I giorni del Covid. Cronaca di una pandemia (Santelli) di Matteo Manfredini. L’autore, classe ’82, nato e cresciuto a Carpineti (Reggio Emilia), laureato in Scienze politiche a Parma, ha vissuto in Francia, Australia, Germania, Bruxelles, dove ha lavorato al Parlamento Europeo, presso la Casa della Storia Europea (museo dedicato alla storia d’Europa). In questo suo nuovo libro, Manfredini ricostruisce la diffusione della pandemia causata dal coronavirus SARS-CoV-2 (malattia Covid-19), ripercorrendo tutte le tappe. Un’inchiesta giornalistica che inizia dal dicembre 2019, attraverso analisi approfondite, documenti e fonti di vario tipo: istituzionali, dell’OMS, governative e di enti amministrativi di tutto il mondo con un occhio particolare sulla Cina e il ruolo che ha avuto l’OMS. Ma c’è ancora tanto altro nel libro inchiesta di Manfredini perché la pandemia, oltre al comprensibile dramma umano ed economico, ha prodotto un cospicuo numero di materiale e fonti.
Nel corso di questi mesi, infatti, i siti scientifici, le riviste e le piattaforme d’informazione hanno prodotto un cospicuo numero di articoli, video e testimonianze importanti. Anche i leader mondiali, da una parte all’altra del mondo, si sono resi protagonisti di questo tragico momento storico ancora in fase di sviluppo. Si, perché la pandemia è ancora in corso, questo non bisogna assolutamente dimenticarlo, come non bisogna ignorare che i morti per Covid-19 ci sono ancora e il numero dei contagi sta crescendo nuovamente, giorno dopo giorno. Si naviga a vista, cercando di adeguare la quotidianità ad una situazione in continuo mutamento, con un virus che è arrivato a gamba nella vita di tutti.
Oggi la quotidianità è fatta di mascherine, gel igienizzante e distanziamento sociale. Tutto è mutato repentinamente e la risposta alle tante domande sembra non finire. Manfredini ha raccolto per la prima volta centinaia di fonti primarie rigorosamente verificate, costruendo un puzzle dal disegno complesso ma con una narrazione unitaria. Con uno stile scorrevole ma preciso, senza utilizzare termini accademici o tecnicismi, Matteo Manfredini è riuscito a ricostruire il percorso del virus attraverso i continenti e le nazioni. In tutto questo marasma oceanico di informazioni e diffusione del virus nel mondo, il numero di notizie false costruire ad hoc ha giocato un ruolo decisivo. Quest’ultimo, infatti, è il filone parallelo che ha seguito Manfredini ma che si intreccia con il primo.

Noi abbiamo intervistato Matteo Manfredini che ci ha parlato della genesi e degli scopi della sua ricerca.
I giorni del Covid. Cronaca di una pandemia, come nasce questo libro?
“Nasce dalla necessità di fare chiarezza su quanto accaduto e sta accadendo. Tra marzo e aprile, con la televisione e internet sempre accesi, mi sono reso conto della difficoltà di capire quanto stava accadendo, di trovare informazioni attendibili, davanti alle varie dichiarazioni (anche di esperti) che dicevano tutto e il contrario di tutto. Notizie contrastanti, contraddittorie e parziali arrivavano al grande pubblico che però non aveva gli strumenti per orientarsi. Così ho deciso di cercare un filo logico, una narrazione che ricostruisse come siamo arrivati a milioni di contagiati nel mondo in pochi mesi”.
Quando hai deciso di raccogliere tutto il materiale a tua disposizione (fonti scientifiche, articoli etc) e trasformarlo in un volume unico d’informazione?
“Tornando dall’estero, a metà marzo, ho dovuto sottopormi a quarantena. Ho iniziato allora a registrare gli articoli più significativi, le prime inchieste di prestigiosi giornali internazionali, le conferenze stampa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ho fatto riassunti, sintesi e mi sono reso conto che all’opinione pubblica italiana molte cose erano sfuggite. C’era quindi bisogno di materiale divulgativo. Nei primi sei mesi nel 2020 ci sono stati eventi ben precisi, punti di svolta fondamentali, ma tutto è stato mescolato con notizie superficiali e, in fondo, inutili”.
Tu, invece, come hai vissuto la pandemia? Ci sono state persone a te vicine che si sono ammalate?
“Vengo da una provincia molto colpita, Reggio Emilia, e purtroppo sì, ci sono persone nel piccolo paese in cui vivo che si sono ammalate e sono decedute”.
Il primo filone del libro ripercorre le tappe della pandemia. Come reputi la gestione del virus in Italia e come invece negli USA?
“In primo luogo la gestione non è finita. Io commento e tratto della prima fase della gestione, di un primo picco, di una prima emergenza. Ad oggi non è possibile fare previsioni precise, anche se è probabile (oltre che auspicabile) che non si torni alla situazione di emergenza che abbiamo vissuto tra marzo e aprile. Al momento sappiamo infatti molto di più sulla malattia.
L’Italia ha fatto i conti con una crisi molto difficile: è stato il primo paese occidentale con una epidemia su larga scala. Implementare misure di lockdown, di controllo degli spostamenti delle persone, in un regime democratico, non è stato facile. Dopo un inizio tentennante (come del resto molti altri paesi europei) l’emergenza è stata messa sotto controllo. Basti paragonare la situazione epidemiologica di queste settimane in Italia rispetto ad altri paesi vicini. Ma tutto può cambiare. E’ un momento delicato.
Nel libro si parla molto anche degli Usa, un luogo in cui i contrasti tra scienza e politica sono stati profondi e con conseguenze drammatiche. Pensiamo alle profonde divergenze tra Fauci a Trump, ai loro scontri a distanza. Purtroppo oggi gli Stati Uniti sono ancora in piena emergenza, frutto di scelte diverse rispetto all’Europa”.

