I miei eroi (La Nave di Teseo 2023) di Pierluigi Battista racconta brevemente le vite di tre filosofi – Albert Camus, George Orwell e Hannah Arendt. “Un amore testardo e duraturo”, si legge nel sottotitolo: in questo volume l’autore ammette di aver voluto incontrare, pur in tarda età, intellettualmente i tre filosofi della libertà e ha voluto sapere tutto di loro. Eppure, ammette Battista, “arrivati a una certa età, si è meno disposti a trovare nuovi eroi”. L’autore passa dagli amori problematici della Arendt alle malinconie solitarie di Orwell, passando per le nevrosi di Camus. Ralf Dahrendorfdefinì i nostri i “nuovi erasmiani”. Forse perché tutti e tre sono rimasti integri in momenti difficili, tragici, per l’Europa e il mondo. Hanno detto di no alla militarizzazione della cultura e della politica. E difatti, Omaggio alla Catalogna, Le origini del totalitarismo e L’uomo in rivolta sono testi – inni – di libertà.
Il volume è diviso in tre capitoli. Uno per filosofo. Si inizia con Camus, afflitto da tubercolosi e depressione. Nato in Algeria, orfano di padre – caduto in guerra – era molto affezionato alla madre. Da giovane, iniziò a scrivere per il giornale dissidente Alger républican una serie di reportage sulle condizioni di vita degli algerini. Orripilato dalle torture sui dissidenti algerini dai parà francesi. “L’ultimo gradino della barbarie”, scrisse l’8 agosto 1945 sul Combat dopo la seconda bomba atomica sul Giappone. Battista narra anche episodi di vita quotidiana del drammaturgo francese. Che con Simone de Beauvoir ebbe sempre rapporti molto complicati. Lei lo dileggiava per le sue manie di seduttore; lui diceva che lei era una chiacchierona insopportabile. Avrebbe voluto rinunciare al Premio Nobel che considerava immeritato, ma l’editore Gallimard non era d’accordo.
Orwell, autentico socialista liberale e impegnato contro il totalitarismo comunista sovietico, non aveva dubbi sulle cose importanti della vita: rispettare la libertà degli altri e non essere intollerante. “La colpa di tutte le persone di sinistra dal 1933 in avanti è di aver voluto essere antifasciste senza essere antitotalitarie”, scrisse. Lo scrittore britannico detestava Ezra Pound per la sua infatuazione fascista; non c’è da meravigliarsi se in molti non volessero che ricevesse premi letterari. Sfrontato e determinato, Orwell decise di sprofondare nei bassifondi cittadini. Così nacque Senza un soldo a Parigi e Londra, che racconta di quando l’autore campava di espedienti, mendicando e rubacchiando. Fu poi il turno de La fattoria degli animali, che venne censurata per non urtare i sovietici, allora alleati dei britannici. Commenta Battista: “Orwell scrisse la verità sul mondo e sul totalitarismo troppo presto, e i riconoscimenti che gli erano dovuti arrivarono troppo tardi”.
Come Orwell, Arendt è sempre stata animata dalla ricerca della verità. Eichmann a Gerusalemme è l’opera più celebre della filosofia tedesca. Che è stata a dir poco al centro di controversie. Barbara Tuchman disse che Arendt difendeva Adolf Eichmann per difendere l’amore di una vita, Martin Heidegger, il filosofo collaborazionista – una interpretazione malevola quanto errata. Al rapporto fra i due Battista dedica ampia parte del saggio.l Di Adolf Hitler, Heidegger ammirava “le mani incantevoli” (lo confessò a Karl Jaspers). Tuttavia, il filonazismo di Heidegger non scoraggiò la giovane dottoranda. Eppure, i due erano molto diversi. Pierluigi Battista fa un ritratto grottesco di Heidegger: tarchiato e rozzo, campagnolo e tradizionalista, reazionario e militarista. Tutto il contrario di Arendt. Heidegger aveva disonorato il suo maestro, ebreo convertito al protestantesimo, Edmund Husserl, da cui aveva ereditato la cattedra a Friburgo. Non mosse un dito quando Jaspers, sposato con un’ebrea, perse il suo posto in università.
Nel libro, Battista apre anche una parentesi su Simone Weil, che Camus contribuì a rendere famosa. Intransigente sui principi, ossessionata dalla coerenza, fu una delle prime penne in Occidente a denunciare l’Holodomor. Ma anche su Walter Benjamin ed Arthur Koestler – assente dal pantheon di Battista per la sua sbornia comunista negli anni Trenta. Bertolt Brecht e Nicola Chiaromonte vengono marginalmente approcciati dall’autore. Infine, conclude Battista, “i miei tre eroi […] non erano […] individui miti e inoffensivi. Semplicemente auspicavano […] una società […] più mite e inoffensiva, giusta, civile, pluralistica, vitalmente piena di contraddizioni e, soprattutto, libera”. A tal proposito, Camus disse che “è meglio sbagliarsi senza assassinare nessuno e lasciando parlare gli altri che avere ragione in mezzo al silenzio e ai cadaveri”. Questo è il liberalismo che accomunava tutti e tre.