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July 13, 2025
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Da Baku con amore… per storia, cultura, musica e modernità

Reportage dalla capitale dell'Azerbaijan dove un popolo fiero conquista il futuro senza abbandonare le sue tradizioni. Il rapporto speciale con l'Italia

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

BAKU – La prima impressione, arrivando a Baku, è sorprendente: tutto appare sereno. Sono passate le dieci di sera, eppure le famiglie passeggiano sul Bulvar, i ragazzi sfrecciano sui monopattini e gli anziani sorseggiano il tè sotto i platani. La capitale dell’Azerbaigian ha l’eleganza lucida di una città consapevole della propria direzione, che non ha bisogno di correre né di andare a dormire presto.

Proprietari, non inquilini

Durante i giorni trascorsi in città, ho chiesto ai miei accompagnatori come spiegare questo clima rilassato e ottimista. La risposta, ripetuta come un mantra: “Biz ev sahibiyik”, siamo tutti proprietari di casa. Oltre l’85% delle famiglie azere possiede l’alloggio in cui vive, grazie alle privatizzazioni post-sovietiche, a una fiscalità favorevole e, soprattutto, a mutui agevolati garantiti dallo Stato. Gli affitti sono riservati quasi esclusivamente agli stranieri, in particolare a diplomatici e professionisti nelle aree moderne come White City o le Flame Towers. Questa proprietà diffusa genera una sensazione tangibile di stabilità.

Efficienza energetica e partenariato italiano

L’Azerbaigian contribuisce appena per l’1% alla produzione globale di petrolio e gas. Eppure, il suo settore energetico è sorprendentemente efficiente. Il Vice Ministro dell’Energia Elnur Soltanov, incontrandoci in un edificio ministeriale di epoca sovietica affacciato sul Mar Caspio, ci ha ricordato con orgoglio che la centrale elettrica più grande del Paese funziona oggi con turbine italiane prodotte da Ansaldo. “Abbiamo aumentato l’efficienza del 30%,” ha detto. “Questo significa centinaia di milioni di metri cubi di gas risparmiati ogni anno—gas che possiamo esportare o reinvestire nella transizione verde”.

Questa transizione è più di uno slogan. Baku ha ospitato la COP29 nel 2024. Nell’area di Absheron si moltiplicano i parchi eolici, e si sta studiando un corridoio per l’idrogeno verde verso l’Europa da 10 gigawatt. Anche qui, l’Italia è un partner strategico. “L’Italia è oggi il nostro primo partner commerciale nell’UE, e l’energia ne è il cuore,” ci ha dichiarato Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian e Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera. nel suo ufficio nel palazzo presidenziale, anch’esso un esempio architettonico del passato sovietico.

Italia e Azerbaigian: molto più che tubi

Hajiyev ci tiene a sottolineare come l’asse tra Baku e Roma sia anche culturale. “La moda italiana è una chimica tra i nostri popoli,” ha detto ridendo, commentando la mia sorpresa nel vedere tanti negozi di alta moda lungo via Nizami, come Ferragamo, Armani, Bottega Veneta e tanti altri. La cooperazione si estende anche alla diplomazia accademica: da settembre, cinque università italiane attiveranno corsi presso la ADA University di Baku. “Saranno ambasciatori tra Italia e Azerbaigian,” ha sottolineato.

Fuoco sacro e fedi conviventi

Molto prima del petrolio, la risorsa simbolica dell’Azerbaigian era il fuoco. A 20 chilometri da Baku si trova l’Ateshgah, il tempio del fuoco zoroastriano, dove ancora oggi bruciano fiamme eterne. La parola “azer” deriva dal persiano e significa proprio fuoco. In luoghi come Galaaltı, le grotte monastiche dell’VIII secolo conservano tracce del culto cristiano. Islam, cristianesimo e zoroastrismo hanno convissuto a lungo.

Oggi, pur essendo a maggioranza musulmana sciita, ciò che colpisce i visitatori—almeno nella capitale—è il ruolo delle donne. Le donne di Baku sono visibilmente libere, fiere, indipendenti. Le vedi guidare auto sportive, gestire boutique, dirigere redazioni. Il velo è raro e spesso portato con jeans e occhiali da sole. L’emancipazione femminile è reale, figlia della tradizione sovietica ma anche, forse, della cultura zoroastriana. La nostra guida, una collega giornalista, ci ricorda come l’Azerbaigian abbia concesso il voto alle donne già nel 1918, nella breve esperienza indipendente prima dell’arrivo dei bolscevichi nel 1920.

Il Viale dei Martiri e la memoria della libertà

Tra le visite più toccanti, quella al Martyrs’ Lane, un tempo Parco Kirov. Questo cimitero monumentale custodisce le tombe di coloro che morirono per la libertà nazionale durante la repressione di Mosca avvenuta nel 1990 durante la caduta dell’impero sovietico. Camminare tra le lapidi è un atto di rispetto ma anche una lezione di storia: tra i martiri, molti avevano origini russe, a dimostrazione di quanto la memoria collettiva azera superi le appartenenze etniche. La cura con cui viene mantenuto il sito rivela quanto il Paese tenga alla propria identità e al sacrificio di chi ha lottato per essa.

