Quante volte la vista di un oggetto ci riporta alla mente luoghi, situazioni, persone. E tante volte assegnamo proprio agli oggetti il valore del legame e del ricordo. Nelle comunità di immigrati questi legami si fanno ancora più significativi e hanno a che fare con la conservazione della cultura, della tradizione e dell’identità stessa. Per questo il John D. Calandra Italian American Institute ha dedicato la sua ultima conferenza annuale al tema Migrating objects. Material Culture and Italian Identities, intorno al quale, l’ultima settimana di aprile, si sono riuniti a New York studiosi e ricercatori da varie parti del mondo. In quattordici sessioni per un totale di 40 interventi, gli esperti hanno sviscerato il tema toccando campi che vanno dal tessile alla stampa, dall’artigianato all’oggettistica religiosa fino al cibo, immancabile quando si parla di immigrazione italiana.

Joseph Sciorra, Director for Academic and Cultural Programs, che ha organizzato la conferenza, spiega: “La cultura materiale e la vita sociale degli oggetti stanno diventando temi molto importanti nella ricerca accademica. E soprattuto negli studi della diaspora, non solo italiana in America. Qui per esempio abbiamo ricercatori che si sono occupati della migrazione di oggetti legata al colonialismo italiano”.
Scopo della conferenza del Calandra è stato esplorare i diversi modi in cui gli oggetti vengono utilizzati per comunicare, conservare il ricordo e sviluppare l’identità individuale e collettiva. “Gli oggetti sono cose inanimate, senza vita – continua Sciorra – ma siamo noi che ogni giorno li carichiamo di significati e di potere. E così ci definiamo attraverso gli oggetti che possediamo o negli oggetti che creiamo”.
Siamo circondati dagli oggetti, tutto quello che facciamo, le nostre attività private e sociali comportano l’uso di ogni tipo d’oggetto. I significati li creiamo noi. E ogni cultura ha i suoi. Per questo nei movimenti di popoli e culture l’oggetto assume una rilevanza particolare, a prescindere dalle qualità intrinseche all’oggetto. Spiega Sciorra: “Alcuni degli oggetti di cui si è parlato in questa conferenza sono oggetti con un valore reale, come per esempio un anello d’oro, o che sono realmente geograficamente collegati con l’Italia, come per esempio la caffettiera scelta per la locandina che è legata a una specifica area, a una regione. Altri oggetti di cui si è parlato non hanno alcuna funzione se non quella estetica. O possono non avere un legame diretto con una zona geografica. Si è parlato di cose che vanno dal ricamo fino a un quartiere”.
Se è vero che esiste una sorta di iconografia dell’immigrazione che comprende una serie di oggetti simbolo, è anche vero che le connotazioni affettive e identitarie possono andare ben oltre la reale origine di quell’oggetto. La riflessione sulla cultura materiale delle migrazioni è quindi inevitabilmente multidisciplinare e transnazionale. “Lo stesso oggetto in due contesti diversi può avere significati o addirittura usi diversi. Quello che gli italiani hanno fatto con certi oggetti qui negli USA può non essere la stessa cosa che hanno fatto con gli stessi oggetti in Venezuela, per esempio. Lo stesso oggetto porta significati diversi in contesti diversi. Quindi riflettere sulla cultura materiale diventa anche un modo per ampliare la nostra comprensione dell’Italia come nazione di immigrazione e anche della comunità italo americana in relazione alle altre comunità immigrate”.
Finalità che sono nel DNA del Calandra che, sempre più, vuole diventare luogo di riflessione e studio sulle migrazioni italiane nel mondo, oltre i confini nazionali e della comunità italoamericana. L’anno prossimo l’esplorazione continuerà sulla stessa lunghezza d’onda. Il tema scelto per l’edizione 2017 della conferenza annuale del Calandra Italian American Institute è Italian Sonorities and Acoustic Communities: Listening to the Soundscapes of Italianità. “Vogliamo riflettere su cosa significa essere italiani nel mondo a livello di suoni, di ambiente sonoro. Questo comprende la musica, comprende la lingua, ma anche il rumore, chessò, il traffico di Roma”, conclude Sciorra.
Può una comunità definirsi attraverso i suoi suoni? Cosa ci dicono i rumori di un luogo sulle persone che lo abitano? Ci sono suoni caratteristici di una specifica cultura? E quali sono i suoi dell’italianità? Lo scopriremo l’anno prossimo, dal 27 al 29 aprile. C’è tempo fino al 16 settembre per candidarsi a partecipare.