Giulia (Etabeta) è un libro di Tiziana Baldassarra, che vive e lavora a Novara, dove insegna Lingua e Letteratura Italiana e Storia. Nel 2014 ha pubblicato il suo primo romanzo, dal titolo “A schema libero”.

Questa nuova opera letteraria ripercorre alcuni fatti narrati e realmente accaduti, altri invece frutto di fantasia. Alcuni personaggi sono realmente esistiti o coesistono con altre figure di pura invenzione. Giulia è innamorata di Vincenzo, un uomo dall’esistenza tormentata e dal passato ombroso, con ideali che però non riescono a concretizzarsi, fortemente legati alla libertà e alla giustizia. Lei è una donna semplice, che sogna l’abito bianco, il velo e un riscatto sociale da una vita che non le è stata clemente. Vuole sposarsi Giulia, con il velo bianco che poggia sul suo viso quasi come fosse una cascata che s’infrange sulla roccia, smussando gli angoli di un viso scalfito dal trucco e dai sorriso. Anche Giulia è piena di ideali, di sogni e di speranze che vorrebbe coronare tra le braccia del suo amato. La cittadina in cui vivono non è certamente dinamica, tutto scorre lentamente e ogni sforzo viene assorbito dai ritmi lenti della vita quotidiana che trasformano la povertà in miseria e le dicerie in velenosi pregiudizi.
Giulia, porta con se il nome di una madre che non ha mai conosciuto. La sua storia è molto simile a quella della madre, anche lei, dopo il matrimonio, con i bagagli in mano, si trasferisce nella terra di Ciociaria. Pietro, suo padre, era un muratore che lavorava sotto un padrone per guadagnare un boccone di pane. Era un uomo semplice, tranquillo, che rientrava a casa la sera dopo aver bevuto diversi bicchieri di vino all’osteria di Francescone, nella piazza vicino casa. La moglie aspettava che lui rientrasse a casa, in silenzio, sistemando i panni che le avevano lasciato le famiglie che vivevano li vicino, poi sfogava la sua rabbia imprecando per un posto che non le lasciava alcuna soddisfazione e nessuno si faceva gli affari propri.
Alessio era il fratellino di Giulia, aveva dodici anni, non stava mai fermo. Giulia aveva avuto anche un altro fratello ma era morto appena nato. Di lui non si parlava mai in quella casa. La vita di Giulia era una persona semplice, fatta di gioie e dolori, di passioni e gesti che fotografavano perfettamente la quotidianità che si cristallizzava in istantanee nitide e colorate. C’era poi Vincenzo, con un passato non proprio limpido, con un sguardo intenso e gli occhi neri che raccontavano un mondo custodiva gelosamente segreti circoscritti in quei bulbi neri come tesori inenarrabili. I suoi zigomi sagomati, il suo profilo perfetto e la sua aura misteriosa riuscivano a spazzare via anche quel caratteraccio.

Ecco l’intervista con l’autrice Tiziana Baldassarra, che ci ha parlato della nascita del libro
“Giulia” è un libro che racconta la storia di una donna innamorata di un uomo, Vincenzo, dal passato ombroso. Lei, donna piena di sogni e speranze, sogna l’abito bianco, il matrimonio. Hai anticipato questo libro dicendo che parte di questa storia è vera. Come nasce questo libro?
“Il romanzo nasce da un’idea che avevo in mente da alcuni mesi e che ho potuto realizzare non appena gli impegni lavorativi me lo hanno consentito, cioè durante l’estate, periodo in cui torno nella mia città natale, che è Sora, in provincia di Frosinone. Lì ho potuto chiudere gli occhi e respirare il passato, immersa nei ricordi dell’infanzia, negli odori, nei sapori, nei rumori, nei volti e nel parlato della mia gente, perché è tra la mia gente e nella mia terra che è ambientata la narrazione, anche se il raggio d’azione dei personaggi si estende fino a Torino, Milano, Roma e Bologna. E’ vero, nel romanzo si parla di alcune cose realmente accadute e che hanno interessato, tra gli altri, anche i miei nonni materni, i cui personaggi sono presenti lungo tutta la narrazione. Non a caso, in via Cittadella, una delle strade in cui si svolgono alcune di queste vicende e in cui abitano anche Giulia e Vincenzo, è nato il grande Vittorio De Sica, padre del Neorealismo e autore di un capolavoro assoluto come ‘La Ciociara’”.
