“Criminogenesi Evolutiva – La violenza come adattamento umano dalle savane allo spazio”, è un libro scritto da Vincenzo Lusa, professore di Antropologia Forense all’International Institute For Training Security and Peace in the World (Europa 2010) dell’Università Pontificia in Roma e di Diritto Penale all’Università UNISED a Milano, con alle spalle numerose pubblicazioni nell’Antropologia, Diritto Penale e Criminologia; e da Annarita Franza, docente in Discipline Antropologiche alla Facoltà di Scienze della Salute Umana nonché membro associato per la sezione di Antropologia dell’American Academy of Forensic Sciences. E’ inoltre una criminologa professionista presso l’Associazione Italiana Criminologi e Criminalisti. La sua carriera è ricca di prestigiose pubblicazioni scientifiche in ambito nazionale e internazionale.
Il libro, pubblicato da Lo Scarabeo – editrice Milano (Edizioni Scientifiche), è un viaggio nel tempo che sviscera l’evoluzione della specie attraverso i fattori che ne hanno segnato il mutamento e la crescita dell’individuo. L’adattamento ai cambiamenti ha portato l’uomo a cercare cibo, crearsi nuovi spazi, procreare ed eliminare i rivali. Una crescita esponenziale che ha avuto inizio con le tribù di procacciatori di bestie selvatiche distribuiti a chiazze, ma che si è trasformata gradualmente in una popolazione di sette miliardi di abitanti.
Una convivenza certamente non facile per l’uomo, talvolta fastidiosa e piena di insidie, ma con la consapevolezza che alla base di tutto vi è l’accettazione delle diversità. L’uomo si è dovuto adattare continuamente ai mutamenti che la natura ha imposto ma non ha mutato il suo istinto primordiale di attacco e difesa. E’ rimasto un essere violento, spesso irrazionale e in grado di compiere azioni illogiche ed empatiche, proprio come lo era in età pre Homo Sapiens. Oggi come allora, l’uomo ha continuato a commettere omicidi, furti, stupri. Si è reso protagonista di tutte quelle azioni che appartengono alla sua primordiale natura.
Abbiamo intervistato il Dottor Vincenzo Lusa e la Dott.ssa Annarita Franza, autori del libro.
Come nasce il libro “Criminogenesi Evolutiva” in collaborazione?
Vincenzo Lusa: “Con la mia collega vi è sempre stata una forte affinità intellettuale che ci ha permesso di esplorare alcuni delicati settori dell’antropologia; ne è significativo il libro in cui abbiamo attuato l’indagine sull’origine e sulle finalità che la violenza riveste per l’Homo sapiens”.
Annarita Franza: “La mia partecipazione a Criminogenesi Evolutiva giunge alla fine di un sodalizio scientifico con il suo primo autore durato un quinquennio. Abbiamo variamente approfondito la tematica regina del libro, la violenza nell’essere umano, secondo l’egida di diverse discipline (storia della scienza, antropologia forense, diritto penale, neuroscienze comportamentali, per citarne alcune) e un paio di anni fa abbiamo deciso di tirare le somme dei nostri studi in un’opera sistematica. E questo è il risultato”.
Che cos’è la criminogenesi evolutiva?
VL: “L’opera vede la luce da alcune riflessioni in ambito antropico: ci si è posti il fondamentale quesito se la violenza sia necessariamente da valutarsi come un fattore negativo per l’essere umano. Se la risposta venisse intesa in un arco temporale esclusivamente storico, su scala millenaria, la risposta potrebbe risultare positiva, ma se la questione venisse invece proposta in un ambito evolutivo, cioè su scala milionaria in anni, allora la visione muterebbe completamente e quello che viene usualmente considerato un fattore infausto, come è l’aggressività, su scale temporali di grande espansione diviene invece un fattore adattativo di natura biologica che ha permesso all’uomo di sopravvivere nei confronti di un ambiente a lui assolutamente ostile. Peraltro, questo fattore adattativo potrebbe essere soggetto a nuove mutazioni, sempre su scale temporali considerevoli, e ciò rispetto all’interrelazione che viene a crearsi tra l’uomo e gli ambienti del tutto inediti con cui potrebbe venire a contatto. Si pensi ad esempio all’esplorazione spaziale che la teoria della criminogensi evolutiva prevede tra le sue pieghe”.
