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September 14, 2019
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Scheggia n. 4: due lontananze che si fanno compagnia

Il quarto di un ciclo di 46 racconti brevi, "Schegge", capaci di catturare l'attenzione del lettore e validi strumenti per lo studio dell'italiano

Maria MorrealebyMaria Morreale
Scheggia n. 4: due lontananze che si fanno compagnia

Foto di Angela Yuriko Smith da Pixabay

Time: 4 mins read

Quando si pensa ad un libro si pensa che dentro ci sia chissà quale storia. Magari è la storia di una persona normale.

Normale. Cosa intendiamo per persona normale? Io sono nata in una famiglia normale. In verità non era poi così normale come avrei voluto che fosse. Ma pensiamo ad una persona che cresce in una famiglia normale, studia, si diploma. Gli anni passano e si laurea, trova un lavoro, un marito. Viaggia, fa un figlio. Passa attraverso una separazione e un divorzio… è normale? Poi un giorno, camminando sotto i portici di Bologna si ritrova a pensare ad un amore di gioventù. Mentre lui, l’amore di gioventù, proprio nello stesso istante, sta pensando a lei. Ripensa all’ultima sera, quella dell’addio e dei baci struggenti. Lei invece ripensa al primo incontro amoroso.

Il primo incontro era avvenuto anni addietro. Quel ricordo appartiene al momento in cui ognuno confessa all’altro il proprio amore.

Sono giovani. Giovanissimi, non ancora ventenni.

Sotto i portici ognuno, nella propria città ripercorre mezzo secolo della propria vita. È normale tutto questo?

In questa storia non ci sono vittime né assassini. Ci sono due persone normali che, camminando da sole sotto i portici di due città diverse, per un attimo si ritrovano uno accanto all’altra.

“Come stai?” Chiede lei con il sorriso della ventenne di allora.
“Come vuoi che stia.” Risponde lui con i suoi settant’anni alle porte.
Lei va a testa alta. È una bella giornata, cammina sotto i portici e lascia il sole sulla strada. Non fa freddo.
Lui cammina sotto i portici della sua città del nord, fa freddo. Nella strada e dentro al cuore. Entrambi sono da soli, ma si tratta di solitudini diverse.
“Come stai?” Chiede ancora lei.
“Come un vecchio che preferisce continuare a lavorare”.
Anche nella sua città il sole è sulla strada, ma è un sole pallido e in più tira vento.
Ha già camminato per un’ora, le sue gambe sono stanche e la stanchezza traspare sul suo viso. Lei cammina da alcuni minuti, ma pensa che continuerà con la sua passeggiata ancora per una mezz’oretta.
“Hai lavorato anche oggi?” Chiede lei col viso serio.
“Sì, non saprei fare altrimenti.”
“Anche oggi che è sabato?” Insiste la donna.
“Cosa ha di diverso il sabato? Sapessi quante persone lavorano il sabato. È che c’è gente convinta che il sabato non si debba lavorare e lo vivono come un diritto. Ma lo sai che c’è gente che lavora anche la domenica?” Finisce questa frase e sembra in guerra col mondo intero.

È ancora alto e ha le spalle ricurve, porta sul naso pesanti occhiali da miope, è sempre con le sopracciglia corrucciate. È proprio in guerra col mondo.

Lei lo guarda con leggerezza e vede soltanto un uomo infelice, imbronciato. Un uomo di settanta anni che pur avendo vissuto momenti bellissimi e amori struggenti, non riesce proprio a percorrere il proprio cammino sotto i portici con la leggerezza dell’essere.

“Che c’entra Kundera?” Pensa lui sempre pronto allo scontro.

Nei momenti dell’amore, negli anni dell’amore, nei giorni dell’amore era tutto diverso. E quei momenti ci sono stati, così come ci sono stati gli anni e i giorni.

Con donne diverse e in momenti diversi, ma in quei momenti era dolcissimo. In pace col mondo e forse anche con se stesso. In parte, almeno, lo era.

