Quando, fra i 13 e i 14 anni, si ritrovò con un tumore al cervello, Paolo Pizzo seppe di essere stato chiamato ad affrontare il duello decisivo. “Mi tenevo il capo, che scappava da tutte le
parti, gli occhi si aprivano e richiudevano vorticosamente […] Secondi lunghi come ore. Aspettavi che finisse, impotente”. Così avrebbe raccontato nella biografia, La stoccata vincente, ora in uscita da Sperling&Kupfer.
Quarant’anni compiuti da qualche mese, Pizzo, eletto in Giunta Coni per la componente atleti, è stato campione del mondo di spada nel 2011 e nel 2017. Catanese, ha vestito i colori dell’Aeronautica militare e della Nazionale. Con questa ha vinto la medaglia d’argento olimpica a Rio 2016.
Il libro, preparato a quattro mani con Maurizio Nicita, è una lezione di vita, nel racconto semplice e convincente di come non solo si possa combattere e vincere il male, ma diventare un atleta di rango
mondiale.
“Non riuscivo a dominare il mio corpo, la testa soprattutto”, racconta Pizzo, paragonando la situazione a un “qualcosa di oscuro” che lo stesse picchiando. Scrive di aver avuto vicino
soprattutto il padre, sempre lì a sostenerlo, a indirizzarlo sulle scelte giuste, a dirgli che aveva le forze per corrispondere alla sfida.
Anche scuola e istituzioni sanitarie sono state con lui, aiutandolo a gestirsi, tra esami scolastici, ricovero ospedaliero, intervento chirurgico, lunghe indagini successive alla rimozione del tumore. Ce l’avrebbe fatta, trasformandosi in pluricampione.
Il percorso che lo porta in vetta e lo rende vincente, è stato però lungo e doloroso, restando nella memoria come una cicatrice alla quale si sovrapporranno le delusioni e i dolori della vita adulta,
come l’abbandono di Daniela nel 2011, alla vigilia del titolo mondiale nella sua Catania. Da autentico uomo di Sicilia, Paolo quell’abbandono non l’ha mai mandato giù, considerando fondamentali gli affetti.
Lo dimostra anche quando scrive del nonno, il primo personaggio di famiglia sul quale si dilunga, e dal quale ha preso non solo il nome di Paolo ma “un patrimonio etico che è anche nel Dna”. Nonno Paolo era stato pioniere dello sport catanese: nuotatore, pallavolista, paracadutista, e tra i primi siciliani a fiondarsi in apnea nel buio delle acque. Aveva anche tirato di scherma, quando le divise degli atleti al termine degli incontri “apparivano allegramente spruzzate di rosso e blu”, segnali rispettivamente delle stoccate e della loro memorizzazione.
Né erano state da meno nonna e zie nella pallavolo: la prima come commissario tecnico della Nazionale juniores, le altre con tante presenze in azzurro. In quanto a papà e mamma Pizzo, il signor Piero era stato convocato – tanto per non smentire la legge dei geni – nella nazionale giovanile di spada, la signora Patrizia aveva insegnato educazione fisica.
Paolo si “plasma”, per usare il verbo da lui scelto, tra i sette e i quattordici anni, grazie a una maestra del Cus Catania, la quale, tanto era capace di incutere timore che la prima volta che lui
l’incontrò in pedana (simultaneamente gareggiava nel calcio e nella pallavolo), a sette anni di età, se la fece letteralmente sotto. Una “grande emozione” tramutatasi in merda “di buon auspicio”,
commenta l’atleta.
Il plasmarsi vero arriva col male. I primi sintomi, gli attacchi di epilessia, lo stramazzare non voluto, le amnesie, lo sconvolgono e non ne parla con nessuno. Narra nel libro le sensazioni di chi
non vuole pesare sugli altri: “Mi illudevo di avere la forza di vincere da solo, come succedeva in pedana”. E c’era anche, manco a dirlo, la paura dell’esclusione dalle gare. Fortunatamente una di
quelle crisi, ormai in arrivo ogni due tre giorni, gli capitò mentre era in auto con una zia.
Il ganglioglioma nella scatola cranica fu rimosso, la vita in qualche modo ricominciò. Si aprì il lungo periodo del “limbo”, condizionato dall’enorme “sbrego” sul cranio, i buchi nelle vene per le
flebo e i liquidi da contrasto per le ulteriori ricerche.
Di nuovo la vita; e la competizione mondiale, che avrebbe infilzato con la stoccata a pompa. Restava da infilzare il male; per farlo Paolo Pizzo è diventato attivista e testimonial per Airc,
l’associazione italiana per la ricerca sul cancro.