AF: “La criminogenesi evolutiva è sinonimo di viaggio; metafora che accompagna il lettore fra le pagine del libro. Un’esplorazione (se vogliamo impiegare un termine caro agli antropologi), ma anche un’indagine (per rimanere in ambito forense) negli antri più oscuri dell’animo umano, a partire dalle spire ancestrali della nostra evoluzione fino all’investigazione sugli effetti che questi tratti insopprimibili della nostra specie possono giocare quando coinvolti in un campo dalle possibilità come la ricerca spaziale”.
Che cos’è l’antropologia?
VL: “A mio avviso, si dovrebbe parlare forse più di “antropologie”: ad ogni buon conto, essa rappresenta un comparto scientifico di assoluta rilevanza poiché è in grado di annoverare a sé sia le scienze della vita che le scienze umane; entrambe finalizzate allo studio dell’uomo quando si pone in relazione all’ambiente e ai propri simili. Così nascono i vari rami dell’antropologia come quella fisica, criminologica e molecolare. Queste aree scientifiche tentano di decifrare da dove l’uomo provenga e cosa e quale destino lo attenda in ambito evolutivo”.
AF: “Una domanda questa che meriterebbe un trattato come risposta! Mutuando una felice espressione di Walter Benjamin: «Non sfiora forse anche noi un soffio dell’aria che spirava attorno a quelli prima di noi? Se è cosi, allora esiste un appuntamento misterioso tra le generazioni che sono state e la nostra. Allora a noi, come ad ogni generazione che fu prima di noi, è stata consegnata una debole forza messianica, a cui il passato ha diritto». Ecco, questo è il credo a cui cerco di prestar fede nel corso delle mie ricerche: assicurare la migliore “giustizia storica” alle biografie umane e scientifiche che ho la fortuna di incontrare lungo il mio percorso di studio e ricerca”.
“La violenza come adattamento umano dalle savane allo spazio” è il sottotitolo che avete scelto. Nel libro viene raccontato il processo di adattamento intrapreso dall’uomo nel corso dei secoli. Un processo lungo e non facile ma che ha mantenuto delle costanti fortemente legate agli istinti primordiali, esempio tra tutti la violenza. Cosa rappresenta per l’essere umano la violenza? Come si è evoluta nel corso dei secoli? Come e perché la manifesta?
VL: “La violenza può essere intesa non esclusivamente come un fattore “maladattivo”, ma anche benevolo per l’essere umano. Questo fattore può anche essere denominato “carattere” e assume un suo preciso connotato biologico nella teoria della criminogenesi evolutiva che mette in sistema vari parametri scientifici per comprendere l’origine della violenza nell’uomo. Alcuni parametri sono propri delle scienze antropologiche come le mutazioni genetiche, le grandi migrazioni umane (occorse in tempi ancestrali) e la selezione naturale. Altri provengono dalle scienze criminologiche come la biologia dell’encefalo del deviante o l’ambiente ove il criminale vive o è vissuto. Il tutto con l’intento di chiarire se il carattere adattativo della violenza sia frutto di una possibile mutazione biologica, poi premiata dalla selezione naturale, oppure se la violenza sia dovuta a una componente genetica importata da specie umane affini al Sapiens e con le quali quest’ultimo, in tempi assai remoti, è venuto a contatto instaurando probabili relazioni di natura sessuale, tali da permettere l’importazione, nel nostro patrimonio biologico, di alcuni tratti genetici che potrebbero predisporre all’aggressività.
