La curatrice Koyo Kouoh è morta il 10 maggio all’età di 57 anni dopo una lunga malattia. “Con lei confermiamo quello che la Biennale sostiene da oltre un secolo: essere la casa del futuro.” Con queste parole era stata accolta dal presidente della Biennale di Venezia, Pietrangelo Buttafuoco, che nel dicembre 2024 l’aveva nominata curatrice della 61ª Esposizione Internazionale d’Arte, in programma nel 2026. Sarebbe stata la prima curatrice africana a ricoprire questo incarico.
Camerunense, ma cresciuta in Svizzera, Kouoh rappresentava un approccio innovativo all’arte, con una visione orientata al futuro e attenta all’apertura verso nuovi orizzonti culturali, in una prospettiva sia panafricana sia internazionale.
Viveva e lavorava tra Città del Capo, Dakar e Basilea. Nel corso della sua carriera ha organizzato numerose mostre, molte delle quali dedicate al mondo femminile, come Body Talk: Feminism, Sexuality and the Body in the Works of Six African Women Artists, presentata per la prima volta a Bruxelles nel 2015. È stata curatrice anche di Still (the) Barbarians, la 37ª edizione di EVA International, la biennale d’arte irlandese, nel 2016, e ha partecipato alla 57ª Carnegie International a Pittsburgh.
Dal 2013 al 2017 ha curato il programma della 1-54 Contemporary African Art Fair, la prima e unica fiera internazionale interamente dedicata all’arte contemporanea africana, con sedi a Londra e New York. Presso lo Zeitz MOCAA ha curato mostre personali di artisti africani, collaborando con Otobong Nkanga, Johannes Phokela, Senzeni Marasela, Abdoulaye Konaté, Tracey Rose e Mary Evans. Nel 2020 ha ricevuto il Grand Prix Meret Oppenheim, prestigioso riconoscimento svizzero che premia figure di spicco nei campi dell’arte, dell’architettura, della critica e delle esposizioni.
“Lascia un vuoto immenso nel mondo dell’arte contemporanea e nella comunità globale di artisti, curatori e studiosi, che hanno apprezzato il suo straordinario impegno intellettuale e umano”, dichiara l’ente culturale di Ca’ Giustinian a Venezia.
Buttafuoco ha raccontato ai media che Kouoh si era detta onorata dell’incarico e desiderosa di creare una mostra “che potesse avere un significato per il mondo in cui viviamo oggi e, soprattutto, per il mondo che vogliamo costruire”. Perché, sosteneva – ha ricordato Buttafuoco – “gli artisti sono i visionari e gli scienziati sociali che ci permettono di riflettere e proiettare idee in modi che solo questa professione consente.”