L’altra settimana ho concluso il mio ragionamento sostenendo che c’è la Civiltà Occidentale e poi ci sono le altre. Davanti alle barbarie a cui stiamo assistendo in Ucraina, dovremmo chiarirci cosa significhi il termine civiltà. Finché adottiamo il sovra principio del politically correct, rispettiamo tutti i popoli indistintamente, anche quelli che civili non sono poiché non rispettano l’essere umano non avendo i nostri medesimi valori. Non possiamo giudicarli con i nostri parametri morali e culturali, perché noi non siamo loro.
Il ministro degli esteri ucraino ha detto che Putin rispetta la forza e non la debolezza. Ci ha esortato a non essere accondiscendenti. Quindi la gentilezza può essere fraintesa. Solo se riusciremo a capire la loro lingua, cioè come si comportano i russi, secondo quali valori, sapremo come trattarli e non soccomberemo.
Ma per fare ciò dobbiamo risalire alle basi etiche della nostra cultura occidentale. Io non ho aperto il web, ma il mio vecchio dizionario di latino Castiglioni Mariotti, perché solo sfogliando le pagine per cercare le parole e collegarle insieme, si può avere una risposta. Si tratta di fare un processo analogico e deduttivo.
Civiltà non è semplicemente essere cives, cittadini, la prerogativa di coloro che abitano nell’urbe, in città. Quando un antico Romano orgogliosamente diceva “civis romanus sum”, non intendeva che era un cittadino nato a Roma, uso ai modi urbani della capitale del mondo, ma che era civilizzato perché sentiva l’appartenenza ai costumi romani, anche se era nato per esempio in Tracia.
La civiltà di un popolo si deduceva dalla sua umanità che derivava dal suo culto, il quale si basava sugli antichi valori morali che l’avevano creato. Infatti per parlare di civiltà di un popolo si diceva “cultus humanus et civilis”, il termine era composto ma ben chiaro, e la gente priva di civiltà era “gens moribus incondita”. Incondita significa mal composta insieme, disordinata, rozza e – perfino – non sepolta. Quindi le genti prive di costumi morali non avevano un ordine etico di valori che potesse formargli una coscienza.

Quale valore volete allora che dei rozzi militari russi, provenienti da zone lontane come la Siberia, possano dare all’essere umano e di conseguenza alla sua sepoltura? Ragazzi incolti e poverissimi che sono stati indottrinati dal regime a trucidare il “nemico nazista”, razziarne i beni (anche un comune telefonino) per diventare ricchi. E’ lo stesso sistema che usò il comunista Tito arruolando orde analfabete di montanari balcanici, per conquistare l’Istria e la Dalmazia nel dopoguerra. Gli eccidi efferati erano i medesimi che avete visto ora e non serve elencarli. Ho appena letto la ripubblicazione, a cura dell’Unione degli Istriani di Trieste, del libro Tito senza maschera scritto da un giornalista anonimo nel 1947, che sosteneva che Tito fosse russo perché il suo accento, quando parlava in croato, era russo, inoltre nessuno lo conosceva nel suo presunto paese natale vicino a Zagabria. Il che fa capire molte cose di Putin e pure che bisogna conoscere la storia per sapere cosa ci si può aspettare dai dittatori.
Ritornando al latino per concludere il ragionamento, comitas invece era la civiltà del singolo individuo che si manifestava nella cortesia e nella benevolenza. Civilizzare si diceva “ad humanitate informare”, infatti un popolo barbaro doveva essere condotto “ad humanum cultum”. Cos’era l’humanitas? L’umanità erano i sentimenti umani, era sinonimo di benevolenza, cortesia, cultura, educazione, civiltà. Cicerone ammoniva da un lato di indagare l’essenza della natura umana e dall’altro di non spogliarsi della qualità di uomo. Bisognava fare il proprio dovere di uomo secondo l’umano sentire. Ma se questo difettava? Ferus era l’aggettivo che caratterizzava sia l’animale selvaggio che l’uomo barbaro, incolto. Cicerone sosteneva che “tra gli uomini non c’è una nazione sia civilizzata sia selvaggia”.
Civitas era la condizione di cittadino, il diritto di cittadinanza che egli acquisiva dopo aver concluso il suo percorso di civilizzazione attraverso l’acquisizione di leggi morali e civili; con lo stesso termine si definiva una nazione, uno stato.
Il latino era molto più chiaro dell’italiano e delle lingue moderne che, avendo perso queste distinzioni linguistiche, hanno accomunato genti che non hanno nulla di comune tra loro. Quando una lingua semplifica troppo, è povera e anche il pensiero lo è.
Ergo la risposta è, secondo me, che non si dovrebbe usare il termine civiltà dove non ci sono codici civili che tutelano i diritti fondamentali di libertà e di esistenza. Nemmeno dovremmo porci il problema se i nostri valori sono quelli giusti. La verità è nella nostra storia: per arrivare ad essere civili, noi occidentali, abbiamo affrontato un lungo e faticoso percorso.