In letteratura vi è prova che ciò si è verificato anche nel campo del comportamento, come lo studio dell’allele MAOA-L: in un dato individuo il possesso di certi alleli, e di alcune malformazioni a livello encefalico, possono essere alla base, in determinate condizioni, di atti efferati. Al riguardo, la teoria della criminogenesi evolutiva prevede la possibile evoluzione/mutazione del genoma preposto al controllo e rilascio degli atti aggressivi nell’uomo, nell’ipotesi che venga a contatto con nuovi e sconosciuti ambienti. Circa quest’ultimo aspetto, la teoria getta le basi per un particolare warning: potrebbe risultare catastrofico, nel selezionare gli equipaggi delle missioni spaziali di lunga durata indirizzate oltre l’orbita lunare (es: quella dedicata al prossimo soggiorno dell’uomo su Marte), il sottovalutare o trascurare caratteristiche biologiche come malformazioni encefaliche o marcatori biologici predittivi del comportamento criminale”.
AF: “Oltre alle costanti scientifiche, abbiamo in questo volume cercato di riportare l’aggressività e la sua manifestazione violenta al suo sostrato ultimo: l’uomo esperito nella sua singolare concretezza. È per questo che, accanto ad una disamina attenta della letteratura in materia, il lettore potrà soffermarsi su casi studio che esulano dal gossip giudiziario e che lo accompagnano nella costruzione della propria visione circa la violenza nei nostri congeneri. Le storie che abbiamo ricostruito hanno richiesto anni di lavoro archivistico e, dipanate su un fuso di quasi due secoli, ben rispondono alle sue domande secondo la migliore lente d’ingrandimento possibile: la cronaca come cartina tornasole di un milieu scientifico, culturale e sociale in divenire come, da sempre, è la nostra peregrina mondanità terrena”.
Che cosa rappresenta il cambiamento per l’essere umano?
VL: “Il cambiamento, in un’ottica biologica ed evoluzionistica, rappresenta una caratteristica precipua benevola dell’essere umano, anche perché senza alcun cambiamento genetico e biologico non vi sarebbe l’adattamento all’ambiente che la teoria della selezione naturale richiede, e in tale evenienza le probabilità di sopravvivenza si avvicinerebbero allo zero”.
AF: “Albert Camus paragona l’inezia spinta al parossismo all’atrofia muscolare. Il cambiamento, la volontà di rinnovamento rappresentano l’unica “fisioterapia” possibile ad evitare la cronicizzazione di questo stato; una “cura” che l’essere umano ha attuato fin dall’alba dei propri tempi. In Criminogenesi Evolutiva, sfatiamo il qualunquismo del cambiamento percepito solamente come flusso di energia positiva: molto spesso, la riuscita dell’adattamento all’ambiente (in ottica macroscopica) od il capovolgimento di una situazione particolare (in ottica microscopica, ossia secondo l’esclusiva personalità del soggetto in transizione) passa anche dall’estrinsecazione di istinti culturalmente stigmatizzati”.
Come ha reagito nel corso dei secoli?
VL: “Ribadisco che l’essere umano, nell’ottica sapiens, non può essere circoscritto ai fini dei cambiamenti di natura biologica – per ciò che riguarda la sopravvivenza dei caratteri favorevoli che l’ambiente premia per la conservazione della specie- in un arco secolare e neppure millenario. Occorre invece una scala temporale di durata milionaria, affinché un carattere di nuovo conio possa affamarsi con successo in un organismo e determinarne il successo in senso evoluzionistico. Quanto descritto potrebbe benissimo essere avvenuto anche per ciò che concerne l’aggressività umana”.
AF: “In vari modi, ovviamente. Costruendo, decostruendo, evolvendosi in cespugli dai rami “fertili” e perseguendo propaggini destinate a non attecchire, come i vari ominini che hanno perso la gara evolutiva. Tuttavia, questa metafora agonistica non condanna come anticaglie nozionistiche da cruciverba le tappe della nostra evoluzione biologica. Si pensi ad esempio al mio ominine preferito, Homo Naledi, e alle straordinarie affinità che presenta con la contemporaneità, ad esempio la coesistenza di caratteristiche anatomiche differenti come meccanismo di adattamento all’ambiente circostante. Un’immagine che mi ha sempre affascinato per il valore che la stessa natura ripone nella diversità, in quella perfezione singolare sempre imperfetta, che ci rappresenta tutti e la cui importanza spesso dimentichiamo”.