Perché hai deciso di scrivere questa storia?
“Ho deciso di scriverla per una serie di motivi. Io insegno in un Istituto Superiore del nord Italia, dunque manco da Sora da moltissimi anni, anche se ci torno regolarmente nei periodi di vacanza e lì ho ancora le mie sorelle e tutti i miei affetti familiari. Si dice che nella vita di chi emigra ci sia sempre un momento in cui si avverte il bisogno di tornare nella propria terra, alle proprie radici, una sorta di richiamo alle origini che inevitabilmente, prima o poi, si fa sentire. Da giovani si è orientati al contrario, si ha voglia di andar via, in cerca di fortuna, di quelle opportunità che i propri luoghi non offrono, si hanno energie da vendere e una voglia sconfinata di uscire dal recinto, di spalancare gli occhi sul mondo ‘come carta assorbente’, per dirla con Guccini, ma col passare degli anni le cose cambiano. Cambiano in funzione degli obiettivi raggiunti, dei sogni realizzati, oppure semplicemente naufragati, dissolti nell’aria come bolle di sapone. Col passare del tempo cambiano insomma le prospettive, le priorità diventano altre, e si conquistano sempre maggiori spazi di riflessione sulla propria vita e sul proprio passato. Ecco, è proprio questo naturale bisogno che mi ha spinto a scrivere questa storia, è stato come un voler fissare sulla carta ciò che la mia terra mi ispirava quando vi tornavo oppure pensavo ad essa.
Un altro motivo è stato anche la mia grande passione per la Storia, in particolare quella del Novecento e della Seconda Guerra Mondiale, che ha visto i nostri territori ferocemente martoriati dai tragici eventi bellici che tutti conosciamo. Da insegnante di Lettere sono sempre stata dell’idea che la letteratura giochi un ruolo fondamentale nella formazione dell’individuo ed è necessario che essa contribuisca a diffondere i valori che sono alla base della nostra Costituzione. Scrivere un romanzo storico significa ancorare la vicenda narrata ad un quadro storico e storiografico ben preciso, arricchendo il tessuto narrativo con riferimenti a fatti realmente accaduti, che pur facendo da sfondo alla vicenda, non possono assolutamente essere trascurati, come ha insegnato Manzoni. Devo ammettere che la cosa non è stata facile, poiché il tempo e le energie dedicati al lavoro di ricerca e autodocumentazione sono stati notevoli, ma l’esito è stato più che soddisfacente, in quanto la componente storica è presente e ben distribuita, senza tuttavia appesantire la narrazione. In altre parole, il rapporto tra macrostoria, microstoria e finzione è ben calibrato e il ritmo non viene mai rallentato da inserti documentaristici che ne renderebbero noiosa la lettura”.
Quando hai sentito l’esigenza di raccontare questo amore così profondo ma increspato da sfumature fatte di quotidianità, miseria e guerra?
