Il suo quarto album uscirà il 25 settembre, ancora una volta per la prestigiosa Domino. Si intitola Have You in My Wilderness e sarà accompagnato da un tour che si aprirà a San Diego il 6 ottobre per poi spostarsi nel resto degli USA e del mondo con un paio di apparizioni in Giappone e Australia. Julia Holter non è più da un pezzo una giovane promessa. Ha compiuto trent'anni da qualche mese e il nuovo disco arriva ad appena due anni dal meritatissimo clamore di Loud City Song, celebrato da fan e appassionati di tutto il mondo. I primi due estratti Feel You and See Calls My Home mettono in luce un mood più pop rispetto a quelle alchimie avanguardistiche che hanno sempre caratterizzato il suo songwriting.
Nata e cresciuta a Los Angeles, come spesso accade, è la sensibilità musicale dei suoi genitori ad essere decisiva fin dai primi anni di vita. Entrambi sono due storici, ma il padre di Julia, Shammas Holter, è anche un chitarrista e bizzarro songwriter di pezzi incentrati sul lavoro e i minatori (suo oggetto di studi e ricerche da storico). La figlia inizia invece a suonare il pianoforte a otto anni e a scrivere, appena sedicenne, i suoi pezzi. Oltre ad avere una certa predisposizione per la composizione, benché ancora acerba e improvvisata, Julia ha una voce affascinante nel suo timbro algido ed elegante. Tuttavia agli albori si dedica a brani strumentali, anche perché si iscrive al California Institute of the Arts di Valencia dove intraprende percorsi di studio in musica elettronica. Qui studia composizione insieme a dei maestri di culto dell'ambiente, come Michael Pisaro.
Una volta laureata, inizia a scrivere senza sosta. La sua passione è il grande compositore d'avanguardia John Cage, ma grazie ai suoi studi cerca di attualizzarne sonorità e intuizioni. Le sue prime produzioni ufficiali risalgono al 2008, tra collaborazioni varie e comparse in compilation californiane. Nel 2009 lavora al fianco del team Dublab in un volume che raccoglie serie di vinili in loop. Reinterpreta pezzi legati alla tradizione indiana e birmana e collabora con Nite Jewel e Linda Perhacs, partecipando ad altre raccolte-compilation che includono anche in brani di Keith Fullerton Whitman ed Eluvium.
Finalmente nel 2011 esce il primo disco a nome Julia Holter, Tragedy, che mette in luce il suo talento di polistrumentista e compositrice. Ancora ostica, la sua formula musicale vale accostamenti a Laurie Anderson, Kate Bush e Julianna Barwick.
Meno di un anno dopo, arriva il secondo episodio della sua carriera, Exstasis, sempre ambientale e sperimentale, ma un po' più accessibile rispetto all'esordio e ai suoi esperimenti agli albori della sua brillante carriera. Le armonie sono complesse e figlie di giganti quali Arthur Russell, ma le sonorità risultano intriganti anche per i meno abituati all'avanguardia.
Ci sono tutti i presupposti per la svolta, che arriva con l'incredibile affresco di musica pop contemporanea Loud City Songs, datato 2013, il primo registrato con altri musicisti, dopo i due album registrati in piena tradizione bedroom. Ispirato a Gigì, romanzo breve di culto di Colette, incanta per i suoi spunti eterogenei che variano tra pop elettronico, fol e jazz. La voce di Julia, che per qualche tempo si lega sentimentalmente a Matt Mondanile (titolare del progetto Ducktails e chitarrista dei Real Estate), a tratti lascia a bocca aperta e le melodie, tra momenti mistici e incursioni esoteriche, costruiscono un concept solido da songwriter ormai navigata. Prima del nuovo disco in uscita, collabora in un brano del nuovo album dei Ducktails.
Dai primi ascolti, Have You in My Wilderness ha tutte le carte in regola per far accrescere la sua popolarità. Ma, possiamo scommetterci, Julia non si fermerà e probabilmente starà già pensando al passo successivo.