Darwin diceva: “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”. Quanto è valida oggi questa teoria?
VL: “E’ assolutamente così ed è sulla variabilità genetica, che è alla base della stessa evoluzione, che si gioca il destino di una specie e in particolare sui quei caratteri biologici che risultano maggiormente adatti all’ambiente; basti pensare quante specie affini al sapiens sono esistite nel corso dell’evoluzione. Ma l’evoluzione e la selezione naturale, quest’ultima da porsi alla base della stessa evoluzione, hanno infine premiato solo l’Homo sapiens decretando la scomparsa degli altri ominini antesignani al Sapiens ivi comprese quelle specie a lui coeve come ad esempio il Neanderthal, e sono personalmente certo che l’aggressività manifestata dal Sapiens abbia giocato un ruolo fondamentale in questo schema”.
AF: “Credo fermamente nella forza propositrice del cambiamento inteso secondo parametri biologici, culturali o filosofici. Come la nostra evoluzione insegna, il cambiamento non è da intendersi come una linea retta tesa verso un infinito positivo. Certo, a volte questa spinta vitale si incanala in modelli e ideali socialmente accettati come perseguibili nella società in cui viviamo; altre volte innesca momenti di rottura dei paradigmi vigenti dalla cui rivoluzione spesso nasce un nuovo ordinamento scientifico o sociale, per dirla parafrasando Thomas Kuhn. In altre occasioni ancora, il cambiamento percorre strade che rispondono solo al soddisfacimento di un bisogno individuale e che non sempre sono foriere del rispetto dell’ordine sociale vigente nonché dell’altro come la strada che Criminogenesi Evolutiva percorre e racconta. In questo caso la “reattività” di cui parla Darwin si esplica per me nell’aprirsi senza preconcetti, pregiudizi o ancor peggio atteggiamenti presentisti (Habermas indicava nel presentismo la facile lusinga che conduce all’interpretazione del passato attraverso categorizzazioni contemporanee) alla comprensione dell’aggressività e della violenza come tratti accomunanti tutti gli esseri umani. Il macabro è un concetto ottocentesco di umana fabbricazione; una coltre che oggi ammanta come un tabù il nostro rapporto con la malvagità, la morte e loro intendimento. Presso il cimitero fiorentino di Trespiano, vi è una croce che recita: «In morte, vita», nella morte vi è la vita. Dovremmo ricordarcelo più spesso”.
Quali sono i fattori che possono inficiare positivamente o negativamente gli individui?
VL: “Dipende dalle circostanze e quali fattori intendiamo e la storia della vita sulla Terra lo ha dimostrato. I caratteri favorevoli sono premiati dall’ambiente e i “non-senso biologici” non hanno grandi speranze di fornire la sopravvivenza agli organismi che li possiedono. Ulteriore esempio è riferibile alla deriva genetica, che è stata valuta nel libro, che è dovuta ad avvenimenti drammatici come i disastri naturali che nella storia di questo pianeta sono sati in grado di ridurre drasticamente il patrimonio genomico di alcune specie. Viceversa, un ambiente assolutamente favorevole all’individuo può predisporlo alla sopravvivenza. Ma esistono altri fattori come la cultura che non è opposta alla natura, ma anzi né in grado di influenzarla. Una predisposizione biologica (si pensi all’allele del gene MAOA) a compiere atti devianti in un soggetto in determinate situazioni è certamente soggetta a un’ influenza di natura ambientale. Anche le cure scolastiche e parentali giocano un importante parte in tutto ciò”.
