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June 10, 2019
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Le tecnologie per comporre e produrre musica: intervista a Silvio Relandini

Relandini è uno dei massimi esponenti delle tecnologie musicali e pioniere della didattica e dell’orchestrazione virtuale

Paolino CanzoneribyPaolino Canzoneri
Le tecnologie per comporre e produrre musica: intervista a Silvio Relandini

Silvio Relandini.

Time: 6 mins read

Tra le moltissime eccellenze italiane nel campo delle arti Silvio Relandini è uno dei massimi esponenti delle tecnologie musicali e pioniere della didattica e dell’orchestrazione virtuale; da anni infatti insegna e forma centinaia di giovani assecondando, sviluppando e studiando quel talento che aprirà la strada per un futuro di musicista, compositore, sound designer, engineering, arrangiatore e produttore musicale. Esperto di informatica e direttore dell’Istituto Italiano per le Tecnologie Musicali con sede nella capitale, Silvio Relandini forma e perfeziona sia allievi che docenti nei vari corsi avanzati a livello accademico al passo con le nuove tecnologie e innovazioni in continuo sviluppo e aggiornamento. Da pochi decenni le strumentazioni d’uso frequente, in particolare i “sequencer audio-midi”, ossia quei software che contemporaneamente gestiscono registrazione ed esecuzione di diverse tracce audio comunemente chiamati “Daw”; hanno beneficiato di uno sviluppo imponente al passo con la produzione di strumenti musicali accessibili a più tasche grazie a prezzi relativamente contenuti e hanno offerto ai giovani l’opportunità di creare anche un proprio studio “home made” senza dover investire cifre da nababbi. Una condizione che fino a pochi anni fa era del tutto utopistica e che oggi detta e consente lo sviluppo stesso della musica, dei generi e sottogeneri inseriti in contesti di mercato a livello mondiale che tendono a manipolare e a dettare il ruolino di marcia condizionando a volte la pura e immacolata espressione artistica. Qualsiasi di queste finalità legate alle tecnologie richiedono però un approccio formativo che solo competenze elevate e di spessore possono garantire. Giunti quasi alla fine del primo ventennio degli anni duemila, ci si chiede quindi quale siano oggi le esigenze dei giovani che si approcciano a queste tecnologie; quale futuro si prospetta in un momento storico di progresso repentino ad altissima e frenetica velocità.

Doveroso quindi incontrare il professore Relandini e parlarne direttamente con lui quale autorevole esponente in materia:

Chi è oggi Silvio Relandini?

“Sono una persona che si occupa di didattica delle tecnologie musicali, una persona che viene da trentacinque anni di esperienza del mestiere pur compiendo a breve 50 anni di cui una prima parte l’ho dedicata alla produzione, alla realizzazione di festival, di dischi, di film etc. poi a metà degli anni 90 ho trovato questa grande passione per l’insegnamento e da allora mi sono dedicato soprattutto a costruire dei percorsi che non fossero solamente in grado di trasmettere conoscenza ma anche abilità e competenza per poi far trovare un impiego ai ragazzi visto che ad oggi esiste ancora, seppur di meno, una grandissima distanza fra quello che è il mondo “accademico” della formazione e il mondo della produzione. Ed è questo passaggio da studente a lavoratore il punto più complesso; l’obiettivo mio infatti è proprio quello di accorciare queste distanze”.

A che punto è la tecnologia della musica oggi?

“Secondo me la tecnologia della musica oggi è ad un punto di svolta, a una possibilità di cambiare, concettualmente anche il mondo stesso della produzione, quindi della formazione. Nel senso che oggi e domani la tecnologia sarà sempre più presente nella vita del musicista, molto più di quanto si possa immaginare. Il musicista moderno dovrà essere pronto ad imparare ad essere “informatico”; per la prima volta siamo davanti ad una situazione che in un certo senso riporta i musicisti ai tempi della “computer music” degli anni sessanta dove l’artista si progettava la sua interfaccia perché non vi era un grande sviluppo delle ‘app’, e da qualche anno per la prima volta il musicista oltre ad avere davanti un immenso mercato di ottimi prodotti a disposizione, ha anche a disposizione molti prodotti che ti permettono di assemblare una personale progettualità tecnologica però per far questo serve essere in grado di scrivere uno “script”, imparare un linguaggio di programmazione, avere qualche conoscenza minima di grafica…”.

Questa sua ultima osservazione mi lancia un assist per una domanda in merito che le volevo fare: nella sua lunga esperienza come ha visto cambiare l’approccio dei giovani a queste tecnologie moderne?

