Rabbia per un lutto, per una frustrazione, la rabbia cieca e folle ma anche quella positiva ed educatrice. Ci sono tanti tipi di reazioni violente, il problema è come gestirle. Un aiuto viene ora da Catherine Vitinger, fra i maggiori esperti di Krav Maga, la tecnica di difesa personale diffusa in tutto il mondo, e dallo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi, che hanno scritto insieme «È inutile che alzi la voce», appena uscito per Mondadori (pp. 178, Euro 17,50).
"La sfida è stata di riunire la mia esperienza di vita con la conoscenza medica di Picozzi. Lui ha una visione clinica della rabbia e io una gestione pratica. I fenomeni di rabbia non sono strettamente legati a una situazione, covano dentro di noi e l’abilità sta nel gestire situazioni che apparentemente non portano logicamente a una reazione violenta" spiega la Vitinger che è stata, con questa guida pratica, al recente Salone del Libro di Torino. Nata a Nizza, la Vitinger a 5 anni si è trasferita in Israele dove, dopo un lungo addestramento militare, ha lavorato nella sicurezza, e dal 2003 vive a Milano.
"Ho fatto il militare e imparato in Israele le tecniche di autodifesa. La prima cosa da fare è vedere se la manifestazione di rabbia viene da una persona disperata, che quindi va aiutata creando una sorta di empatia, o da una persona che vuole minacciare" dice la Vitinger e sottolinea che "non si tratta di non avere più un proprio temperamento ma di non terrorizzare la gente. E di capire che c’é un modo, aiutandosi con l’immaginazione, di cambiare la propria visione sui comportamenti delle persone".
La stessa Vitinger racconta: "Io che ho fatto tre guerre posso dormire con le mitragliatrici intorno ma non riesco a farlo quando i miei vicini spostano di notte i mobili. Questo perché sento che dietro il loro atteggiamento c’è un dispetto ma quello che bisogna fare è riuscire a non considerarlo tale e sarà più facile rilassarsi".
Sembra una cosa semplice e piuttosto banale ma seguendo le regole della Vitinger, che vengono proposte prendendo in considerazione il punto di vista di chi aiuta e di chi deve essere aiutato a gestire la rabbia, si possono fare buoni passi avanti sulla via di una maggiore consapevolezza di sé e tranquillità.
"So – afferma la Vitinger – che questo metodo funziona, che ha aiutato tante persone e vorrei aiutarne altre. Voglio fare qualcosa di utile". Ad essere molto importanti sono anche gli esercizi fisici attraverso i quali "la persona si appropria del suo corpo, si sente più padrona di se stessa ed è quindi meno fagocitata dall’altro. Saper dire, per esempio di no a qualcuno è un atto che viene prima fisicamente. Da questa strada si arriva a cose più sottili", conclude.
Il primo passo, come viene mostrato nel libro, che è un vero e proprio manuale per gestire la rabbia, è capire le situazioni: "Spesso i capi al lavoro usano la rabbia per affermare il loro potere e in questo caso il soggetto deve prendere le distanze. La soluzione va trovata prima, a partire dalla percezione. Dunque, per chi aiuta ci deve essere una connessione di empatia, quella forma di rispetto che porta il soggetto a calmarsi e la protezione che può essere un abbraccio, un atto di affetto" dice l’autrice. Per chi la vive, invece, "se la causa della rabbia è un lutto – continua – deve essere vissuto perché è una cosa naturale che comunque non va riversata sugli altri. La rabbia sana, quella educatrice, dei genitori verso i figli, va invece manifestata". «È inutile che alzi la voce» comprende anche una vera e propria storia della rabbia e le preziose considerazioni di Picozzi.