AF: “Fattori culturali, biologici e sociali, la cui escussione è sempre differente fra individuo ed individuo. All’interno della nostra galleria di casi studio, ad esempio, ricostruiamo (riportandone per la prima volta alla luce il ritrovamento del cranio) la biografia umana e scientifica di Vincenzo Rosi, l’ultimo ghigliottinato fiorentino. La storia della sua efferatezza è sorprendente così come i moventi che la scatenarono. La valutazione del caso è affidata a celebri antropologi dell’epoca come Mantegazza ed Amadei, quest’ultimo allievo di Cesare Lombroso, per la formulazione di un giudizio che pur affondando le radici in una disamina medica, non può prescindere dall’analisi dell’unicità tipologica umana, la singolare ed irrepetibile natura di Vincenzo Rosi e le strategie di adattamento che questa mette in pratica rispetto all’esteriorità di ciò che la circonda”.
Quali sono le azioni di contrasto e prevenzione per la violenza, figlia essa stessa di un cambiamento spesso troppo grande e prematuro per l’individuo?
VL: “Il legislatore penale cerca continuamente di fornire soluzioni al contenimento, prevenzione e repressione della violenza, spesso senza riuscirci, perché la natura stessa della violenza nell’uomo è multifattoriale e soggetta a cambiamenti di natura culturale ed ambientale. L’espressione della violenza nell’uomo, la storia del codice penale lo dimostra, è come un virus che muta e spesso non si riesce a creare la cura idonea. Certo il monitoraggio di soggetti a rischio di devianza, come i pericolosi sociali previsti nel nostro ordinamento, può dimostrarsi utile, così come l’utilizzo delle misure di prevenzione. Occorrerebbe tuttavia un’indagine di natura genetica, come la teoria della criminogenesi evolutiva prevede, da espletarsi in determinate circostanze e nel libro se ne è discusso circa l’esplorazione spaziale e indagando la genetica comportamentale di alcuni imputati sottoposti a procedimento penale”.
AF: “Sicuramente la conoscenza e la comprensione. Criminogenesi evolutiva vuol proprio evidenziare come la sinergia fra queste due costanti sia l’unica via per approcciarsi al futuro e poter provare a rispondere con preparazione e competenza alle sue incognite. E’ per questo che nel libro affrontiamo una tematica “scomoda” come la violenza declinata oltre il binarismo di tradizione occidentale maschile/femminile, raccontandone l’esistenza anche in atti criminali che coinvolgono identità di genere fluide. In questo caso, abbiamo voluto puntare il pedale dell’acceleratore, non più secondo l’ottica esclusiva della vittimizzazione, bensì analizzando quali sono le strategie, i moventi, le occasioni ed i desiderata di un autore di reato il cui orientamento sessuale e la cui espressione identitaria di genere esulano l’eterosessualità e l’eteronormatismo. Quest’esperienza genera conoscenza; la conoscenza, comprensione; la comprensione, prevenzione”.
Come state promuovendo il libro?
VL: “Tra le varie iniziative il 27 settembre ci sarà una serata dedicata alla Scienza presso l’osservatorio astronomico di Brembate (Bergamo) “Torre del Sole” dove con la mia collega esporremo la nostra teoria del Neuro- crimine applicato all’esplorazione spaziale e tale modello scientifico discende proprio dalla teoria generale della Crininogenesi evolutiva”.
AF: “Innanzitutto rendendo Criminogenesi Evolutiva il più “social” possibile. Crediamo fermamente nella produzione di cultura e conoscenza non come un fenomeno autarchico, solpsistico e polveroso, bensì come una fucina di dialogo costante. Per questo abbiamo creato una pagina Facebook eponima, che aggiorniamo costantemente circa le date ed i luoghi in cui è possibile fare conoscenza con Criminogenesi Evolutiva ed un canale YouTube. Inoltre siamo impegnati nella costruzione di un calendario di presentazioni librarie che il prossimo 11 settembre ci porterà alla Feltrinelli di Parma per discutere del libro assieme al Generale Luciano Garofalo ed alla dottoressa Cinzia Gimelli dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi”.
Dove è possibile acquistarlo?
VL e AF: “Criminogenesi Evolutiva è presente in tutti i maggiori circuiti di vendite librarie, fisiche ed online. Tuttavia, siamo fermi sostenitori delle librerie indipendenti per cui il miglior posto dove ordinarlo ed acquistarlo è… sicuramente la libreria che avete sotto casa!”.