“Non c’è stato un momento in particolare. Diciamo che avevo voglia di scrivere un romanzo, e non un’opera di tipo storiografico, e poiché tra gli ingredienti fondamentali di ogni narrazione vi sono in genere i sentimenti, l’amore non poteva restarne escluso. Il problema, però, è vedere come lo si intende: si tratta dell’eterno conflitto tra l’amore-passione e l’amore-quotidianità, all’interno del quale si dibatte da sempre l’animo umano. Siamo nel 1943 e Giulia all’inizio è una ragazza semplice e ingenua, che vive il suo amore come fosse una favola. Nonostante i soprusi, la fame, e la miseria che la sua comunità patisce, lei pensa solo ai suoi aspetti più leggeri e romantici, ma si troverà ben presto a fare i conti con un volto dell’amore che non conosceva e che la cambierà in modo doloroso. In un certo senso, “Giulia” rappresenta un ‘Bildungsroman’, un romanzo di formazione, in cui la protagonista farà delle esperienze che la cambieranno in maniera radicale, rendendola una donna forte, coraggiosa, che matura una certa coscienza politica e diventa consapevole del proprio valore. Io ho scelto per Giulia la chiave di lettura dell’amore-quotidianità, quella faccia scomoda dell’amore che non tutti riescono ad accettare, quella che sempre più spesso, oggi, mette a repentaglio le relazioni, spingendole talvolta a soluzioni estreme, come purtroppo ben sappiamo. Giulia non era affatto pronta per vedere questo lato della medaglia, ne incassa i colpi con grande dolore, ma poi si ricostruisce, aiutata in ciò da altre figure femminili che la circondano e che saranno per lei importanti punti di riferimento”.
Chi è realmente Giulia?
“E’ un personaggio inventato come Vincenzo, il suo fidanzato, e come Irma, una figura femminile intensissima, una sorta di coprotagonista che svolge un ruolo assolutamente determinante all’interno della vicenda. Irma rappresenta una presenza scomoda per la comunità sorana e un modello di vita per Giulia, che la ama e la odia ferocemente.
Giulia non rappresenta nessuna delle persone che conosco, non incarna esattamente nessun soggetto particolare. Se proprio dovessi indicare una figura a cui poterla vagamente accostare, penserei a mia madre, ma le differenze tra loro sono tante. I racconti e il vissuto di mia madre, a cui devo moltissimo per quanto riguarda la stesura di questo romanzo, mi sono stati estremamente utili per la ricostruzione di usi, costumi, mentalità, episodi specifici, ma Giulia è un personaggio a sé stante, una donna-tipo, come tante altre donne del popolo vissute in quel periodo storico e in quell’ambiente, e ha la fortuna di avere un fratello di dodici anni, Alessio, che oltre a volerle un gran bene, rappresenta il personaggio più divertente e amabile di tutto il romanzo”.
Secondo te, nella società contemporanea, esiste ancora la volontà di fronteggiare la paura con i sentimenti sopra ogni cosa, proprio come hanno fatto Giulia e Vincenzo?
“Ad essere sincera non credo. La società in cui viviamo si nutre di falsi miti, dettati sempre più scopertamente da un consumismo spinto, è manipolata integralmente dai media e pervasa da una volontà sempre più ostentata di apparire, una società in cui l’immagine è diventata una vera e propria religione, in cui contano sempre più l’apparenza e sempre meno la sostanza. Verrebbe da chiedersi quali siano esattamente i valori di oggi, ma non è facile trovare una risposta, semplicemente perché la società è talmente fluida e cambia a una velocità tale, che è praticamente impossibile individuarli in modo stabile e definitivo. Di certo i valori di un tempo non esistono più, ed è sempre più difficile trovare persone davvero disposte a riflettere su sé stesse o a mettere i propri sentimenti al di sopra di ogni cosa, poiché oggi interessi e priorità sembrano altri. I sentimenti, oggi, sono qualcosa di veramente effimero, di fugace, qualcosa che si ritiene di poter rimpiazzare quando e come si vuole, e questo lo osservo purtroppo anche nei miei studenti, che sono portati a consumare i rapporti sociali, e quindi anche quelli affettivi, in modo a volte un po’ troppo sbrigativo e superficiale. Giulia e Vincenzo, che pure vivono una crisi amorosa fortissima, si dibattono nell’incertezza, cercano di restare a galla attraverso l’impegno politico e con scelte di grande coraggio, ma i sentimenti e i valori in cui sono cresciuti rappresentano sempre e comunque il motore principale delle loro azioni”.

