“L’Imperatore” non è solo un ritratto di Donald Trump. È un manuale geopolitico abilmente travestito da reportage narrativo. Un libro che racconta con occhio del cronista e la penna di un acuto analista il secondo mandato dell’uomo più divisivo del nostro tempo.

Claudio Pagliara, storico corrispondente della Rai, mette in campo tutta la sua esperienza internazionale per ricostruire l’architettura del potere trumpiano, e i suoi effetti su un’America che Donald Trump con maestria è riuscito a dividere.
Il libro si apre con una scena simbolica: lo Studio Ovale trasformato nella sala del trono di Versailles da Luigi XIV. Un trono imperiale, con stucchi dorati, mobili ridisegnati, ritratti strategici (McKinley, Reagan, ma anche la famigerata mugshot dopo l’arresto ad Atlanta) e soprattutto una narrazione di sé stesso come martire salvato dalla storia. Trump, suggerisce Pagliara, non governa: regna. Da qui il titolo. Da qui la provocazione.
Ma “L’Imperatore” non è un esercizio di stile. È un viaggio nei meccanismi reali della dottrina America First 2.0, molto più radicale della sua prima versione. Con pagine dense, ben documentate e incalzanti, Pagliara esplora i punti cardinali della nuova era: dazi, isolamento selettivo, fine del soft power, attrito permanente, divisione e scontro con l’establishment e un uso politico della forza che assomiglia a una trattativa aziendale per il rinnovo del contratto con i sindacati.
Pagliara non fa sconti. Né a Trump, né ai suoi oppositori. Il quadro che emerge è un’America che ha rinunciato a mediare per tornare a imporre, in patria e nel mondo, rompendo alleanze e trattati. Ma anche un’Europa debole, spettatrice passiva, incapace di rispondere alla sua politica estera disegnata col compasso dell’interesse immediato.
Tra le righe, la domanda implicita del libro è: e se “l’imperatore” avesse ragione? Se il suo approccio brutale ma coerente fosse più adatto a un mondo dove i trattati saltano, le guerre si ripropongono e la diplomazia perde ogni ritualità confrontata dall’interesse immediato, con il beneplacito del consenso popolare.
“L’Imperatore” è un libro informativo per chi vuole capire l’America contemporanea, ma soprattutto per chi vuole leggere la politica internazionale.

Il suo Trump non è solo un personaggio: è una lente, un riflesso, un detonatore. E forse — questo è il messaggio più disturbante — un precursore di una nuova politica non più basata sulla coesione, ma sulla rivalità.
Con uno stile asciutto ma evocativo, Pagliara restituisce al lettore la sensazione di trovarsi dentro i palazzi del potere, tra briefing riservati, alleanze spregiudicate e colpi di scena degni di una serie TV come House Of Cards. Ogni capitolo è un tassello che compone il mosaico di questa America in trasformazione, dove la democrazia viene riscritta nei termini di una narrazione personale, e la geopolitica assume la forma di una campagna permanente.
“L’Imperatore” non si limita a raccontare un uomo: racconta una visione del mondo che potrebbe diventare — volenti o nolenti — il nuovo paradigma del nostro tempo.
E proprio per sottolineare questa dimensione quasi monarchica del suo potere, c’è un dettaglio rivelatore che Pagliara racconta con precisione: durante il suo primo mandato, Trump fece modificare l’arredo dello Studio Ovale con l’intento di trasformarlo in una sorta di sala del trono. Tra i cambiamenti più emblematici, spicca una sedia dorata, in stile barocco, posizionata per gli scatti ufficiali e le visite di Stato — più simile a un trono da monarchia assoluta che a una poltrona da presidente democratico. Un gesto estetico? Forse. Ma anche una dichiarazione visiva del potere: Trump non si concepisce come un amministratore temporaneo, ma come una figura centrale e permanente, quasi sacralizzata. Quel trono nella Casa Bianca non è un’ossessione kitsch: è una scenografia della sua visione. Ed è proprio questa teatralità che è il filo conduttore del libro che fa un viaggio nella dottrina di America First
Pubblicato da Edizioni Piemme, il libro è un acuto saggio politico‑giornalistico che unisce una attenta analisi allo stile narrativo, adatto a un pubblico adulto e attento ai grandi temi del dibattito internazionale e, soprattutto, ai cambiamenti dell’America.