Un’intensa settimana di presentazioni al pubblico siciliano del suo “romanzo-verità” (definizione del celebre critico letterario Walter Pedullà) Il comandante restò sulla collina, da parte del nostro columnist Luigi Troiani. Siracusa, Eolie, Marsala, Ispica i luoghi toccati, con la convinta partecipazione di autorità locali, critici, uomini di spettacolo e di sport, giornalisti, e la vigile supervisione del suo editore, Carlo Morrone.

Forte il legame con la Sicilia del romanzo, che racconta la storia vera di Pierluigi Meroni, plurimedagliato pilota di bombardieri della Regia Aeronautica che nel maggio 1949 si schiantò sulla collina di Superga con il Fiat G. 212 che trasportava il Grande Torino. Troiani, professore universitario di relazioni internazionali, la sua famiglia ha vissuto in Sicilia negli anni di guerra (i due fratelli di Luigi sono nati a Corleone), quando dagli aeroporti isolani l’ufficiale Meroni partiva per le operazioni a Malta e nel Mediterraneo. L’editore del romanzo è di Siracusa. Vicino all’aeroporto di Comiso, il primo dei figli del comandante Meroni venne concepito nel 1941, durante una visita della futura madre all’ufficiale: “mamma mi diceva di avermi avuto in dono da papà «tra le zagare degli aranceti e i gelsomini», nell’estate del 1941.” Tra Trapani e Marsala morì, dilaniato all’atterraggio dall’esplosione di una bomba incagliata nella fusoliera, il migliore amico del Comandante, Francesco. Entrambi lombardi, si erano arruolati insieme e adesso riposano nella stessa tomba al Monumentale di Milano.

Negli incontri con il pubblico e gli esperti, l’autore ha distinto le tante storie umane del suo romanzo, dalla Storia “con la s maiuscola” dentro la quale si svolgono e che lui non si evita di raccontare, anche ripescando episodi poco conosciuti. “È la storia italiana del novecento, fatta di patria e famiglia, di fascismo e repubblica, di povertà e sviluppo socio-economico: crudele e ingiusta con troppi italiani, tra i quali probabilmente Meroni, la cui fine non riusciamo ancora a chiarire del tutto”, come ha detto l’autore nell’incontro di Siracusa.

In quel grande contenitore, il romanzo ha messo al centro la vicenda del figlio del Comandante, Giancarlo Meroni, rimasto orfano a 7 anni, la sua amicizia con un bambino più piccolo, restato anche lui orfano, il percorso che affrontano per crescere in un ambiente, spesso ostile, a confrontarsi con il quale nessun padre aveva potuto prepararli. Come ha detto il regista Ezio Donato, del teatro Stabile di Catania, intervenuto al dibattito di palazzo Marchetti di Malfa, nell’isola di Salina, quel rapporto evoca la ricerca di Amleto in Shakespeare. Ricerca del padre, che nella dotta prolusione al dibattito di Ispica del dantista sindaco Innocenzo Leontini – che non ha esitato a collocare il romanzo di Troiani tra i migliori del nostro tempo – andrebbe letta soprattutto nella chiave omerica o virgiliana.

C’è ovviamente, nel romanzo, anche il tentativo di capire perché l’aereo Fiat sia caduto: nello schianto a Superga del trimotore Fiat G. 212, guidato dall’esperto pilota Meroni, che trasportava l’intera squadra del Grande Torino, non ci fu nessun sopravvissuto. Tragica fatalità? Errore del pilota? Guasto meccanico? Negli anni le ipotesi sono state innumerevoli. Gli aerei del tempo non erano certamente come quelli moderni. Erano guidati da piloti esperti ma i velivoli erano tecnologicamente arretrati. Quanto accaduto il 4 maggio del 1949, a bordo di quel trimotore, ad oggi, rimane un mistero. Trentuno passeggeri sono morti, tanti gli orfani che non poterono mai riabbracciare i propri cari. Alcuni di loro non erano neppure ancora nati. Ad oggi, però, una verità giudiziaria riguardante la dinamica dei fatti non esiste. Non si conoscono infatti le dinamiche esatte, ma poche ore dalla tragedia il giornale La Stampa di Torino (posseduto già allora dalla Fiat, marchio costruttore dell’aereo) titolò subito che si trattava di un tragico errore dei piloti. Ma cosa è accaduto veramente?

L’autore propone le sue ipotesi, con una ricostruzione minuziosa dell’ultima fase di volo, mai prima tentata con così tanti dettagli tecnici. C’è nel romanzo la vicenda sportiva del Grande Torino, e quella umana delle famiglie degli atleti scomparsi. A questi ultimi contenuti si è appassionato in particolare il pubblico dell’incontro tenuto a Marsala, nel giardino del Baluardo Velasco. C’erano piccoli gradini in pietra antica per raggiungere il luogo all’aperto appena riaperto, proprio come quelli che la storia nel libro di Troiani ci consegna, solo in parte romanzata, raccontando per la prima volta in assoluto una storia che merita di essere approfondita. Ad organizzare la serata marsalese il club “I picciotti del Toro” presieduto da Giuseppe Anselmi in stretta collaborazione con “Finestre sul Mondo”, guidato dal noto animatore culturale della città Salvatore Inguì. A moderare la serata a Marsala, il giornalista Stefano Vaccara, fondatore de “La Voce di New York”.

Alla serata, a cui ha partecipato un appassionato pubblico in cui non mancavano numerosi tifosi del Torino che si trovavano in vacanza in Sicilia, non pochi si sono mostrati sorpresi nel constatare che la versione dell’”errore umano” dei piloti, in tutti questi anni, non era stata mai messa in dubbio, nonostante le varie ipotesi che invece “Il comandante restò sulla collina” fa emergere .

“Gli invincibili”, così erano soprannominati i granata, capitanati da Valentino Mazzola. “Il ricordo e il mito del grande Torino lo respiravamo fin dagli spogliatoi”, ha detto a Marsala un ospite d’eccezione del club “I picciotti del Toro”, l’ex attaccante del Torino e sempre amatissimo Pedro Mariani, cresciuto nella primavera granata e arrivato alla prima squadra tra gli anni settanta e ottanta, nello squadrone che schierava Pulici, Graziani, Sala, Zaccarelli, Castellini… Mariani, che dopo la laurea a Coverciano, è ora un consulente delle squadre che vogliono preparare non solo tecnicamente ma soprattutto psicologicamente i giovanissimi alla carriera di calciatori professionisti, ha ricordato i pellegrinaggi nella collina di Superga: “Ricordo bene la lettura dei nomi dei caduti, che includeva con tutti i campioni del Grande Torino anche i dirigenti e accompagnatori della squadra granata, e ricordo bene anche la lettura del nome di Pierluigi Meroni”.

Già, la verità su quell’ultimo volo del comandante protagonista del “romanzo” di Troiani, resta ancora nascosta su quella collina.