Ognuno ha la sua bibbia. E non è detto che sia la Bibbia. Può essere un libro che indica la morale, solo un libro, solo una morale, una via da percorrere. Anche il Corano, per chi ci crede e non sa che è uno scopiazzamento della Bibbia a uso e consumo del profeta. Il quale, per tenere nell’ignoranza i fedeli, ha inculcato loro che è il libro della verità, l’unico libro. Pure la Bibbia ha scopiazzato a man bassa dai testi delle civiltà precedenti.
Io non sono per un solo libro, ma per la Conoscenza. Senza conoscenza non c’è vita. Si vive come morti. Si può vivere in molti modi: andare a lavorare, tornare a casa, mangiare, guardare la tv, andare in palestra, dall’estetista e dal parrucchiere, svagarsi con la lettura dei giornali di gossip, navigare su internet, andare in vacanza… L’anima rimane sottoterra. Esattamente come per quei musulmani che camminano davanti alla loro donna infagottata come un salame per le strade roventi delle nostre città italiane. Vite inutili che tendono a soddisfare i propri bisogni corporali.
Per molti conoscere è faticoso, meglio fare. Efficienza non è sinonimo di intelligenza. Al pensiero segue l’azione, ma quando è il pensiero a seguire l’azione, quello che si è fatto non si può cambiare. Con tutte le conseguenze del caso.
Per imparare a pensare bene, bisogna leggere. Una frase ti fa pensare: le idee nascono solo da altre idee. Un libro non si legge per passare il tempo, cioè per ammazzare il tempo. Il tempo è la nostra vita, come si può disprezzarla così? Un libro si legge per far affiorare l’anima, per nutrirla e farla crescere. Sino a che lei ti parlerà e non sarai più solo. Come si fa? Basta leggere i pensieri immortali che le anime ci hanno lasciato nei libri. Senza sete di sapere non si capisce la vita. La vita è ricerca e la conoscenza ricchezza perché dà pienezza alla vita.
Scoprire chi eravamo aiuta a capire chi siamo. Ci sono molti libri per questo. Di scienza, come astronomia, fisica, biologia, o di antropologia, di storia, ecc. A me interessa, anzi sono assettata di storia delle religioni perché è la narrazione più antica che gli uomini si sono fatti della natura fuori e dentro di loro. Hanno messo subito gli dei fuori di loro per giustificare le proprie azioni. Gli uomini si innamoravano loro malgrado: era colpa della dea dell’amore Afrodite o di suo figlio Eros. Insomma una calamità naturale come un terremoto; cambiava solo il dio a cui ascriverla, che in questo caso era Poseidone. Quindi la colpa stava sempre fuori: era di qualcun altro che influiva sulle loro azioni e sulle loro disattenzioni. Nessuna responsabilità: comodo e molto infantile.
Sono passati i millenni, ma non siamo cambiati molto, a parte il fatto che abbiamo molti dei mortali ai quali dare la colpa e a cui tirare il collo appena le cose non vanno per il verso giusto. Eppure li scegliamo sempre noi. Come scegliamo chi sposare, ma un bel giorno l’altra metà della mela finisce addentata. Sfogare le proprie frustrazioni tra le mura domestiche è l’azione più facile e meschina.
I miti ci spiegano perché siamo arrivati a questo punto e l’hanno insegnato alla psicanalisi. Lo sta dicendo spesso anche papa Francesco: la donna è stata sottovalutata da Adamo in poi. Direi anche prima. Quando l’uomo si è accorto che la donna lo serviva per amore. Per essere amata. La Bibbia è stata scritta dagli Ebrei dopo. Ma Sumeri, Babilonesi, Assiri, Egiziani, Greci avevano già fatto del loro peggio per denigrare la donna. E come? Forzando la Natura, la divinità più antica che stava nel sole e nella luna, nel cielo e nelle stelle, nel mare e nella terra. L’uomo e la donna dentro di loro avevano tutto questo. Forse era l’Eden. Ma un giorno l’uomo si è accorto di essere il più forte perché non aveva bisogno dell’Amore. Anzi, era meglio che le sue azioni non fossero influenzate da questa divinità. E la lotta dei sessi ha avuto inizio.
Le religioni patriarcali, quelle che conosciamo, sono frutto dell’intelletto maschile di rendersi spiritualmente autosufficiente.
Prima “la dea Luna imponeva all’uomo di rendere omaggio spirituale e sessuale alla donna” perché era lei che “presiedeva a tutti gli atti di generazione: fisica, spirituale e intellettuale”. L’ha scritto dieci anni fa un uomo che non c’è più, il grande studioso di miti Robert Graves, nella sua opera più complessa e affascinante: “La Dea Bianca” pubblicata da Adelphi. In questi mesi è la mia bibbia che leggo e rileggo ossia la “grammatica storica del mito poetico”, come l’ha chiamata lo stesso Graves.