Oltre trecento voci per dare un volto, collettivo, alla letteratura americana del XX e XXI secolo. «La letteratura americana dal 1900 a oggi Dizionario per autori», a cura di Luca Briasco e Mattia Carratello (Einaudi Editore), è quella che, nella terminologia della casa editrice torinese, si definirebbe una "grande opera", che appare però in una veste agile, nelle coloratissime Mappe della Piccola Biblioteca einaudiana. Un volume che rinnova l’infinito fascino borgesiano delle elencazioni e del tentativo enciclopedico che, il grande argentino ce lo insegna, seppur tortuosamente, altro non è che il desiderio di dare un ordine al mondo, o quantomeno a una parte di esso.
Qui si discetta della letteratura degli Stati Uniti, che nel Novecento secolo americano per definizione ha preso il posto, nell’immaginario collettivo e nei consumi di massa, di quella britannica. E il viaggio è affascinante, tra nomi notissimi e inevitabili come Hemingway ("Teorico di una totale identificazione tra arte e vita, tradotta nell’idea che un narratore debba scrivere solamente di ciò che sa per averlo sperimentato in prima persona") ad altri ai più probabilmente meno noti, come quello, per citarne uno a caso, di Michael Kirby, che "condivise con numerosi esponenti della neoavanguardia degli anni ’60 e ’70 un’idea dell’arte come evento performativo intrinsecamente o almeno parzialmente totale".
Le voci del dizionario hanno un andamento bifocale: da un lato la strada bio-bibliografica, dall’altro quella della critica, sia specifica sia complessiva, delle opere dell’autore in questione. Il tutto salvaguardando la sostanziale brevità dei testi, che assumono fascino anche per questo (per molti versi vertiginoso) tentativo di condensare in poche pagine interi universi letterari.
Come tutti i dizionari, naturalmente, c’è anche una scelta di voci, che resta opinabile. In questo caso pare essere rumorosissima una assenza in particolare: quella di Kurt Vonnegut, il cantore di un’intera stagione, ben riassunta dal suo capolavoro "Mattatoio n.5". Ciò detto, al lettore resta il piacere di perdersi nel labirinto (e la terminologia rimanda sempre a Borges) dei nomi e dei cognomi, per tentare di sussumere il senso dell’epopea faulkneriana o del silenzio doloroso di un Michael Herr, autore dello straordinario "Dispacci", pur dopo una lunga e complessa gestazione, e poi sostanzialmente ritiratosi in un (relativo) silenzio.
Con incroci alfabetici suggestivi, come quello del vicinato tra il misterioso B. Traven e un’autrice di grandi bestseller come Anne Tyler, oppure quello tra Jonathan Franzen e Paula Fox, scrittrice che l’autore de "Le Correzioni" ha più volte sostenuto e propugnato. Il tutto seguito poi dalla voce dedicata al poeta di "Conoscenza della notte", Robert Frost. L’America forse sarà anche un’invenzione (di Franz Kafka, probabilmente), ma il suo mito e la sua cultura restano qualcosa di difficile da definire in tutti gli aspetti.
Benvenuto quindi a un dizionario che (non) metterà ordine in tutta l’incandescente materia letteraria a stelle e strisce, e che ancora una volta ci ricorda che, in fondo, come sa bene anche Umberto Eco, quasi tutto si riduce a una lista, e alla sua meravigliosa vertigine.