L’ultimo caso probabilmente martedì 27 a Padova, una donna quarantunenne trovata uccisa a coltellate in casa, si cerca il marito. Il giorno prima lunedì 26 a Fornaci di Barga, mezz’ora di macchina da Lucca: un cinquantaseienne ha ucciso la moglie in strada, con un coltello a lama lunga. Costituitosi ai carabinieri, ha spiegato che si stavano separando, e che non era riuscito ad accettarlo. La violenza omicida contro le donne è la punta estrema di un fenomeno – il comportamento vigliacco dei maschi contro le loro femmine – che si manifesta in tanti altri modi: dalle botte allo stupro, alle menomazioni genitali, ai ricatti economici e morali. Il sangue delle donne, appena uscito da Vallecchi, esamina in profondità la questione, fornendo un autorevole contributo non solo alla comprensione di comportamenti comunque inaccettabili, ma – ciò che più conta – alla costruzione di interventi adatti a sradicarli dal nostro vissuto sociale.
Qualità e utilità del testo vengono anche dalla professionalità di chi lo firma. Adriana Pannitteri, giornalista e scrittrice, ha seguito per la Rai importanti casi di cronaca e – da laureata in criminologia – ha pubblicato saggi come Madri assassine e La pazzia dimenticata, e due romanzi ambientati nel buio mondo della violenza di genere: Cronaca di un delitto annunciato e La forza delle donne. Valerio de Gioia è magistrato specializzato nei reati collegati alla violenza domestica e di genere. Autore di molti libri, ha tenuto per l’Arma dei carabinieri corsi di aggiornamento sul tema. Insieme hanno fatto un libro di quasi 300 pagine, suddiviso in quattro parti: la ricca Prefazione di Chiara Volpato, la narrazione di sei drammatiche storie di donne, le Riflessioni di una decina di autori su temi specifici, la gustosa Appendice con bestiario e proverbi che da soli basterebbero a far capire su quali livelli di idiozia si sia storicamente esercitata la (in)cultura maschilista tradizionale.
Il malamore al maschile, quello della violenza possessiva e vigliacca sino all’assassinio, non è problema solo italiano. Secondo l’Onu, il 55% delle 89.000 donne e ragazze uccise nel 2022 per cause non politiche – con le percentuali più alte espresse da Africa e Asia – sono state vittime di familiari o partner. Nell’Ue i “maschi che (più) odiano le donne” compaiono in due paesi già sovietici: Lettonia e Lituania, rispettivamente con 2,14 e 0,87 uccise ogni 100.000. In fondo alla scala la Grecia con 0,16. L’Italia figura con la minore percentuale europea di uccise da violenza privata, fatta eccezione, oltre alla Grecia, di Spagna e Svezia. Però, sempre nel 2022, sui 319 omicidi registrati in Italia, 125, il 39%, hanno colpito donne, e – si torna allo specifico de Il sangue delle donne – sui 140 episodi del contesto domestico, ben 103, il 74%, hanno colpito donne, con 67 commessi da partner o ex partner. Tra questi, 61, il 91%, hanno ucciso donne e ragazze.
Nei numeri ci sono persone. Come quelle narrate dal libro. Filomena, che è sopravvissuta benché «divorata» dall’acido cloridrico che il marito le ha versato addosso alle 4 di mattina nel letto coniugale. Ilaria che ha perso la mamma di 37 anni ammazzata da un padre che sconterà (forse) solo 14 anni di galera. Annamaria “uccisa due volte”: la prima nel 1992 con ventiquattro colpi – sei alla testa – di un oggetto contundente, la seconda con l’inefficienza dello stato che non è stato in grado di identificare il responsabile del delitto.
Le indagini iniziali dei carabinieri di una balordaggine stupefacente, la lunga serie di connivenze e coperture nel sistema giustizia, hanno consentito un processo a dieci anni di distanza. L’imputato, uomo sposato e predatore seriale, sarebbe passato indenne attraverso i primi due gradi ma (siamo al 2011!) appariva in difficoltà in Cassazione. Questa non riuscirà a finire il lavoro, perché il presumibile assassino muore per collasso cardiocircolatorio nel 2012, senza condanna. Il libro documenta come i responsabili di depistaggi, “distrazioni” e quant’altro abbia contribuito alla cancellazione della possibilità di giustizia per Annamaria, siano usciti più o meno incolumi da indagini e procedimenti giudiziari.
La lettura del libro fa masticare amaro, corroborando l’impressione che il lago di “sangue delle donne” generato nel corso del tempo, sia destinato a crescere. Come si ribadisce in più parti del testo, oltre che sulle misure di legge, occorre lavorare sulle radici, rafforzando il reciproco rispetto tra i generi, recuperando il corretto significato dell’amore e delle emozioni, bandendo gli stereotipi da pubblicità e mass media, in una parola restituendo dignità al concetto di persona libera di scegliere e realizzarsi.