Le feste comandate sono sacre. Per noi esseri umani, sacri sono quei giorni che non devono essere violati dal lavoro, dalla fatica, giorni in cui bisogna festeggiare, divertirsi, viaggiare. Il vero significato di sacro è andato perduto: sacer era il giorno consacrato agli dei in cui si sacrificava qualcosa di caro per propiziarseli. Ora ci sentiamo tutti capri espiatori del presidente Conte che ha sancito il nostro olocausto natalizio: si consumerà a casa, ahinoi! Ma non su un forno crematorio, rendetevi conto! Potremo stare in panciolle tra le mura domestiche, guardando un fuoco che scoppietta nel camino o le fiammelle delle candele che bruciano diffondendo nell’aria un gradevole profumo. Da più parti, Papa compreso, ci esortano a ritrovare lo spirito del Natale. Il web pullula di consigli su come ritrovarlo. Per carità cristiana non vi riporto le baggianate sullo spirito che vi guida a fare l’albero, guardare i film natalizi, ecc. ecc.
Condannati, dunque, a stare a casa con i familiari più stretti e/o con se stessi. Non c’è niente di peggio: abbiamo meno paura di stare con il diavolo che ritrovarci soli con noi stessi. Dovremo parlare alla nostra anima, anziché stordirci in happy hour, vacanze, droga, sesso e rock and roll. Che disagio scrutarci dentro e vedere le nostre miserie che finora abbiamo coperto con vestitucci firmati e unghie laccate. Al chirurgo plastico abbiamo chiesto di pomparci le labbra e tirarci il sorriso con effetto forever happy, ma non avevamo fatto i conti che potesse arrivare un Conte che ci impedisse di proseguire in fila come cammelli attraverso i deserti dell’anima, convinti di arrivare all’isola dei famosi.
La vita non è un salvadanaio di certezze, abbiamo visto che anche le banche più rinomate sono finite in cocci. La vita è sogno, è una bottiglia che lanci in mare con un messaggio nella speranza che qualcuno lo raccolga e esaudisca il tuo desiderio. Che un giorno si faccia vivo e ti dica: ti ho letto, tu sei la mia anima gemella. Perché la tua storia è la mia storia, siamo uguali.
Non abbiamo bisogno di dei in cielo ma di nostri simili in terra che sappiano ascoltarci, comprenderci.
Tutti noi abbiamo un messaggio, una storia fantastica o tutta la nostra vita che vorremmo raccontare a qualcuno. A nove anni mi è stato regalato un diario che ho titolato: “Pensieri, opinioni, poesie, immagini e segreti di Elisabetta”. Ho datato la prima pagina e ho esordito così: “Caro giornalino…”. Da lì non ho più smesso di scrivere, soprattutto durante le vacanze dove avevo più tempo da dedicare a me stessa. Un lusso sono poter ricordare e imparare a viaggiare con la fantasia. Si possono visitare mondi diversi e scoprire diverse sfaccettature di se stessi.
Un paio di anni fa ho guardato indietro alla mia vita e ho visto che dalla mia famiglia avevo ereditato solo storie. Ma che erano bellissime, anche se non sempre con happy end. E mi sono chiesta: perché ognuno non può avere la possibilità di raccontare la sua storia e di lasciarla al mondo per sempre? Ci sono tantissime storie del Novecento che rischiano di andare perdute, i nipoti non conoscono la storia dei loro nonni… Se manca memoria, un Paese affoga nel presente. Il web è come il mare, può contenere un numero infinito di storie ma può dare pure la garanzia di tramandarle alle generazioni future.
E’ nato così il progetto “Ad futuram memoriam” che la Ue ha finanziato per realizzare www.kepown.com, un portale internazionale di storie dove ogni scrittore è l’editore di se stesso. Scrive e pubblica senza intermediari in qualsiasi lingua. Localizza il proprio racconto sulla mappa e lo data con il cursore, in modo che il lettore interessato a una specifica località e ad una determinata epoca storica lo possa trovare immediatamente. Potrà commentare, perché Kepown è un social, e mettersi in contatto con lo scrittore. Magari scoprirà che suo nonno ha fatto la guerra con il nonno dello scrittore, che suo cugino sta in Australia, che il viaggio narrato è proprio quello che desidererebbe fare, che l’amore non ha confini né di tempo né di spazio… Tra tanti kepowner prima o poi troverà la sua anima gemella, perché ha scritto quello che lui sentiva.
Che sia un Natale fantastico, cari lettori: cominciate a scrivere il vostro kebook in Kepown e concorrete al concorso letterario gratuito “Io Pubblico” (www.kepownevents.com)