“Ma sai che vive a New York…”
“Chi? Lui? Ma davvero?”
“Sì, certo, va sempre in un posto a Red Hook”
“Magari lo incontro”
Arrivata da poco in questa grande immensa città ho ricevuto un elenco aggiornato (e ricco di leggende metropolitane) sugli italiani famosi che hanno scelto New York come casa. Si dice in giro che anche Jovanotti “fidati, sta da queste parti”, indicando un generico punto su Brooklyn che vuol dire tutto e niente. Mi viene in mente “Gli immortali” (2015) ambientato in una strada deserta e innevata dopo l’alert per una tempesta sulla città, per fortuna mai arrivata. Nel mezzo, ballerino e pazzo, Lorenzo “Jova” Cherubini, il tipo di cantautore, e dj, che associo alla spensieratezza estiva, ai viaggi in auto sull’A4, a tutti quei frammenti d’Italia che ho lasciato per vivere qui, nella Grande Mela, e al girare il mondo in modalità avventura, senza chiudere mai le porte.
Oggi “Oh, vita!”, il primo singolo del suo nuovo album, segue il flow e scorre su un ritmo rap (che qualcuno definirebbe “delle origini”), una scelta che mette in primo piano il beat, le citazioni, un brainstorming libero e senza limiti, e Lucio Dalla, in chiusura, che irrompe con la sua voce e gratta la musica. L’inno alla vita perché vuoi l’età (Jovanotti ha 50 anni), vuoi le tue esperienze e gli anni che stiamo vivendo, ma sei circondato naturalmente dalla morte, e hai la percezione che ci sia solo quella. Non è vero. «Stamattina ho riascoltato Xxxxxxxxxxx* e mi sembra proprio bella, semplice, diretta, calda, adatta e senza tante moine. Non è un pezzo che passa alla storia ma in mezzo a tutto questo bullismo musicale e di “simpatia” insopportabile che si sente in giro ha l’aria di poter essere un’isola di goduria in un mare di facce tese e di sorrisi tirati.»
Lorenzo è un artista che, vi piaccia o no, sperimenta, ma anche e soprattutto prova a esporre la propria musica come un’opera d’arte a tutto tondo, digitale e analogica, unendo il più tradizionale dei mezzi all’ultima innovazione sul mercato. Fu lui a creare un album la cui copertina era stata realizzata da Maurizio Cattelan, l’emblema della fusione di due correnti artistiche che si mescolano, e della valorizzazione di uno strumento vintage come il libretto dei testi, per non parlare del cd stesso, a cui si va ridando valore come a un feticcio.
«Ogni volta devo alzare la benedetta asticella e gettarmi in qualcosa di nuovo che mi faccia diventare matto. Se fossi nato con la voce di Adele non starei a menarmela più di tanto, può darsi, canterei e basta, invece sono sempre qui a sbattermi.»
Il fascino sta anche qui: non ho solo prodotto un album, non ci sono semplici hit da passare in radio, apri Pandora ed esplora tutto quello che offre il mondo. Ecco perché per il lancio di quest’ultimo disco, “Oh, vita!” appunto, è stato aperto a Milano il Jova shop, con file chilometriche per acquistare vinili e gadget, ma non solo: una Jova tv, un salottino e ospiti di ogni natura a parlare, scambiare idee, portare un contributo. Possiamo quindi parlare solo di “uscita del nuovo album” o di un singolo? Si esaurisce tutto qui o c’è dietro un esperimento (ben riuscito) per non morire sotto la pirateria, lo streaming monocolore e i concerti macchietta di se stessi, dove ripeti all’infinito bella come una mattina ciao mamma guarda come mi diverto e via il karaoke? È un tentativo artistico di ampio respiro, che stavolta ha visto la collaborazione di un produttore come Rick Rubin e una villa in Toscana per raffinare il suono delle demo.
«Spesso ho paura che tutto questo disco sia un trip solo mio, per come non è allineato al suono radiofonico di oggi e alle cose che occupano i primi posti dello streaming.»
E poi assieme al disco arriva un libro, SBAM! (Mondadori), un diario eclettico e animato, tutto quello che avete letto finora arriva da lì: io stessa l’ho capito grazie a

questa lettura, anche se lo sto definendo nel modo sbagliato. In mano ho una rivista letteraria, non un libro, una raccolta di pensieri artistici e scazzi, con contributi di autori, giornalisti, poeti, studiosi che mai avrei associato all’ultimo disco di Jovanotti. Spunta Telmo Pievani, che parla di evoluzione, e accanto Dave Eggers, che si presenta da sé, e a seguire Vasco Brondi e Zadie Smith e Franco Cava, citazioni di Pynchon associate a Don Chisciotte. Nel mezzo, a colloquiare con le parole, fotografie, scarabocchi, inserti di graphic design notevoli.
Semplice nei contenuti, senza alcuna pretesa (perché averne, dopotutto, non è un romanzo, non è un manifesto letterario per le nuove generazioni), variegato e libero. Lorenzo a ruota libera, come se stessimo prendendo un caffè uno di fronte all’altro, molta onestà intellettuale e pochi finti sorrisi. Pezzi di testo, qualche maceria autobiografica, spiegazioni su come è nato l’ultimo lavoro e colloqui familiari: così possiamo avere un quadro completo della strada che ha fatto una parola, o una persona, per arrivare al punto in cui è.
Ed è lì che ho un’epifania: davanti ho un voluminoso libretto cd, quella cosa che visto che non va più di moda Jova la rimette in circolo, la ingrandisce, la modella e ti dice: oh, senti qua, la musica senza i contorni del viaggio che ha fatto non la puoi capire davvero. Servivano a questo quei libretti, con i ringraziamenti e le fotografie in studio e, a volte, i testi da cantare e imparare. O no?
(Tutte le citazioni sono tratte dal libro SBAM! di Lorenzo “Jovanotti” Cherubini, edito da Mondadori e uscito a dicembre 2017)