Tra i suoi meriti, l'indie americano contemporaneo, da più sponde vituperato, ha avuto, tra le tante contaminazioni e derivazioni, quello di rimettere in pace mondi considerati a sé stanti. Il progetto The War On Drugs, attivo da più di mezzo decennio, è sempre riuscito a trovare un inaspettato punto di raccordo tra due mondi che negli anni Ottanta si trovavano quasi agli antipodi: le influenze rumorose e lo-fi di psichedelia e indie rock degli albori, con i grandi classici del folk-rock del filone “americana”.
The War On Drugs nasce nel 2003 dall'incontro tra Adam Granduciel, trasandato songwriter e compositore del Massachusetts trasmigrato da Oakland, California a Philadelphia e la sua ideale anima gemella musicale nostalgica e trasandata, Kurt Vile. I due pare si incontrino a un party, etilicamente già molto avanti coi lavori. E un po' casualmente, tra un drink e l'altro, scoprono la passione comune per Bob Dylan, tuttora uno dei maggiori punti di riferimento del Vile solista, esploso dopo una lunga gavetta grazie agli ultimi due album distribuiti dalla storica etichetta Matador. Il nome non ha particolari riferimenti iconografici o contemporanei. La formula The War On Drugs è nella testa di Adam dai tempi di Oakland, quando lo sceglie come nome definitivo del suo progetto preferendolo all'ultimo momento al più bizzarro e rustico The Rigatoni Danzas.
A Granduciel piace Roy Orbison, Crying è il suo brano preferito di tutti i tempi, ama i classici d'annata, il country, preferisce suonare nella periferia della periferia musicale e scrivere pezzi sulla strada. Da Philadelphia inizia ufficialmente la loro avventura nel 2005, quando i due capelloni decidono di abbandonare con riluttanza i rispettivi lavori occasionali per darsi a tour infiniti in ogni angolo della città. Arrivano ovviamente a suonare ovunque nella East Coast. Dopo un live a New York si accorge di loro la Secretly Canadian, influente etichetta di Bloomington, Indiana, che decide di distribuire il primo EP del 2007, Barrel Of Batteries, già messo online dalla band e poi il successivo esordio su LP, Wagonwheel Blues, ancora molto vicino alla tradizione come si può evincere dal titolo (blues della ruota del carro). Si percepiscono subito venature ondivaghe che oscillano tra i Sonic Youth, Neil Young e grandi classici quali il già menzionato Dylan e Bill Fay. La voce è folk, le chitarre quasi noise, le tastiere rimandano alla tradizione kraut e psichedelica soprattutto nel secondo album, quello della consacrazione internazionale, Slave Ambient, del 2011.
Dopo l'abbandono dei due compagni d'avventura Kyle Lloyd e Charlie Hall e di Kurt Vile, comunque co-autore e chitarrista in due dei dodici brani della raccolta, The War On Drugs diventa una creatura sempre più a immagine e somiglianza di Granduciel che mette in luce la sua musa ispiratrice psichedelica in una sorprendente trasfigurazione psych di Bruce Springsteen. Ascoltando brani come Brothers e Baby Missiles, sembra veramente di avere a che fare con il revival dell'anima più inquieta e sperimentale del Boss. In formazione rimane Dave Hartley è con lui quella tendenza alla dilatazione dei brani che segna trasversalmente i brani da primi U2 e quelli vagamente Velvet Underground. In tutto ciò il timbro “americana” di Granduciel spadroneggia in uno degli album da road trip più intensi e avvolgenti degli ultimi anni. Ne passano poco meno di tre, di anni, e dopo numerose tappe sui palchi e nei festival più importanti del mondo, Adam si rifugia in studio. Presenta il terzo album come espressione di uno dei momenti più confusi e difficili della sua vita. Solitudine, senso di vuoto e paranoia sono i temi ricorrenti nella lunga fase di gestazione. Il sogno, a partire dal titolo Lost In The Dream, diventa, dopo la parentesi di stanza a Manhattan, il nuovo rifugio della prolifica vena artistica di Granduciel.
Sulla falsa riga del secondo lavoro in studio, The War On Drugs accentua quei tratti psichedelici ossessivi, soprattutto nelle ritmiche, ma suonano sempre di più come The War On Drugs e nient'altro. Si sganciano quasi definitivamente dal folk, ma i testi e le atmosfere suburbane della voce sempre più matura di Granduciel rendono il prodotto al tempo stesso fresco, maturo e figlio della tradizione. Red Eyes sembra il diretto sequel di Slave Ambient. In Eyes To The Wind il sollievo e le buone sensazioni si perdono subito nella crisi di solitudine e depressione. Tra estasi e incubi notturni. Presentando Lost In The Dream, Adam ha consigliato di spararselo in auto in un viaggio verso il nulla. Ascoltandolo in tutte le sue spazialità espanse sembra il miglior modo per esorcizzare gli spettri di quello che si preannuncia uno dei lavori cantautorali più originali e intensi di quest'annata. Idealmente in viaggio da South Street, cuore di Philadelphia, verso la pace bucolica, insieme a Granduciel e The War On Drugs.
The War on Drugs sono attualmente in tour negli States e a maggio arriveranno in Europa.