Andrea De Carlo è uno scrittore che non ha bisogno di presentazioni. Di origini siculo/cilene nato e cresciuto a Milano una città verso la quale, come per tutti i rapporti più forti, nutre amore e odio, ha girato e vissuto in molte parti del mondo: Europa, Nord e Sud America, Australia. Ma è negli Stati Uniti che si è stabilito per molto tempo. Ha vissuto a Boston, New York, Santa Barbara e Los Angeles dove ha insegnato italiano e scritto il suo primo romanzo.
Tutte le biografie lo definiscono oltre che scrittore, regista, fotografo, musicista e pittore, ma come lui stesso afferma, l’arte che gli è più congeniale e per la quale tutto il mondo lo conosce e lo ama è rappresentata dalla scrittura: attività che gli corrisponde meglio proprio perché libera, senza condizionamenti e limiti di sorta. La sua libertà, il suo essere libero da condizionamenti è infatti una delle caratteristiche più evidenti di questo scrittore viaggiatore, cittadino del mondo. Famosa la lettera con la quale nel 2009 si dimette dalla giuria del Premio Strega denunciando le manipolazioni dei grandi gruppi editoriali che influenzano l’andamento dei principali concorsi letterari.
Andrea De Carlo non frequenta salotti letterari, talk show e la Tv in generale, si limita ad occupare solo qualche spazio in cui “è possibile mantenere la propria dignità”. Anche le apparizioni per promuovere i suoi libri sono sempre molto limitate perché convinto, a ragione, che un buon libro non ne abbia bisogno. Tuttavia, avendolo conosciuto di persona, con l’educazione e la cortesia che lo caratterizzano, ha risposto alle nostre domande di lettori appassionati e participi e per questo lo ringraziamo.
Nonostante l’uscita de Il teatro dei sogni risalga a settembre l’attività di promozione del libro è sembrata sottotono come non mai. D’accordo sul fatto che un buon libro non ne abbia bisogno e che il momento non consente tour promozionali, mi chiedo però se per qualche ragione questo possa essere un “figlio” che ama di meno, o un “frutto” che ci insegnerà a gustare quando la tempesta sarà passata?
“Al contrario, Il teatro dei sogni è un romanzo a cui tengo moltissimo, e che esprime appieno il mio attuale modo di scrivere e sentire. Quanto alla sua promozione, ho deciso dall’inizio di non fare un tour di incontri, perché la situazione già a settembre mi sembrava tutt’altro che sicura. Ma ho fatto in compenso molti incontri in streaming, e interviste con televisioni e radio. E il libro ha ricevuto tantissime recensioni, tutte positive”.

Lei sostiene che la fantasia si azzera quando una comunità pensa di avere tutto quello di cui ha bisogno. Non pensa invece che in un momento di grande difficoltà, soprattutto economica, come quella che stiamo vivendo, di grande incertezza nel presente e nel futuro, sia proprio la mancanza spesso del necessario, le preoccupazioni concrete, ad impedirci di sognare?
“Io sono convinto che i sogni siano spesso stimolati dalle situazioni difficili, sia personali che collettive. E’ proprio nei momenti di incertezza e preoccupazione che abbiamo maggiore bisogno di immaginare mondi diversi da quello che abbiamo davanti. Più grave è la crisi, più importante è il ruolo dei sogni, e di sognatori che sappiano esercitare la propria fantasia proiettandola nel futuro”.
La figura dello scrittore ha subito una trasformazione ha dichiarato, ma una trasformazione dalla quale lei comunque sembra tenersi lontano. Il suo essere libero, il suo non accettare compromessi neanche in un momento in cui “quelli che scrivono libri”, e che non definirei per questo suoi colleghi, fanno il giro di tutti i talk show politici schierandosi con i poteri forti, non crede possa penalizzare il frutto del suo lavoro, dal momento che a vendere di più, oggi, sono proprio gli onnipresenti in TV?
“Certo, scegliere come ho fatto di non essere un ospite fisso dei salotti televisivi comporta uno scotto da pagare, e rappresenta un handicap indiscutibile nei confronti di chi invece in quegli spazi è quotidianamente di casa, visto che ormai è la televisione a decretare popolarità e successo commerciale. Ma è un prezzo che pago volentieri, per continuare a sentirmi libero di pensare e scrivere quello che voglio, senza alcun condizionamento”.

“Misuro il tempo sui miei libri”, ma come vive il passare del tempo Andrea De Carlo, riesce sempre a mantenere un equilibrio fra ragione e cuore primitivo?
“Non è facile, però l’equilibrio tra ragione e cuore è un’aspirazione costante a cui tendere”.
Ha finalmente trovato il suo “posto”?
“Credo che ogni fase abbia i suoi luoghi. Spesso è la vita a sceglierli per noi, ma quando sappiamo di cosa abbiamo bisogno davvero possiamo essere noi a ricercarli attivamente. Il mio posto è un luogo di armonia e di equilibrio, spero di trovarlo presto”.
I sogni devono comunque essere possibili?
“I sogni non devono mai sottostare ai limiti del realismo, altrimenti sarebbero progetti, e non sogni. Molti non diverranno mai realtà, ma chiunque sia riuscito a realizzare qualcosa di grande, di bello, o di sorprendente è partito da un sogno che a prima vista sembrava impossibile”.