Intrappolata tra tre giganti

La geografia dell’Azerbaigian non ha mai reso facile l’indipendenza. Circondato da Russia, Iran e Turchia (nonostante stati cuscinetto come Georgia e Armenia), il Paese ha affinato l’arte della diplomazia. La Turchia è ormai il “fratello maggiore”, con cui condivide lingua, progetti infrastrutturali e un accordo di difesa firmato nel 2020. L’Iran è più ambivalente: critica i rapporti di Baku con Israele, ma non può ignorare che circa il 30% della propria popolazione è etnicamente azera.

I rapporti con la Russia oscillano. Mosca ha mediato il cessate il fuoco del 2020 con l’Armenia, ma le tensioni sono riesplose dopo l’uccisione di due cittadini azeri in una stazione di polizia russa—Baku sostiene che siano stati torturati (27 giugno 2025). Le ferite dell’incidente aereo del 2024, quando un volo civile azero fu colpito nel sud della Russia, sono ancora aperte.

La politica estera qui è definita “multivettoriale”: a parte il conflitto con l’Armenia per il Karabakh, Baku afferma di avere buone relazioni con tutti. Bandiere italiane e turche sventolano accanto a quelle dell’UE e degli USA. Diplomatici russi e iraniani continuano a partecipare a cerimonie pubbliche. L’Azerbaigian rivendica il proprio ruolo di attore indipendente.

Bonificare il passato, costruire il futuro

Il Paese sta investendo massicciamente nella bonifica dei territori da mine e residuati bellici esplosivi (ERW) riconquistati dopo il conflitto con l’Armenia. Presso l’Agenzia per le Azioni contro le Mine, una mappa segnala in rosso le aree ancora pericolose.

Il Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia per le Azioni contro le Mine della Repubblica dell’Azerbaigian, Samir Poladov, ci ha mostrato il loro lavoro: “Ogni ettaro che bonifichiamo è un ettaro dove una famiglia può tornare a vivere.” Tuttavia, solo circa 100.000 degli oltre un milione di profughi del Karabakh sono effettivamente rientrati finora.

La diaspora come forza

La ricostruzione si estende anche all’estero. Elshad Aliyev, Vice Presidente del Comitato Statale per il Lavoro con la Diaspora della Repubblica dell’Azerbaigian, , coordina reti in 70 Paesi. La sua missione: rafforzare i legami culturali ed economici, e combattere la disinformazione—spesso attribuita alle “lobby armene in Francia e Nord America.” E’ stato il Comitato per la Diaspora a organizzare la nostra visita a Baku.

Fake news e libertà di stampa

Abbiamo condotto un workshop con giovani giornalisti locali sul fact-checking e l’etica, organizzato dalla Media Development Agency. In un Paese con una bassa posizione nei ranking sulla libertà di stampa, ha suscitato un dibattito delicato.

Quando ho chiesto a Hajiyev dei giornalisti incarcerati, ha risposto: “Vogliamo facilitare il lavoro dei giornalisti, che ovviamente sono liberi di criticare il governo. Abbiamo una legge che li esenta dal pagare le tasse.” Ma poi ha aggiunto: “Non possono però ricevere denaro da potenze straniere. Coloro che abbiamo arrestato ricevevano fondi da USAID per scrivere contro il Paese.” Quando gli ho fatto notare che Trump ha smantellato USAID, ha semplicemente sorriso.

La voce dell’Italia: fiducia e transizione verde

L’Ambasciatore italiano in Azerbaigian, Luca Di Gianfrancesco, parla di un rapporto strutturato su più livelli: “politico, economico, sociale”. L’Italia è partner nella transizione energetica. Le turbine italiane dell’Ansaldo, come aveva ricordato già il viceministro dell’energia Soltanov, hanno aumentato del 30% l’efficienza della centrale elettrica più importante. “Serve una strategia comune: contratti a lungo termine e il sostegno delle banche multilaterali”.

Cucina e musica: l’orgoglio dell’ospitalità

La cucina azera è conviviale e profumata: carni alla brace, melanzane grigliate e aromatizzate, insalate e salse dallo stile mediorientale ma con un gusto forte d’identità locale, sfornati di riso irresistibili. In un ristorante-museo come lo Şirvanşah Muzey Restoranı, i piatti vengono serviti tra strumenti tradizionali appesi e musica dal vivo. L’amore per il belcanto è ancora forte: celebri cantanti azeri hanno calcato il palco della Scala di Milano.

Un Paese antico e moderno

Al tramonto, mentre dalla Torre della Vergine si mescolano preghiera e jazz, l’Azerbaigian rivela la sua doppia anima. Un Paese musulmano e sciita che riesce a valorizzare la memoria e la tradizione, senza frenare la sua corsa verso il futuro e il benessere. La vera immagine di questo equilibrio resta la donna azera: libera, fiera, professionista. Una cittadinanza moderna, che nell’affrontare il domani appare con i piedi saldi nella propria storia.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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