Pensi che le misure di contenimento del virus messe in atto in Italia e in USA siano state sufficienti?
“Non sono un epidemiologo, non mi spingerei a giudizi definitivi. Nel mio libro parlo di entrambi i metodi (ma anche di quelli di molti altri paesi) e dei perché dietro le loro scelte, senza trascurare il processo decisionale che ha portato a quei provvedimenti politici. Cerco di dare al lettore gli strumenti per potersi fare un’idea critica. Tutto è perfettibile, ma credo che alcuni cittadini italiani (e molti politici) non abbiano capito la portata della cosa, le dolorose scelte del governo, viste le conseguenze economiche e sociali delle chiusure forzate. Si poteva fare più in fretta? Certamente, perché i segnali c’erano già ai primi di febbraio, ma non possiamo dimenticarci del contesto in cui tutto è avvenuto. I commenti, con il senno di poi, non valgono molto”.
Cosa pensi sia successo veramente in Cina?
“Difficile dirlo oggi. Tuttavia ho cercato di raccontare quanto è emerso dalle inchieste fino ad ora pubblicate sui principali quotidiani americani e inglesi: è una tematica di cui non si è parlato granché sui media italiani, ma di fondamentale importanza per capire la situazione attuale. Quanto accaduto in Cina in gennaio è molto complesso, anche l’ormai noto occultamento di dati e notizie (che io ritengo essere avvenuto) è in realtà una vicenda intricata: uno scontro tra amministrazioni locali e governo centrale. Certamente se ci fosse stata libertà di parola, negata dal regime cinese per evitare instabilità sociali, le cose sarebbero andate molto diversamente. Tutto il mondo l’ha pagata cara. I sospetti su un virus contagioso e pericoloso erano infatti emersi già a fine dicembre nei circoli medici di Wuhan e a metà gennaio le voci erano arrivate anche a Pechino. Ma la prassi di regime di non diffondere notizie allarmanti non ha fatto scattare protocolli che avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi. Il secondo capitolo del libro si sofferma su questi aspetti, con centinaia di fonti a supporto dei fatti raccontati”.

Quale pensi possa essere la soluzione a questa pandemia? Qualora dovessimo convivere con il virus, quale potrebbe essere secondo te il “palliativo” per questa convivenza?
“Senza trattamenti risolutivi e senza un vaccino non esiste alternativa a distanziamento sociale, mascherine, disinfettanti, test e tracciamento dei contatti dei positivi. Sappiamo che un piano per eradicare una malattia infettiva potrebbe prendere decenni (come è accaduto con il vaiolo). Quindi, per ora, bisogna armarsi di molta pazienza e grande senso civico. Soluzioni miracolose non esistono e quei paesi che hanno cercato soluzioni “originali” o alternative hanno dovuto fare i conti con conseguenze gravissime e ritornare sui propri passi (quando era ormai troppo tardi)”.
Nel tuo libro parli anche delle fake news. Che ruolo hanno avuto e stanno avendo?
“Terribile. Le fake news sono dannose non solo per chi crede a tali informazioni (sbagliate), ma per tutta la collettività. E’ infatti sufficiente che solo una piccola percentuale di persone adotti comportamenti errati per mettere a repentaglio la salute di milioni di persone. Inoltre direi che sarebbe più appropriato iniziare a chiamarle con il proprio nome italiano, più diretto e chiaro: menzogne. Menzogne che purtroppo sono sfruttate a fini politici, armi addirittura utilizzate contro i regimi democratici durante le settimane più dure della pandemia.
Nel libro riporto alcuni test e simulazioni fatti anni fa (soprattutto negli Usa) in vista di emergenze biologiche. Tra le altre cose emerge come la questione delle informazioni parziali e fuorvianti gettate in pasto alla popolazione impaurita venisse considerata già allora un fattore di rischio pericolosissimo. In fondo, i paesi dove la crisi sanitaria è stata gestita meglio sono quelli contraddistinti proprio da governi in grado di indirizzare messaggi chiari, semplici e precisi ai propri cittadini”.
Quale consiglio utile ti senti di dare a chi ci legge in questo momento?
“La malattia è nuova, ci sono tantissime cose che non conosciamo. Consiglio di non farsi trasportare dal meccanismo del ‘confirmation bias’, ovvero di non dare retta alle informazioni che confermano le nostre tesi preconcette. E’ fondamentale seguire tutte le istruzioni delle autorità sanitarie e farsi guidare dal principio di precauzione. Per esempio: se in una data circostanza non si è sicuri se mettersi o non mettersi la mascherina, è sempre meglio indossarla”.