Giulia sogna di sposarsi, di indossare l’abito bianco. Oggi, purtroppo, molte donne non riescono a farlo perché vittime della violenza messa in atto da uomini incapaci di amare. La violenza è in grado di macchiare i sentimenti, trasformandoli in un vero e proprio vortice infernale. Quale messaggio vuoi lanciare alle donne attraverso il tuo libro?
“Il romanzo in verità parla spesso di violenza, ma è quella subita dalle popolazioni in quel periodo, una violenza politica che all’epoca indusse molte donne e molti uomini a compiere scelte di campo ben precise e a combattere per la libertà. Oggi, invece, la violenza contro le donne si scatena in tutto il suo orrore in un clima di libertà e democrazia, in un contesto di relativo benessere socioeconomico, ed è piuttosto il frutto dell’immaturità di certi uomini che non riescono a sopportare le scelte delle donne, le loro decisioni, il loro coraggio, la loro voglia di voltar pagina per poter continuare a vivere ed ad essere felici. Tuttavia, non si farebbe un’analisi seria delle cause di questo fenomeno se non si sottolineasse anche la profonda responsabilità che oggi hanno i media nel diffondere in modo pervasivo, capillare e del tutto gratuito il concetto di violenza, coinvolgendo in quest’azione follemente diseducativa le giovani generazioni, a cominciare dai bambini. Ci sarebbe bisogno, invece, di una rieducazione autentica al sentimento, ai valori della pace, della tolleranza e del rispetto reciproco, in modo da porre al centro l’individuo e non più il business.
Giulia è una donna che precorre i tempi, una che nel 1943 ha imparato a farsi valere e a decidere da sola, a sfidare il potere e a dire di no, e lo ha fatto anche grazie all’esempio di Irma e della Signora, due donne forti e coraggiose che le hanno indicato il percorso. Dunque, il messaggio che mi piacerebbe lanciare alle nostre lettrici è molto semplice e consiste nel sottolineare quanto siano importanti, per ogni donna, l’autonomia, l’autodeterminazione, il saper camminare con le proprie gambe, ma soprattutto la capacità di denunciare le violenze subite e tagliare i ponti senza ripensamenti con il proprio nemico”.
“Giulia” è un libro tutto al femminile. Quanto è valorizzata, secondo te, la donna nella società contemporanea? Quante “Giulia” esistono oggi e quanti “Vincenzo”?
“Oggi la donna è sicuramente molto più libera e autonoma rispetto al passato, e questo è il frutto di decenni di lotte femministe, oltre che politiche e sindacali. Io stessa, all’età di sedici anni, entrai a far parte di un Collettivo che si batteva per i diritti delle donne e tutte insieme scendevamo in piazza contro la reificazione e lo sfruttamento del nostro corpo, ma purtroppo questi obiettivi non sono stati del tutto raggiunti. Ancor oggi, in molti ambiti lavorativi e in diverse zone del Paese, le donne sono retribuite meno degli uomini, vengono discriminate e sono soggette a ricatti di ogni genere, oltre ad avere minori possibilità di accesso all’istruzione e alla qualificazione professionale. Insomma, la strada da percorrere è ancora lunga e richiede l’impegno di tutte noi. Giulia, in questo senso, è una ‘self made woman’, se così si può dire, una donna che nonostante i suoi limiti ha individuato la strada da seguire per costruirsi con le proprie mani un’identità personale del tutto nuova. Vincenzo, invece, è un uomo dal carattere inquieto, un po’ incostante, molto meno capace di leggere i propri sentimenti rispetto a quanto non lo sia Giulia. Lui è l’uomo del dubbio, del ripensamento, della frustrazione, lei è la donna della sfida, del coraggio, della rivincita e della rinascita. E oggi c’è quanto mai bisogno di donne come Giulia”.