Un servo di lato tira un grande cordone, il sipario si alza, dal fondo emerge lentamente una sagoma nera contro uno sfondo rosso. Rosso lacca Giappone, passione, sangue. Il teatro è immerso nel silenzio mentre lei avanza, una geisha, l’obi rosso lunghissimo che si snoda per tutto il palcoscenico. Solo quando è al centro in tutta la sua simbolica grandezza inizia la musica di Puccini. È la Madama Butterfly nella versione scenica di Anthony Minghella, una produzione realizzata nel 2006, ripresa quest’anno dal Met e ancora incredibilmente magnetizzante. Le invenzioni del regista inglese, alla sua prima prova operistica, sono magiche.

Dopo aver firmato i film Truly, Madly, Deeply, Mr Wonderful, The English Patient, The Talented Mr Ripley e Cold Mountain, Minghella non aveva nulla da provare in termini di creatività, con Madama Butterfly poteva quindi sbizzarrirsi e lo ha fatto. La scena ridotta ad un pavimento in discesa, che permette alle figure di entrare da dietro emergendo poco alla volta, con un effetto grandemente drammatico. Un soffitto che è un grande specchio, eco ai personaggi e le loro emozioni. Tutto nero per far risaltare il bianco innocente dell’abito nuziale di Cio-Cio San, delle lampade di carta di riso, dei paraventi mobili Shoji, degli uccelli di carta sospesi su canne che muovendosi battono le ali. Ma la trovata più geniale è l’introduzione delle marionette in stile Bunraku: il bambino figlio dell’amore di Madama Butterfly e la stessa Cio-Cio San, in una danza di passione e morte, che lei sogna in attesa del ritorno di Pinkerton. La scelta delle marionette sembra sottolineare come entrambi siano assoggettati al potere imperialista e machista di Pinkerton.
Madama Butterfly per la generazione del Me Too è l’epitome del sopruso patriarcale: Pinkerton, ufficiale della Marina Americana, prende in sposa durante la sua sosta a Nagasaki la geisha Cio-Cio San. Un capriccio: sa già che la sua vera sposa sarà americana. Una violenza sessuale: Cio-Cio San ha solo 15 anni. Una violenza coloniale: lui appartiene alla classe dominante bianca, lei è una giapponese povera e orfana di padre.

Scritta da Giuseppe Giacosa e Luigi Illica in un periodo di pieno imperialismo occidentale l’opera presenta una lieve critica alla pretesa supremazia culturale quando afferma che il bambino che deve andare in America per avere una educazione come si conviene, dipinge Pinkerton come un agglomerato di antipatia e Cio-Cio San come simbolo di purezza, etica e amore. Cionondimeno molti teatri d’opera di recente hanno subito delle critiche per i loro allestimenti della Butterfly o hanno addirittura tolto l’opera dal cartellone.
Non il Met che ha messo in scena una Butterfly grandiosa con Matthew Polenzani nel ruolo di Pinkerton, il baritono italiano Daniele Luciano, al suo debutto nel ruolo del console Sharpless al Met, elogiato dalla critica per la sua voce profonda, il bravissimo mezzosoprano Elizabeth DeShong nel ruolo di Suzuki, la cameriera di Cio-Cio San che tutto capisce e di tutto si addolora. Ma l’opera gira tutta intorno a Madama Butterfly che deve passare dall’innocenza assoluta di una quindicenne innamorata alla coscienza matura di una moglie abbandonata e tradita, una madre che antepone la vita del figlio alla sua. Il ruolo doveva essere interpretato in questa seconda fase della stagione invernale da Eleonora Buratto, che per problemi di salute si è dovuta ritirare. È rimasto a Alexandra Kurzak, il soprano polacco che lo ha interpretato già in gennaio. Il pubblico l’ha molto applaudita, i critici hanno sottolineato che pur non avendo una voce potente, la sua delicatezza e la sua recitazione naturalistica compensano ampiamente. Assolutamente convincente la sua quindicenne ingenua dal passo incerto e lo sguardo timido del primo atto e la madre che si immola per amore del terzo. La sua muta lunga immobile attesa di Pinkerton è un pezzo di grande bravura. La direzione d’orchestra equilibrata e gentile di Xian Zhang ha contribuito al successo della serata.