Esce da Ibis La Galilea e La moschea verde (Ibis, pp. 175, 15,00 €), ultimo della bella trilogia di Terrasanta (si aggiunge a Il deserto e Gerusalemme) scritta da Pierre Loti, pseudonimo dell’ufficiale della marina francese Louis-Marie-Julien Viaud. I libri furono pubblicati in Francia tra il 1895 e il 1896, come elaborazione degli appunti del viaggio compiuto tra febbraio e maggio 1894, e rivestono rilevanza per i credenti di fede cristiana, perché l’autore, miscredente, cerca nei luoghi che visita le tracce della vita di Gesù e se ne lascia affascinare. Sono anche un importante documento storico, naturalistico e antropologico, per la profondità con la quale si rapportano ai luoghi e alle popolazioni che l’autore incontra.
La Galilea si caratterizza per lo sviluppo di quattro filoni, apposti come suggello alla ricerca spirituale dei mesi di viaggio: la caducità dei potentati nella storia, la figura di Gesù, l’antisemitismo, il contrasto con la modernità.
Il primo filone viene suggerito a Loti dall’incontro continuo con la distruzione di palazzi e santuari, e con le trasformazioni del paesaggio: “Qui come altrove, come ovunque in Palestina, città e palazzi sono tornati alla polvere; scomparse anche le foreste che un tempo coprivano le vette…”. Ancora: “Sotto quelle infinite coltri verdi, la terra deve essere tutta piena di resti di guerrieri e di armi … il grande campo di battaglia della Palestina, dagli Ebrei fino alle crociate … vi è apparso anche Bonaparte…”.
Verso Cristo, che il miscredente in “pellegrinaggio senza speranza e senza fede” cerca per le strade di Galilea, sono espresse parole di amore (“sotto i fanatismi, sotto le idolatrie, era ancora Lui che ritrovavamo ad ogni passo … [con] l’illusione ancora dolce, trasmessa dagli antenati, di una protezione suprema che da Lui emana…), ma grande è la critica dei seguaci (“… in tutta questa Terra santa, non abbiamo trovato che la profanazione oppure il vuoto e la morte … davanti all’invasione disgregatrice e morale degli uomini occidentali.”)
Ufficiale delle forze armate che nel dicembre di quel 1894 avrebbero condannato ingiustamente l’ebreo Alfred Dreyfus, Toti è imbevuto di antisemitismo e lo spande nella trilogia. Da Nazareth, a maggioranza cristiana, scrive: “Sono cristiani i venditori e le venditrici, e c’è nelle loro maniere un non so che di amabile … che ci offre un cambiamento rispetto ai mercanteggiamenti e agli imbrogli nelle botteghe degli Ebrei dei bazar levantini.”
Da Tiberiade si lamenta degli ebrei che tornando dalla diaspora “tentano di far rivivere un passato finito per sempre.” e “di giovani leviti [che] sono ancora a studiare il tenebroso Talmud!” In Gerusalemme, città a maggiore presenza ebraica, il pregiudizio era stato anche più pesante: “visi … quasi tutti di una bruttezza da far rabbrividire: così sottili, così affilati, così subdoli…”, “vecchi dall’espressione bassa, astuta, ignobile.” Verso “la consorteria giudaica” aveva manifestato “un’impressione di stupore, di disagio e quasi di spavento” per “un segno d’obbrobrio che marchia tutta questa razza.” Action Française di Charles Maurras nascerà nel 1908, ma i semi dell’antisemitismo già abbondavano tra intellettuali e dirigenti della Troisième.
Da agguerrito conservatore dotato dei pregiudizi del tempo, l’ufficiale guarda con simpatia a turchi, arabi e islamici che incontra nell’itinerario, né perde occasione per raccomandarne l’esempio. Esemplare quanto scrive in fondo alla trilogia, con un messaggio per il lettore occidentale. L’occasione arriva dal dialogo con gli “imani della Moschea verde, assisi all’ombra mattinale” che come d’abitudine “cominciavano il sogno del giorno”. Per Loti “i tempi passati erano meno duri per gli artigiani e per i poveri”; la vita è rimasta “semplice e contemplativa”; intorno sono “seduti innumerevoli sognatori, all’ombra degli alberi, alle porte dei caffè o dei barbieri, davanti a un narghilè…”. Le persone sono “tutte più o meno rese affini dalla preghiera” in un paese [la Turchia] “vero paese dell’uguaglianza – uguaglianza davanti alla contemplazione e davanti al sogno”.
Non manca che l’epitaffio sulla civiltà che l’ufficiale ha giurato di difendere con onore. Arriva qualche rigo dopo: “E noi ignoriamo completamente la fraternità che praticano, noi, i promotori delle belle teorie egualitarie che finiscono in un calderone esplosivo, dopo averci fatto passare per il vergognoso, stupido imbroglio di una aristocrazia del denaro.”