La gallerista Annina Nosei, conosciuta soprattutto per aver ‘scoperto’ il pittore Jean Michel Basquiat, ha donato quasi tre decenni di cataloghi appartenenti al suo atelier al Centro di ricerca Germano Celant, di Magazzino Italian Art di Cold Spring a New York.
I cataloghi, si legge nella nota diffusa da MIA, raccontano un “periodo significativo e tumultuoso nella storia dell’arte recente”.
Si tratta della terza donazione di Nosei, che aveva già ceduto la maggior parte del suo archivio alla Fales Library e alle Collezioni speciali della New York University.
Annina Nosei, di origini italiane, prima di trasferirsi negli USA e di aprire il suo studio nel 1980, aveva insegnato all’Università del Michigan e successivamente in California e New York.
Grazie al suo talento di individuare artisti emergenti come Basquiat – con cui ha collaborato dal 1981 al 1983 – ha contribuito a far affermare i pittori figurativi neoimpressionisti italiani e tedeschi sul mercato statunitense, che in quel periodo si era contraddistinto soprattutto per il minimalismo e l’arte concettuale.
Nosei – oltre a Basquiat che a distanza di 35 anni dalla sua morte rimane uno degli artisti più venduti sul mercato mondiale – ha esposto opere di artisti come Keith Haring, Jenny Holzer, Barbara Kruger e Robert Longo.

La galleria venne chiusa nel 2006, ma la ex insegnante ora ottantenne offre servizi di consulenza personale a partire da circa 2000 dollari, come riportato dal suo sito web.
Magazzino Italian Art è stato co-fondato da Nancy Olnick e Giorgio Spanu, con l’intento di condividere la loro passione con l’arte e la comunità; oggi è un museo pubblico e una fondazione.
La struttura, aperta nel 2017, ha una superficie di oltre 60000 metri, ed è stata progettata dall’architetto spagnolo Miguel Quismondo, all’interno della Hudson Valley.
Nell’ottica dei fondatori l’arte dovrebbe appartenere a tutti e come scritto sulla loro pagina, “cerchiamo di promuovere un approccio artistico che favorisca il senso civico e che consideri lo spettatore una parte attiva della vivacità dell’opera”.