“I ragazzi oggi sono più attenti a questi cambiamenti, noto una consapevolezza diversa che li porta ad essere anche più manipolatori del suono stesso, a poter definire un “routing” di un segnale audio personalizzato, li vedo maggior mente attenti a ciò che ascoltano. Hanno preso coscienza che il sistema informatico è complesso ed è fatto da tanti mestieri che si sommano e che in una situazione in cui oggi fare musica è complicato perché non ci sono finanziamenti, perché non si vendono dischi, perché suonare il più delle volte non porta i compensi pattuiti o che sarebbero giusti quindi risulta chiaro che bisogna aprirsi se si vuole lavorare nella musica anche in situazioni meno musicali e più tecniche; questo è anche il motivo perché in questi ultimi anni c’è stato un boom di corsi legati alle tecnologie musicali presso conservatori, università etc. Ricordo il mio primo corso al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma nel lontano 1994 in cui il tema era la tecnologia Midi ossia il protocollo standard che consente l’interazione tra gli strumenti musicali elettronici e il computer; e ricordo che nelle ultime file c’erano ragazzi che ridacchiavano e a loro modo disprezzavano perché totalmente indifferenti e diffidenti nell’accettare l’avvento di questa nuova e rivoluzionaria tecnologia; stessa cosa accadde nel 2009 durante un corso di orchestrazione virtuale in un Conservatorio dove trovai molto scetticismo e preoccupazione da parte dei puristi della tradizione dell’arte ma poi pian piano ci si è resi conto che è cambiato il modo di essere musicista tanto che in pochi anni la metà dei Conservatori in tutta Italia ha inserito corsi di tecnologie legate alla produzione musicale”.

Molti artisti di fama mondiale si sono espressi in merito alla professione del musicista e alle tecnologie moderne che hanno rivoluzionato il nostro modo di ascoltare musica, ognuno con un proprio parere non sempre condiviso; per fare un esempio cito l’americano David Byrne ex leader dei Talking Heads che nel suo libro “Come funziona la musica” descrive in modo oggettivo e rigoroso come la professione del musicista in qualche modo debba essere disciplinata da canoni specifici e legali come tutte le altre professioni; mentre l’ex tastierista inglese dei Roxy Music e autore di una successiva discografia antologica di musica “ambient”  Brian Eno afferma e plaude ai cosiddetti “non musicians” cioè a tutte quegli artisti che non hanno compiuto studi accademici né conservatori e nessun tipo di indottrinamento ma presi da ispirazione e puro amore per la musica scelgono liberamente di improvvisare e sperimentare avendo come unica guida il proprio orecchio, la propria intuizione e il proprio gusto. Lei da quale parte starebbe?

“Sono decisamente dalla parte di Brian Eno e ben venga che la tecnologia abbia espanso le possibilità a “non musicisti” di poter manipolare informazioni musicali ma spesso vi è un limite che viene a volte superato da un talento; nel mondo dei jazzisti, per esempio,  esistono dei mostri sacri che non sanno leggere lo spartito, cosi come per molti altri generi musicali la stessa cosa; non serve sempre la rigidità assoluta ma è pur vero che in certi percorsi e per ottenere determinati risultati serve comunque una formazione che aiuti a fornire una ulteriori direzioni ma senza dubbio è meglio poter disporre di più risorse e più scelta”.

Mancano due anni alla fine del primo ventennio duemila, ci può anticipare qualche importante novità che vedrà la luce nei prossimi mesi?

“La novità più grande prevista è l’introduzione del Midi 2.0 che rivoluzionerà praticamente tutto. Una evoluzione che attendiamo da almeno 25 anni; una evoluzione decisamente necessaria; in questi anni sono arrivate nuove tecnologie relative alla performance molto innovative dove per esempio nelle tastiere si supererà il limite imposto dai tasti stesso arrivando ad un qualcosa dove sarà possibile aggiungere vibrazione, modulazione, inviluppi di frequenza che porteranno all’esigenza di automatizzare sotto il tocco delle proprie dita una serie di messaggi che normalmente richiedono una programmazione differenziata; il Midi 2.0 serve proprio a questo; decidere mentre si suona che quella tecnica equivale ad uno staccato piuttosto che ad un sostenuto o ad un pizzicato o un legato; il sistema dovrà essere in grado di riconoscerlo in tempo reale per cui la grande rivoluzione del Midi sta proprio in questo, sta nel fatto che io poi collegando la tastiera ad una tecnologia esista una “auto mappatura” delle funzionalità di controllo che consente anche uno scambio di informazioni tra diversi strumenti in tempo reale di intelligenza artificiale per cui una tecnologia comprende le funzioni dell’altra. Una interazione sempre più vicina in tempo reale”.

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Paolino Canzoneri

Paolino Canzoneri

Paolino Canzoneri nato a Noto (SR) nel 1966 e residente a Palermo. Giornalista iscritto all’Albo dei Giornalisti di Sicilia. Da diversi anni collabora con diverse testate giornalistiche regionali e nazionali con commenti, analisi e riflessioni di attualità, politica, economia e musica con un occhio puntato a Sud. Il suo giornalismo rispecchia un’enclave culturale indipendente e trasversale del pensiero critico ma moderato con introspezioni aventi lo scopo di stimolare per quanto possibile la percezione del presente cercando di offrire una visione cristallina e fedele della realtà.

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