Kundera e la sua insostenibile leggerezza. Lui non approva quel riferimento. Lei lo stuzzica. Ma lui è ormai troppo vecchio.

Entrambi sono vicini ai settant’anni. Lui non sogna più nessun nuovo amore. Di tanto in tanto ripassa gli amori finiti.

Lei sogna di tutto.

Adesso si fermano, sono uno accanto all’altra. Lei sente il profumo della sua pelle e si guarda intorno. Sa che lui è lì. Da qualche parte.

Lui rallenta il passo. Sente la mano di lei vicino alla sua.

Adesso sono fermi. Si guardano intorno. Non hanno bisogno di chiudere gli occhi per vedersi. Si vedono anche se si trovano a chilometri di distanza

C’è da chiedersi che valore abbia il tempo, e quale valore lo spazio, se due persone si possono pensare allo stesso momento e si vedono una accanto all’altro.

I due riprendono il loro cammino e nella loro mente si affacciano i pensieri del quotidiano. “Mangerò un boccone fuori. In fondo è una bella giornata.”
“Cucinerò della verdura. Oggi fa proprio freddo.”
Lui si stringe adesso nelle spalle. È solo. Ancora un altro giorno da solo.

Chissà dove sarà oggi? Si chiede lui per un attimo. Ma è un attimo. Poi ritorna a pensare alla minestra di verdure. Sì, una minestra calda. Bisogna scaldare questo cuore freddo. Non sa più pensare cose belle e guardandosi intorno vede solo le brutture del mondo che lo circonda.

Punti di vista diversi.

Lei cammina senza una vera meta. Ha deciso che prenderà un boccone da qualche parte. Per un attimo lei si domanda se anche oggi lui ha deciso di lavorare. Sarà fuori città? O a casa a scrivere una relazione sull’ultimo lavoro svolto?

La giornata sembra scorrere serena. Ognuno dei due ha fermato le immagini del passato e le ha riposte in un angolo nascosto della propria mente. Del proprio cuore.

È sera quando lei ritorna in albergo. Ha mangiato qualcosa fuori, è un po’ stanca ma è serena. Ripensa alla passeggiata sotto i portici, ancora un giorno e poi rientrerà a casa, nella sua città. Allora penserà a lui più spesso. Anche dopo cinquant’anni continuerà a dargli il buongiorno appena sveglia al mattino e la buonanotte prima di addormentarsi.
Lui, anche dopo mezzo secolo continuerà a sognarla, così come ogni tanto sogna delle altre donne che gli sono state compagne lungo il cammino della sua vita.
Quando lui si infila tra le lenzuola ha dei brividi. Non è freddo, è solitudine. Cerca di avvolgersi coprendo tutto il corpo. La sognerà anche stanotte? Sognerà delle altre donne o anche di qualche amico di gioventù? È stanco e chiude gli occhi.

Lei vorrebbe allungare il proprio viaggio e passare a trovarlo, ma non è certa che la sua visita possa essere ben accetta. Sarebbe una sorpresa. Lui non ama le sorprese, con gli anni ha perso l’anima giovanile. È un saggio, un uomo vecchio e assennato. Gran lavoratore. Un uomo che ride con la U, raramente in modo aperto e raramente con le altre vocali.

Ultima passeggiata in centro, domani il rientro.
Mi piacerebbe fare una deviazione. Proseguire verso nord. Forse è una pazzia. Meglio evitare.
Forse lui non gradirebbe.

Forse se lei venisse qui e mi facesse una sorpresa potrebbe piacermi. Forse. Forse no.
Meglio dormire. Domani devo rimettermi in viaggio per lavoro.

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Maria Morreale

Maria Morreale

Maria Morreale è nata nel 1953 a Palermo, dove vive tuttora. Laureata in lingue e Letterature straniere, si è sempre dedicata alla scrittura di racconti brevi. Da qualche anno in pensione, trascorre le giornate dedicandosi alla stesura di racconti brevissimi indirizzati prevalentemente a chi ha poco tempo per leggere e a chi vuole imparare la lingua italiana attraverso strumenti diversi.

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