interessi che fino a ieri non consideravamo restando aggrappati agli alibi della “fretta”: leggere, ascoltare, spalmarci sui social a condividere e magari a fare danni, è la nuova maniera di vivere il tempo.
Questo Virus ci rende tutti tuttologhi, ognuno alimenta le proprie idee ruminando le informazioni che ci cadono addosso: superficiali, pessimisti, complottisti, scientificisti e bugiardi sono tutti al lavoro per dire la loro e stare alla fine della filiera e mantenere una propria idea non è facile.
Nel frattempo le cose accadono e l’unica cosa evidente è che i governati del pianeta, se ciò è possibile, hanno le idee più vaghe delle nostre: il Biondo Americano dice tutto e il contrario di tutto, sottovaluta e terrorizza a seconda di come si muove Wall Street.
Il Pannocchia rassicura i sudditi che dovranno abituarsi a convivere con qualche morto in casa e invoca” l’immunità di gregge”, quella roba che nei millenni dovrebbe renderci refrattari a questa pandemia, peccato che i millenni sono lunghi e qui si muore ora! Nel frattempo si è contaminato.
Il Francesino seduto davanti all’Arco di Trionfo diceva appena una settimana fa che” prima si vincono le elezioni e poi si pensa alle infezioni”, ma le infezioni non hanno avuto la pazienza di attendere.
I Crucchi che ci guardavano con sospetto per la nostra italica esagerazione: dicevano che non c’era urgenza e contemporaneamente dichiaravano lo “Stato d’Emergenza”.
Insomma, vale tutto e il contrario di tutto e alla fine, a sorpresa, l’Italia è diventata il “modello da seguire” forse tra politici, sciacalli e inconcludenti è arrivato il momento di dare retta ai Competenti”.